Quando si parla di Messico, spesso e volentieri ci si immagina una nazione capace di offrire moltissimo al turismo, oppure al carattere passionale e latino della propria gente.
Entrambi questi stereotipi positivi sono largamente condivisi nell’immaginario collettivo, ma esiste anche un altro aspetto che rende questo paese uno dei gioielli della corona del mondo sportivo: quello di coltivare una passione travolgente per le corse automobilistiche.
Non a caso infatti, la Formula 1 risulta uno degli sport più seguiti in Messico, e la presenza di interessanti categorie minori a livello nazionale sono la testimonianza che i motori siano ben apprezzati nella terra del sombrero.
Limitatamente alla Formula 1, il Gran Premio del Messico è tornato in calendario proprio l’anno scorso, sullo stesso circuito che dal 1963 al 1992 (con una pausa dal 1971 al 1985) aveva ospitato la massima serie automobilistica nella capitale messicana. L’entusiasmo per questo grande ritorno si è potuto notare dalla folla presente sugli spalti, calorosa e festante per accogliere i piloti con un “bienvenido a casa”.
E sono proprio i piloti a rappresentare un vero e proprio paradosso di questa nazione. Se da un lato il tifo e la passione per questo sport non sono mai mancati, dall’altro è innegabile il fatto che i messicani al volante siano stati davvero pochi in tutta la storia della F1: solo sei.
Inoltre, escludendo i personaggi di oggi come Sergio Perez ed Esteban Gutierrez, dal 1950 ad oggi il numero dei messicani non aveva mai superato quota quattro piloti. Ma chi sono questi uomini che hanno avuto l’onore di poter rappresentare il proprio paese nella classe regina dell’automobilismo sportivo?
I fratelli Pedro e Ricardo Rodriguez
Prima di parlar di loro, date un’occhiata al nome dell’autodromo di Città del Messico. Avrete sicuramente notato che l’impianto, lo stesso che ospiterà il Gran Premio il 30 ottobre, è intitolato proprio a questi due fratelli-piloti.
Ricardo fu il primo pilota di nazionalità messicana ad esordire in Formula 1 nel 1961, diventando all’epoca il pilota più giovane di sempre a partecipare ad un gran premio. Al volante della Ferrari, Rodriguez conquista solo quattro punti in cinque gare, e viene impiegato dallo stesso Enzo Ferrari con il contagocce proprio a causa della sua giovinezza e di un carattere non facile da gestire.
Convinto di poter esprimersi a livelli più alti, Ricardo decise di abbandonare Maranello al termine del 1962, per seguire la strada che lo avrebbe portato in Lotus. Nel corso di un test con il team inglese però, proprio sul circuito che ora porta il suo nome, il messicano perde il controllo della sua vettura e si schianta alla curva “Peraltada”, oggi modificata e rallentata proprio per la sua pericolosità in passato. In seguito all’incidente, Rodriguez perde la vita a soli vent’anni d’età.
Il 1963 avrebbe dovuto essere il primo anno senza il messicano in F1, e invece, proprio in quella stagione (e proprio con la Lotus), fa il proprio esordio il fratello di Ricardo:
Pedro Rodriguez
Persona superstiziosa e pilota dotato di grande talento alla guida, Pedro corse 54 gran premi in Formula 1, guidando anche per team come Ferrari, BRM e Cooper. Ancora oggi è l’unico pilota messicano ad aver vinto una gara di Formula 1, riuscendo in questa impresa nel Gran Premio del Sudafrica del 1967. Tre anni dopo, nel 1970, Rodriguez ottenne la sua seconda ed ultima vittoria in carriera, stavolta in Belgio. Con 7 podi conquistati, il suo è stato un record tra i messicani a podio per decenni, fino a quando Sergio Perez non lo ha eguagliato quest’anno. Ad ogni modo, resta ancora oggi l’unico pilota della sua nazione ad aver ottenuto un successo nella massima serie. Anche lui, così come il fratello, non fu fortunato nel destino. Trovò infatti la morte a Norisring, in Germania, vittima di un incidente avvenuto nel corso di una gara per vetture sport.
La loro storia, chiusa tragicamente per entrambi, è più che sufficiente per ricordarli come i personaggi ed i piloti più emblematici che il Messico abbia mai conosciuto, a tal punto da denominare l’autodromo della capitale in loro memoria.
Moises Solana
Meno conosciuto dei fratelli Rodriguez è il terzo pilota di questa storia “Made in Mexico”: Moises Solana.
Presente in Formula 1 tra il 1963 ed il 1969, Solana corse nello stesso periodo in cui Pedro Rodriguez si stava affermando in Formula 1. Anche se la sua carriera non fu così brillante come quella del già citato campione, Solana corse 8 gran premi al volante di team come Centro Sud, Lotus e Cooper. La sua costante crescita nella classe regina avrebbe potuto regalargli maggiori soddisfazioni in futuro, ma nel 1969 fu vittima di un brutto incidente nel corso di una cronoscalata nel suo paese, dove perse la vita.
Hector Rebaque
Gli anni ’70 furono per la maggior parte privi di piloti messicani, almeno fino a quando non si presentò Hector Rebaque. Nel 1977 fu la Hesketh a puntare sul nuovo arrivato, anche se la prima stagione di Rebaque in Formula 1 fu un vero e proprio disastro. La sua avventura sembra finire qui, ma nel 1978 è lo stesso pilota che si rimbocca le maniche e fonda una scuderia con il suo nome, la Rebaque appunto. Grazie al duro lavoro e alla dedizione del pilota-costruttore, il messicano conquistò il suo primo punto già nel 1978, ma peggiorando la situazione nel 1979. Riuscì in ogni caso ad impressionare i vertici della Brabham, la quale decise di ingaggiarlo per il 1980 a fianco del ben più quotato Nelson Piquet. La miglior stagione di Rebaque in Formula 1 rimane però quella del 1981, la sua ultima in Formula 1. In quel campionato si porta a casa 11 punti iridati, sfiorando il podio, con un 4° posto, in ben tre occasioni: Imola, Hockenheim e Zandvoort.
Terminata l’esperienza in F1, Rebaque si dedicò ad altre categorie automobilistiche prima di ritirarsi definitivamente a metà degli anni ’80, non senza aver prima partecipato alla 500 Miglia di Indianapolis nel 1982.
Perez, Gutierrez ed il futuro
Il 1981 coincise anche con l’ultimo anno di un pilota messicano in Formula 1. Per attendere il grande ritorno del Messico in Formula 1 bisognerà attendere 30 anni esatti. Nel 2011 infatti è Sergio Perez a fare il proprio esordio nel massimo campionato automobilistico. Nel giro di questi cinque anni di carriera, Perez si è imposto come uno dei piloti più emblematici della sua nazione. In attesa di capire quale sarà l’esito del gran premio di casa, “Checo” può attualmente vantare 111 gare disputate (112 domenica), che lo rendono il pilota messicano più presente in F1. Oltre a ciò, detiene anche il record di punti conquistati (350), di giri veloci (3), e di podi (7, ex aequo con Pedro Rodriguez). Anche se il suo score iridato è da attribuire ad un sistema di punteggi diverso dall’epoca dei fratelli Rodriguez, ad oggi il pilota della Force India è il messicano più rappresentativo in F1.
Il discorso è leggermente diverso per Esteban Gutierrez. Pur essendo molto apprezzato in patria, la sua popolarità non è così alta come quella del collega della Force India. Il pilota della Haas, rientrato quest’anno in F1 dopo un 2015 trascorso a Maranello in qualità di test driver, è alla sua quarta stagione nella massima serie, dove ha comunque ottenuto 6 punti ed un giro veloce. Il tempo per crescere c’è, così come un lungo futuro per lui in Formula 1 davanti a se.
C’è chi invece, almeno per il momento, le piste di Formula 1 le ha affrontate solo nel corso delle prove libere. E’ il caso del ventenne Alfonso Celis, collaudatore della Force India ed uno dei piloti più papabili ad occupare un sedile ufficiale per le prossime stagioni. Il messicano ha dimostrato di possedere un buon talento, sapendo gestire agevolmente una monoposto senza quell’esperienza che manca proprio ai piloti esordienti o non ufficiali. Se Celis dovesse fare il suo esordio nel prossimo campionato, e se Perez e Gutierrez restassero in Formula 1, per la prima volta ci sarebbero ben tre piloti messicani a contendersi il miglior posto in classifica all’interno di una stagione.
Chissà se questa futura ed affascinante sfida tutta in salsa tabasco potrà un giorno regalare al Messico la prima pole position. Curiosamente infatti, tutti e sei piloti che hanno corso in Formula 1 sono riusciti a vincere, ottenere punti o realizzare giri veloci. Nessuno di loro è però riuscito ad ottenere un pole position. Il Messico è una di quelle nazioni che, oltre a non aver mai accolto in patria un campione del mondo, non ha mai visto un proprio “figlio” ottenere il miglior tempo in qualifica.
La storia però insegna ad essere pazienti, e questo vale anche per loro.