Ecclestone rivela: abbiamo usato i regolamenti per far vincere Ferrari!
Alla vigilia degli 87 anni, Bernie Ecclestone racconta i misteri, le magie e le bugie della sua Formula 1 in un’intervista a Repubblica.
Qui sotto vi proponiamo alcuni dei passaggi più significati e curiosi del botta e risposta tra Marco Mersurati, giornalista di Repubblica, e l’ex patron del Circus della Formula 1.
Si ritiene un uomo fortunato?
“Ho avuto un sacco di idee e una buona capacità di realizzarle, ma poi sono stato anche fortunato a incontrare tante persone che mi hanno aiutato. Se devo fare due nomi speciali, mi vengono in mente Colin Chapman ed Enzo Ferrari. Hanno creduto in me e mi hanno sempre sostenuto”.
Che tipo era Ferrari?
“Un uomo straordinario, coraggioso, visionario. Molto difficile, ma sempre leale. Gli devo molto. E non è un caso che il suo marchio e il mio siano due realtà indissolubili”.
Indissolubili?
“Assolutamente sì. La F1 è la Ferrari; la Ferrari è la F1».
Ecco, a proposito. Tra gli appassionati c’è sempre stato il sospetto che la Ferrari sia stata di tanto in tanto aiutata dalla Fédération Internationale de l’automobile, la Fia, che all’estero è soprannominata con sarcasmo Ferrari International Assistance. Cosa ne pensa?
“Aiutare la Ferrari è sempre stata la cosa più intelligente da fare. Ed è sempre, sempre sempre stato fatto attraverso i regolamenti tecnici”.
I regolamenti tecnici non li fa la Fia?
“(Ride) Niente affatto. Vede: i team sono importanti per la F1, ma la Ferrari lo è di più. Per questo negli anni sono state fatte molte cose che hanno aiutato Maranello a vincere”.
Questo non è molto “fair”.
“No”.
Gli stessi appassionati hanno sempre accusato Charlie Whithing, il direttore di gara, di aiutare i team inglesi. È vero anche questo?
“Ma no. Charlie ha sempre fatto quello che doveva. Invece Max (Mosley, ex presidente Fia, ndr) ha spesso aiutato la Ferrari. E anche io. Noi tutti volevamo che la Ferrari vincesse. Una stagione vinta dalla Ferrari ha più valore di una stagione vinta da altri. Ma guardi che anche i team hanno interesse a sfidare una Ferrari competitiva.Un conto è vincere contro la Sauber, un conto è farlo contro un’auto rossa col Cavallino”.
Quest’anno secondo lei è stata aiutata?
“Nel caso, nessuno può saperlo. Tranne chi lo ha fatto… Di certo a un certo punto una mano con questo motore l’hanno avuta”.
In passato o quest’anno?
“Con questo motore”.
E da chi? Come? In che senso?
“Anche per la Mercedes vale lo stesso ragionamento. Un mondiale vinto contro la Sauber è una cosa. Uno vinto contro la Ferrari è un’altra”.
Quindi Mercedes ha aiutato la Ferrari?
“Non lo so. Dico: forse. Del resto nel passato è già successo, con la Honda. Se Mercedes avesse deciso di travasare tecnologia a Maranello, io dico che è stata una buona mossa. Del resto è certo che con questa situazione amichevole che c’è tra i due team, la cosa migliore per quelli di Stoccarda nel 2017 era assicurarsi: a) che la Red Bull non avesse i motori più potenti (e la Ferrari nel 2016 si è rifiutata di darglieli, ndr); b) che la Ferrari fosse abbastanza competitiva da essere una rivale credibile. Da battere”.
E così vincerà Hamilton. Dove ha sbagliato la Ferrari?
“È stata sfortunata. Ha pagato a caro prezzo due errori degli ingegneri”.
Vettel secondo lei è innocente?
“A Singapore ha fatto quello che doveva. Il problema è stata la partenza straordinaria di Raikkonen, che ha tolto spazio di manovra a Verstappen. È quello che si chiama incidente. Non è colpa di nessuno. I guasti in Malesia e in Giappone invece sono errori umani. La Ferrari paga quelli”.
Si parla di un avvicendamento Binotto-Arrivabene.
“Fare il team principal della Ferrari è il mestiere più difficile del mondo. Fare il team principal della Ferrari con Sergio Marchionne è ancora più difficile. È un talento assoluto, bravissimo sul piano operativo. Ma ama essere in charge. Per un sottoposto è difficilissimo avere a che fare con un uomo così forte, e con tutto quel carisma. Non ce lo vedo un ingegnere che si prenda la briga di discutere animatamente con Marchionne. Forse avrebbe bisogno di una linea di due o tre persone insieme che, se qualcosa non va, trovino il coraggio di dirgli: “Presidente… noi abbiamo pensato che…”. Maurizio come pr ha fatto un lavoro eccezionale, ma temo che parli solo se Sergio glielo chiede. E a occhio non credo glielo chieda tanto spesso. Tutto questo fa essere molto solo Marchionne, e con questi motori non te lo puoi permettere. Questi motori sono così complicati che per capirli devi essere nato con loro, devi viverci quotidianamente. E Sergio ha anche altro da fare; avrebbe quindi bisogno di affidarsi ad altre persone. E non gli viene bene”.
A Wolff e Lauda invece riesce benissimo.
“Sì. Ma non bisogna dimenticare che erano già in vantaggio su questi motori ibridi quando gli altri ancora non sapevano nemmeno che ci sarebbero stati”.
Come è andata quella storia?
“Il momento chiave è stato quando Ross Brawn stava nel gruppo di lavoro della Fia che avrebbe deciso quali motori mettere dal 2014. Sapeva esattamente cosa stava succedendo. Non era lì perché era un bravo ingegnere ma perché era della Ferrari. Ce l’avevano messo loro. Poi è andato alla Mercedes. E ha portato il know how con sé”.
E così è cominciato il dominio della Mercedes. Che dura tutt’oggi. Lei perché lo ha permesso? Lei era il grande boss.
“Io mi ero opposto. Max Mosley diceva che era la cosa giusta. Alla fine le squadre si convinsero e questo motore passò. Ma il mistero è la Ferrari. A Maranello erano bravi a produrre motori potentissimi e all’improvviso accettavano di avere a che fare con questi giocattolini costosi e sofisticati. Luca (Montezemolo, ndr) non ne sapeva niente di motori ma i suoi ingegneri lo convinsero che era meglio così… Povero Luca, si è trovato a dover prendere una decisione basata su quello che qualcun altro avrebbe dovuto sapere bene. E fu la decisione sbagliata. Ma non è finita qui…”
No?
“No, perché adesso devono scegliere i motori del 2020, e Sergio è nella stessa identica posizione”.
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Che tipo è Todt?
“Uomo complicato, gran lavoratore, vuole essere famoso. Credo che voglia fare il primo ministro della Francia”.
Lo aiutò ad andare in Ferrari?
“Sì. Andammo con Luca da Romiti a Milano. Romiti era contrario. Diceva che non era italiano… Io tagliai corto: “Le assicuro che se vincerà il mondiale ci metterete un secondo a trovargli un nonno siciliano””.
Poi le è stato leale?
(Ci pensa un po’) “Sì. Direi di sì”.
E oggi chi consiglierebbe a Marchionne?
“Charlie Whithing. Sa tutto di tutti i team e quello che non sa, sa come saperlo. E poi non dovrebbe avere un gardening troppo lungo” (ride).
Si riferisce al “caso Budkowski”, il tecnico della Fia andato alla Renault con soli tre mesi di pausa tra un lavoro e un altro.
“La Fia ha sbagliato. Doveva tenerlo fermo per più tempo. Conosce tutti i segreti delle altre macchine e li userà per la Renault”.
Su chi scommette per il prossimo anno?
“Mercedes. Ha le risorse per fare quello che vuole. Quest’anno se ne avessero avuto bisogno avrebbero potuto trovare molta più prestazione in qualunque momento”.
Chi è secondo lei il miglior pilota oggi?
“Verstappen”.
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L’intervista completa su Repubblica