Nel momento in cui un pilota a bordo di una Formula 1 frena, il suo corpo è sottoposto a una forza decisamente consistente, che può arrivare fino a 6 volte il suo peso. Nel corso di un intero Mondiale, possono essere individuate più o meno 200 frenate, e ognuna di esse ha peculiarità ben precise: quelle di Monza sono diverse da quelle del Bahrain, quelle del Brasile sono diverse da quelle di Spa, e così via. Gli indicatori della difficoltà e della criticità di una frenata sono potenzialmente numerosi, ma uno dei più importanti è rappresentato da quella che in gergo viene definita forza G, e che corrisponde alla decelerazione subita dal pilota e dalla macchina in corrispondenza della staccata.
Per calcolare la forza è necessario moltiplicare la massa del pilota per l’accelerazione, che è espressa dal numero di g. Nel caso di una decelerazione di 3 g, per esempio, la forza è superiore di 3 volte alla forza di gravità, il che vuol dire che chi sta al volante sperimenta una forza peso tripla alla forza che avverte su sé stesso nel momento in cui è fermo.
Ma non è tutto, perché ci sono ulteriori fattori che contribuiscono ad aumentare la forza g che deve essere sostenuta in frenata dal corpo del pilota: il carico aerodinamico, per esempio, e il grip. Un carico superiore, a parità di prestazioni di frenata, fa sì che la forza g a carico del pilota sia più elevata, e lo stesso vale per condizioni di grip più elevato. Questa è la ragione per la quale sono i circuiti che si caratterizzano per un carico aerodinamico medio alto a far registrare le staccate con una forza g più elevata.
Ovviamente, tale forza mostra valori elevati anche su piste che magari denotano un ridotto carico aerodinamico ma permettono di raggiungere velocità molto alte: il motivo è da individuare nella violenza delle staccate. La forza g in Formula 1 è molto consistente, per esempio, in corrispondenza della Prima Variante di Monza, vale a dire la chicane presente subito dopo la linea di arrivo del circuito brianzolo: dal secondo giro in poi, infatti, i piloti giungono a questo punto a una velocità di 350 chilometri all’ora, e devono fare i conti con una decelerazione che può sfiorare i 6 g, cioè 6 volte la forza di gravità.