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    La F1 e la “crisi dello spettacolo”: non era tutta colpa dell’elettronica, non è tutto merito del monogomma

    Paolo PellegriniBy Paolo Pellegrini18 Luglio 2012
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    Lo sanno anche i sassi. Da qualche anno, il circo della Formula 1 si è letteralmente ficcato in un gran brutto pasticcio: il conseguimento del cosiddetto “spettacolo-a-tutti-i-costi”.

    A questo pasticcio originario se ne aggiungono altri, non meno importanti: anzitutto, il ciclico e quasi sempre demagogico decremento delle prestazioni (comune a ogni categoria automobilistica, di ieri, oggi e domani) e l’abbattimento dei costi (anch’esso demagogico e comune a ogni categoria automobilistica moderna). Non se ne esce.

    Così come ciclicamente si torna a parlare di “vera guida”, di “vetture più umane”, di “piloti veri”. Concetti che ruotano attorno al seguente dilemma: conta di più la macchina o il pilota? All’epoca delle monoposto ad effetto suolo, molti auspicavano un ritorno a fantomatiche “vetture più umane”, cioè sprovviste di minigomme ed effetto suolo. I detrattori delle wing-car affermavano che si sarebbe dovuto ritornare alla “vera guida”. Ma si sbagliavano di grosso: probabilmente, le vetture ad effetto suolo – “dure” da guidare e spaccaschiena – sono state tra le monoposto F1 più difficili da condurre in assoluto!

    Anni dopo, ci risiamo. Stavolta era il turno delle sospensioni attive, geniali dispositivi che hanno visto primeggiare tra gli Anni 80 ed il 1993 Lotus prima e Williams poi. Dal 1994, la FIA bandisce per sempre le sospensioni attive. Decisione tecnicamente e storicamente alquanto avventata.

    Non solo sospensioni attive: dove la metti la cosiddetta elettronica, ossia l’insieme di quei sistemi (traction-control, launch-control, cambi semiautomatici, ecc) il cui intento è rendere più agevole la guida del pilota, spesso a scapito di un po’ di potenza “tagliata”? E dove la metti la telemetria, anch’essa soggetta a vincoli e limitazioni? Anche in questo caso, la Federazione Internazionale dell’Automobile ha scatenato, a più riprese, una feroce guerra ai suddetti sistemi, tra i quali il famigerato traction-control, il controllo di trazione. Una guerra che ha annoverato ogni sorta di giustificazione: riduzione delle prestazioni, abbattimento dei costi, incremento dello “spettacolo”.

    Dopo le “sforbiciate” datate 1994, l’elettronica è rientrata da un portone agli inizi degli Anni 2000, più precisamente nel 2001. Dopo un rinnovato sviluppo, la FIA attuava un nuovo taglio a partire dalla stagione 2008. Euforia, gioia, giubilo: evviva, finalmente! Tutti, ma proprio tutti, confidavano (anzi, confidavamo) in una F1 più “genuina”, ossia meno dipendente da sofisticati congegni elettronici. Alcuni affermavano addirittura che l’eliminazione del controllo di trazione e compagnia cantante avrebbe prodotto derapate, una guida “sulle uova”, duelli, frenate al limite, partenze a ruote fumanti.

    “Senza aiuti elettronici il pilota conterà di più. E torneremo a vedere vetture in situazioni critiche. A tutto vantaggio dello show”, “Da oggi comanda il piede destro”, “Avremo più errori, più degrado delle gomme, meno costanza nei tempi sul giro. Se ci saranno, le maggiori opportunità di sorpasso nasceranno dal fatto di poter sfruttare l’indecisione di chi sta davanti”, scriveva Autosprint nel novembre del 2007. Nulla di più falso: noi stessi, in quei giorni, scrivemmo che non era assolutamente il caso attendersi deraponi vecchio stile (diciamo sino agli Anni 70), partenze in stile drag racing e chissà quale guida sul sapone.

    Ad ogni modo, la fiducia albergava, in quei giorni, nell’animo di noi tutti. La Formula 1, all’alba del 2008, si uniformava a molte categorie, le quali non hanno mai contemplato e non contemplano l’utilizzo di traction control e altri sistemi elettronici. Parentesi: attenzione, le F1 odierne hanno pur sempre una elettronica complessa!

    Gara dopo gara, chilometro dopo chilometro, in molti hanno osservato che l’eliminazione di gran parte dell’elettronica non ha comportato un miglioramento dello “spettacolo” offerto dalla F1, nonché un aumento delle difficoltà di guida di una monoposto di F1.

    La soppressione di numerosi e vitali dispositivi elettronici sembrava potesse riqualificare i GP di F1. Invece, ciò non è accaduto. A questo punto, la FIA, servilmente spalleggiata dai team e dal deus ex machina della F1, al secolo Bernie Ecclestone, introduceva altri “capricci regolamentari” mirati ad accrescere il sedicente “spettacolo”. Evidentemente, i tagli all’elettronica non avevano arrecato i tanto sbandierati benefici sperati. E allora, giù a rivoltare come un calzino l’aerodinamica delle monoposto, a introdurre Mr. KERS prima e Mrs. DRS poi, a vietare questo e quest’altro in nome della “uniformità di prestazioni” tra le vetture, a stilare regolamenti in tema di qualifiche, gomme e via dicendo mirati (nelle più infime intenzioni) a “movimentare” i GP, e giù ad affidare alla Pirelli la realizzazione di pneumatici-barzelletta. Eccetera, eccetera, eccetera.

    Già, gli pneumatici. All’epoca della sfida tra Bridgestone e Michelin (peraltro, le due aziende facevano figli e figliastri…), sembrava che solo l’avvento del monogomma potesse porre rimedio e fine ad una situazione paradossale mai verificatasi in nessuna categoria automobilistica: esistevano tracciati e condizioni ormai matematicamente favorevoli alle coperture nipponiche, altri a quelle francesi. Sbagliare era impossibile. Eh no, ora basta: serve il monogomma! E monogomma fu, con Bridgestone a elargire gomme per tutti. Bene: sembrava l’unica via possibile e percorribile in quel determinato momento storico. Sembrava, appunto.

    La FIA, non contenta, complicava la regolamentazione in fatto di gomme, mescole, impiego delle gomme stesse in qualifica e in gara. “Più spettacolo, più spettacolo!”, avranno pensato la ingorda FIA e i mai sazi Ecclestone e team. Poi venne la Pirelli: il caos totale. Quanto segue è squallida storia dei giorni nostri. Tanto per rimanere allacciati alla stretta attualità: a Silverstone non ha vinto Webber e perso Alonso, non ha vinto la Red Bull e perso la Ferrari. Nel fangoso pandemonio inglese ha trionfato la gomma dura e perso la mescola soft. Altro che “splendido sorpasso di Webber (all’esterno!) ai danni di Alonso”: quel sorpasso, detto francamente, lo faceva anche un neopatentato! Alonso era praticamente fermo (diremmo per regolamento, considerate le deleterie performance delle mescole soft), Webber volava (ancora per regolamento). E il gioco è fatto. La rimonta prima e il successivo sorpasso di Webber ai danni di Alonso sono esclusivamente frutto di una perversa spirale regolamentare promossa, anzitutto, da team e piloti. Punto, fine della storia.

    Di fatto, il monogomma è stato anno dopo anno trasformato in una inedita forma di “plurigomma”. La Pirelli è unica fornitrice, ok, e le mescole a disposizioni sono (si spera) uguali per tutti. Tuttavia, il divario di prestazioni tra una mescola e l’altra fa sì che ogni GP sia deciso a tavolino, per regolamento. Non è più il pilota a gestire gli pneumatici (come accadeva in passato, all’epoca del plurigomma vero e proprio o all’epoca delle mitiche GoodYear: quest’ultima non era in regime di monogomma regolamentare), bensì sono i regolamenti a dettare l’andamento dei GP.

    Non era, dunque, tutta colpa dell’elettronica. Ci tocca un bell’esame di coscienza? Sì, eccome. Del resto, il famigerato controllo di trazione, dati alla mano, non è affatto il male assoluto. Le Sport-Prototipi LMP (Le Mans Prototype) e le Gran Turismo LMGTE (Le Mans Grand Touring Endurance) contemplano controlli di trazione. Il risultato? Vetture ancora assai impegnative da guidare, competizioni splendide e genuine (e non mancano i duelli ravvicinati). I Regolamenti ACO-FIA così recitano:

    Electronic systems (LMP): A traction control system operating exclusively on the engine, and operating on the STSY (Rechargeable Energy Storage System, n.d.r.) if it is connected to the rear wheels, is authorised.

    Electronic systems (LMGTE): A traction control system operating exclusively on the engine is authorised.

    Drive train (LMGTE): Traction control that operates solely through the engine control unit (ECU).

    Il Regolamento Tecnico FIA Formula 1 2012 (e anche quello 2014) afferma all’ARTICLE 9: TRANSMISSION SYSTEM. 9.3 Traction control: No car may be equipped with a system or device which is capable of preventing the driver wheels from spinning under power or of compensating for excessive torque demand by the driver. Any device or system which notifies the driver of the onset of wheel spin is not permitted.

    Non era tutta colpa dell’elettronica. L’eliminazione degli ausili alla guida non ha mutato il panorama relativo al livello dei piloti di F1. Oggi come ieri, militano in F1 straordinari talenti e piloti, diciamo così, un po’ meno talenti (ma pur sempre validissimi professionisti, si intende). Al contempo, le monoposto di F1 sono agevoli da guidare, come le F1 infarcite di elettronica: anche un pilota proveniente dalle cosiddette formule minori, dopo qualche giro, oggi è in grado di segnare tempi più che decenti.

    Dunque, non è l’assenza di elettronica che fa lo spettacolo, tanto nelle quattro che due ruote. Affermare che molte categorie automobilistiche sono “spettacolari” perché prive di aiuti elettronici e di sofisticate telemetrie (ad esempio, la IndyCar, la NASCAR, la Superstars International Series, ecc.) è fuorviante. Si prenda ad esempio la GP2: vetture tutte uguali, monogomma, monotutto, inversione forzosa della griglia in gara-2, assenza di elettronica, gare, però, senza infamia e senza lode (gara-1, poi, col cambio gomme obbligatorio, è una forzatura).

    Certo, in linea di principio una vettura sprovvista di ausili elettronici (e magari anche di servosterzo) richiede una guida più fisica, più attenta, più sensibile al primo tocco di gas, in caso di pista bagnata e in percorrenza di ampi curvoni. Del resto, non c’è l’elettronica a “salvare” molte situazioni di errore e di guida. È pur vero, allo stesso tempo, che l’assenza dei suddetti ausili non è sinonimo di “spettacolo”, di “guida vera”, di “crescita del livello dei piloti”. No, niente affatto. È solo una leggenda metropolitana. Se così fosse, bisognerebbe affermare che un Maldonando qualunque sia infinitamente più bravo di un Patrese o di un Mansell o di un Senna o di uno Schumacher, piloti che nella loro carriera in F1 hanno guidato vetture caratterizzate da elettroniche assai sofisticate (anzi, tra le più sofisticate in assoluto).

    È sufficiente prendere ad esempio ciò che avviene nel motociclismo, con Moto GP e Superbike entrambe dotate di ausili elettronici. Tuttavia, le gare sono comunque affascinanti, genuine, vere, sempre interessanti, non dopate da mezzucci in stile F1, e le moto in questione sempre e comunque assai impegnative da pilotare (la cavalleria è tanta e le cadute si sprecano, anche, purtroppo, particolarmente rovinose). Probabilmente una MotoGP 1000cc attuale non è tanto più semplice da guidare di una 1000cc dei primi anni di vita della categoria, ancora sprovvista di traction control.

    Per quanto concerne gli pneumatici, è preferibile che campionati internazionali di alto livello e blasone contemplino una sfida tecnica totale, estesa cioè anche ai gommisti (al contrario, sull’onda dei campionati americani, da qualche anno anche in Europa dilaga il monogomma). Ad ogni modo, in linea di principio, non sussiste alcuna controindicazione all’adozione di un monogomma, a patto che questo venga garantito e non alterato da capricci regolamentari come avviene oggi in F1. Un monogomma, però, non è sinonimo matematico di “spettacolo”, così come un plurigomma realmente inteso (ad esempio, Bridgestone, Michelin, Pirelli, GoodYear, Dunlop e compagnia operanti nel medesimo campionato) non è inoppugnabile sinonimo di costi alle stelle né di decadimento della competizione tra piloti. Anzi. Oggi la F1 vive un regime di monogomma, eppure sono ancora le gomme (in misura assai maggiore rispetto al periodo Bridgestone vs Michelin) a condizionare negativamente e forzosamente i risultati e l’andamento di qualifiche e gare.

    Come spesso accade, si è fatto i conti senza l’oste. Occorre ammettere che il potere e l’influenza della elettronica sono stati sopravvalutati, enormemente sopravvalutati. Al contempo, è stata sopravvalutata l’assenza di elettronica a vantaggio dello “show”. Parimenti, è stato sovrastimato anche il benefico potere del monogomma, il quale da fattore livellante (se proprio si deve, solo le gomme dovrebbero essere standardizzate in F1) si è tramutato ben presto in fattore discriminante.

    Tirando le somme: elettronica sì, elettronica no? Beh, a conti fatti, entrambe le scelte sono legittime, percorribili e attuabili. Ma le sospensioni attive e, perché no, anche i cambi semiautomatici e automatici meritavano ancora attenzione: sistemi, invero, falcidiati e cancellati dalle scene tecniche dell’automobilismo sportivo in modo assai spietato, ingiusto e avventato. A completamento, è bene ricordare che, qualora contemplato, un qualsivoglia regolamento tecnico non impone mai l’utilizzo del traction-control. Quindi, se un pilota si trova meglio senza, il dispositivo può non essere installato in vettura. Non solo: il “traction” può essere tarato a piacimento, aumentandone o riducendone l’intervento.

    Morale della favole? Oggi, un GP di F1 recitato da monoposto KERS, DRS e Pirelli-barzelletta munite e traction-control sprovviste non vale un GP anni 1992-1993 interpretato da vetture KERS, DRS e gomme-barzelletta sprovviste, ma traction-control, sospensioni attive e tanto altro ancora munite…

    Scritto da: Paolo Pellegrini

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    Paolo Pellegrini
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    Paolo Pellegrini, Classe '82, amante della velocità a 360°, che sia un'auto, una moto, un aereo o i 10 secondi di un 100 metri. Disegnatore di auto e moto da corsa estreme.

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