Il Campionato Mondiale di Formula 1 2012 è giunto al giro di boa. Tra polemiche, contorsionismi e proibizionismi regolamentari analizziamo lo scenario tecnico emerso in questa prima metà di stagione.
Red Bull, irregolare a prescindere
Iniziamo dal capitolo più pruriginoso: le presunte irregolarità tecniche della Red Bull. Primo presupposto: chi perde rosica e chi vince è quasi sempre accusato di tramare nell’ombra. E qualora sia un team di seconda fascia ad infrangere le regole, state pur certi che non scaturirebbe alcun “caso”; forse non si verrebbe neanche a sapere.
Altro presupposto. Oggi, i team, qualora sentano puzza di irregolarità, non sporgono più reclamo ufficiale. Le accuse ad un team, infatti, oggi vengono lanciate a mezzo stampa, mediante sottili frasi, filmati televisivi e sospetti buttati là nel mucchio. Eppure, la procedura di reclamo esiste ed è contemplata. Perché nessuno fa più reclamo? Forse perché anche quei team che si dichiarano nel giusto e nella legalità sanno di avere la coscienza sporca?
Iniziamo dal principio: GP di Montecarlo. In quella occasione, la Red Bull era stata accusata di aver adottato un fondo piatto (il piano rialzato di 50mm rispetto al piano di riferimento si chiama step plane) non regolamentare, poiché provvisto di fessure. In corrispondenza della zona più arretrata e perimetrale dello step plane (appena davanti le ruote posteriori), infatti, erano state ricavate due aperture (una per lato), “soffiature” intese a consentire il passaggio dell’aria verso il retrotreno e il profilo estrattore. Tali soffiature, inoltre, erano protette nel loro lato interno da una apposita deriva verticale (Figura 1). Una soluzione vista e rivista negli anni scorsi. Nulla di nuovo, insomma.
Tanto per cambiare, si è sollevato un fazioso polverone. Infatti, mesi prima, era stata la Sauber C31 a ripresentare tali aperture, ben più “rifinite” di quelle Red Bull: nello specifico, si trattava di soffiature circa analoghe a quelle della Red Bull, ricavate quindi nella parte perimetrale e più arretrata dello step plane e atte a indirizzare i flussi d’aria verso il fondo vettura. Anche in quel caso, la soffiatura – dalla curiosa forma a profilo alare – era protetta internamente da una deriva verticale, la quale meglio indirizzava e separava anche i flussi provenienti dagli scarichi (Figura 2 e 3). All’epoca, la FIA aveva lasciato fare: il caso non aveva generato alcuna polemica a suon di vignette e sfottò (della Sauber non fregava e frega nulla a nessuno…). La FIA, al solito, preferiva non assumere una posizione decisa e ferma: ma quelle aperture erano regolari o no? E chi lo sa! Al GP di Monaco, è il turno della Red Bull. Webber vince e apriti cielo!
Se team del calibro di Sauber e Red Bull (mica gli ultimi ingenuotti!) adottano una soluzione analoga (peraltro alla luce del sole poiché ricavata in una zona di vettura visibile a tutti!), evidentemente si tratta di una interpretazione legale e al limite di un Regolamento farraginoso e macchinoso.
Tutto ciò ci riconduce, ancora una volta, alla ambiguità e incomprensibilità dei regolamenti tecnici. Leggere il Regolamento Tecnico FIA Formula 1 equivale a compiere un viaggio all’interno dei luoghi più remoti, contorti e inaccessibili della mente umana. 77 pagine di delirio esistenziale, roba che neanche il più lucido dei freudiani riuscirà mai a comprendere. Il nocciolo della questione è tutto qui. A nulla servono le complicatissime quanto criptiche misurazioni e definizioni regolamentari a suon di “intersezioni e transizioni verticali, parallele e longitudinali”: la FIA stessa non sa interpretare e verificare all’atto pratico le regole da essa stessa redatte.
Fatto è che questo pandemonio di Regolamento alimenta polemiche altrimenti evitabili. Ed ecco scoppiare, al GP di Germania, l’ennesimo caso-Red Bull, ree di adottare “mappature” irregolari. Irregolari o regolari? Solo il Padreterno lo sa!
Ma in tanti sono convinti (su quali incontrovertibili basi e fonti?) della malafede del team anglo-austriaco. Alcuni tirano in ballo lo “strano” rumore prodotto dal motore Renault delle Red Bull in rilascio. Eh no, non basta. Il motore Renault RS27 della Lotus E20 emette un sottofondo roco e cupo anche in pieno rettilineo. Anche la Red Bull produce un sound assai meno strillato e sempre accompagnato da un sottofondo roco anche in settima marcia in pieno rettifilo. Al contrario, i Renault di Williams e Caterham emettono, in rettilineo, il tipico strillo dei V8. In rilascio, i Renault di Lotus, Red Bull e Caterham emettono sound cupi e gutturali, ma non la Williams. Clamoroso il sound cavernosamente ansimante della Caterham.
Come si evince, il rumore emesso da un motore non è sinonimo di mappature irregolari. La Caterham, nonostante il suo particolarissimo sound in rilascio, non ha mai costituito bersaglio di sospetti (del resto, la Caterham è un pesce piccolo, no?). E sottolineiamo che il sound dei Renault installati a bordo di Red Bull e Lotus è sempre cupo e roco anche in pieno rettilineo.
Il peccato originario, ad ogni modo, è da imputare alla FIA, colpevole di redigere regolamenti tecnici sconclusionati e di difficile (spesso impossibile) interpretazione.
Tutto finito? Niente affatto! Al GP di Ungheria, emerge un altro retroscena che vede ancora protagonista il team diretto da Horner e Newey. Il caso riguarderebbe un episodio accaduto al GP del Canada: stando a balbettate testimonianze e filmati televisivi, i tecnici Red Bull avrebbero modificato a mano l’altezza da terra delle RB8 in regime di parco chiuso. Operazione, ahinoi, vietata dai regolamenti, persino in caso di condizioni meteo instabili (alla faccia della sicurezza).
“Ecco, i soliti ladri!”, tuonano gli anti-Red Bull. Anno 2010. La Ferrari, in quell’anno, aveva messo a punto un sistema di regolazione dell’altezza da terra azionato dall’esterno (ossia dai meccanici, non dal pilota) che agiva sulla sospensione anteriore. L’operazione veniva eseguita tra qualifica e gara, quando le vetture non possono essere più modificate. Non vi furono penalità. La stessa McLaren stava mettendo a punto un sistema analogo ma poi lo sospese. Anzi, Paddy Lowe disse che era possibile programmare un sistema elettronico di variazione della taratura degli ammortizzatori anche in regime di parco chiuso. Astuto ma illegale. Eppure, nessuna sanzione. La FIA intervenne, chiarendo che qualsiasi tipo di intervento sull’assetto in regime di parco chiuso sarebbe stato irregolare: in caso di variazioni dell’assetto e delle altezze effettuate tra qualifica e gara, la vettura in questione doveva partire dalla pit-lane. Gli scheletri nell’armadio si sprecano, motivo per cui nessuno sporge più reclamo.
Se così fosse, le Red Bull, in Canada, dovevano essere penalizzate. Ma come nel 2010, la FIA ha chiuso tutti e due gli occhi.
La Federazione ha vietato, vieta e vieterà qualsiasi soluzione in grado di prendere in contropiede i delegati tecnici e di aggirare legalmente i regolamenti. Divieti in nome di un atteggiamento alla Ponzio Pilato: nel dubbio, preferisce vietare, ossia crocifiggere l’essenza tecnica della Formula 1. La FIA ha obbligato la Red Bull a togliere le aperture sullo step plane, a riconfigurare le mappature motore: e lo fa non perché si tratta di soluzioni effettivamente, tangibilmente e scientificamente irregolari, ma perché la FIA stessa non sa che pesci pigliare, non sapendo interpretare e verificare rigorosamente i suoi stessi regolamenti tecnici. La FIA se ne lava le mani, accontentando tutti gli altri team e negando alle scuderie sotto accusa un possibile, legale vantaggio tecnico. Scontato ribadire che molte attuali e insignificanti discordie poterebbero essere appianate se solo non vi fosse questa sterile e appiccicosa overdose di regole.
Ferrari, rinascita in tre mosse
Alla vigilia del GP d’Australia, nessuno avrebbe immaginato di trovare in vetta alla classifica Piloti, dopo 11 corse, Fernando Alonso e la F2012. All’indomani della vittoria-jolly di Sepang, si creavano due opposte fazioni: i difensori del progetto F2012 da una parte, i detrattori della F2012 dall’altra. “Migliorare la F2012 (dall’aerodinamica al consumo degli pneumatici passando per il comportamento delle sospensioni) non sarà facile. Ma non impossibile”, scrivevamo in quei giorni.
Ebbene, i fatti ci danno ragione. Certo, la monoposto di Maranello è ancora ben lungi dall’essere perfetta (del resto, i tecnici non possono inventarsi più nulla di sostanzioso!).
A cosa si deve la competitività di Alonso e, in rare occasioni, anche di Massa? A quanto pare, in Ferrari sono intervenuti in tre aree principali. Anzitutto, modificando a più riprese la fattura degli scarichi. L’ultima versione ricalca molto da vicino la configurazione adottata dalla McLaren Mp4/27 sin da inizio stagione, configurazione bellamente copiata anche da altri costruttori (Toro Rosso, Force India, Caterham). Dopo una sequela infinita di tentativi “autoctoni”, in Ferrari hanno dovuto copiare soluzioni altrui per rimediare parzialmente alla cronica mancanza di carico aerodinamico. Ormai, aerodinamicamente parlando, la Ferrari, purtroppo, sa solo copiare.
Discorso diverso per la sospensione anteriore pull-rod, croce e delizia della F2012. Un audace espediente tecnico, unica nota distintiva in una F1 “monomarca-oriented”: infatti, non si era mai vista una sospensione pull-rod abbinata ad un odierno muso altissimo e assai “scavato” nella sua zona inferiore. E infatti, puntuali, sono giunti i grattacapi. Sappiamo che i tecnici di Maranello sono intervenuti sulla sospensione anteriore, tuttavia non è dato sapere in che modo. Anche il servosterzo è stato oggetto di radicali modifiche e ora, risultati alla mano, pare funzionare a dovere.
Questi, a conti fatti, i principali cambiamenti mirati a migliorare le prestazioni della F2012: scarichi, sospensione anteriore, servosterzo. A nostro modestissimo avviso, riteniamo che il vero punto di svolta della ritrovata competitività della F2012 risieda nella messa a punto della sospensione pull-rod anteriore, un componente tecnico vitale e ben più importante di qualsiasi specchietto integrato o bavetta aerodinamica.
Vi sono, poi, modifiche secondarie, frutto di generalizzate copiature, quelle che oggi vengono definite e classificate con eccessiva e sbalorditiva disinvoltura sotto la voce “novità” o “particolari di nuova concezione”. Ebbene, a meno che non si tratti di sostanziali, profondissime e basilari modifiche, non è il caso di parlare di “novità”: un flap più o meno svergolato, una bandella leggermente più ricurva, una mini-soffiatura qua e un’altra là, una appendice pressoché invisibile all’occhio umano, un’ala appena modificata e persino “innovative” prese d’aria freni (che poi non sono altro che riedizioni delle prese d’aria “piatte” già viste negli Anni 80!!) non costituiscono radicali e compiute “novità”, bensì affinamenti di micro-aerodinamica e logici adattamenti alle diverse piste. Sono sempre esistiti, ma oggi, con la carestia di contenuti tecnici, vengono in modo altisonante definiti “novità”.
Red Bull e McLaren, tante modifiche per nulla.
Discorso similare per Red Bull e McLaren. A differenza della F2012, la RB8 e la Mp4/27 si dimostrano monoposto stabilmente di vertice: che sia con Vettel o Webber, con Hamilton o Button o, magari, con entrambi i piloti.
Anche in casa Red Bull e McLaren si è lavorato attorno alla aerodinamica, dal muso (McLaren) alla zona delle pance e del retrotreno (entrambi i team). I fatti, però dicono che una miriade di modifiche non ha arrecato tangibili miglioramenti alle rivali della F2012: sono sempre lì, cioè dove sono da inizio stagione! La McLaren, dal GP di Spagna, ha adottato un muso appena più rialzato e rivisto nella sua zona inferiore (modifica che ha interessato solo il musetto asportabile, ossia carrozzeria, e non la scocca, omologata e non più modificabile). Questa “novità” ha coinciso con un periodo no di Button. Che in McLaren siano riusciti nella non facile impresa di “peggiorare” un poco la vettura? Dal GP di Spagna, Hamilton e Button hanno iniziato a denunciare mancanza di carico aerodinamico: e meno male che il muso alto servirebbe a conferire alla vettura maggior deportanza…!
E dal GP di Germania, nel tentativo di porre rimedio ai problemi da loro stessi generati (macchina che vince non si cambia, cari tecnici McLaren…), i progettisti di Woking hanno rivisitato la zona delle fiancate e gli attacchi delle sospensioni posteriori. Chissà se tali modifiche funzionano davvero o sono solo dei placebo.
Anche la Red Bull ha avuto un gran da fare, modificando a più riprese le fiancate e gli scarichi. I risultati, però, ci dicono che davanti erano e davanti sono rimasti. E come è finita la faccenda della misteriosa presa d’aria ricavata sul gradino del muso? Nessuno ci ha capito niente, silenzio assoluto.
Mercedes, Lotus e quell’inutile F-Duct.
E poi c’è il “mistero” Mercedes, che mistero non è. La Mercedes e la stampa compiacente a rimorchio della intoccabile Casa tedesca sono riusciti, stavolta, nella facile impresa di spacciare la F1W03 per una sorta di fantasmagorica astronave aliena dotata di portentose e ineguagliabili tecnologie. Il riferimento, avrete capito, è al sedicente F-Duct, dispositivo attraverso il quale la Mercedes F1W03 avrebbe dovuto soverchiare a suon di sganassoni e punte velocistiche da caccia supersonico la concorrenza. La realtà si è rivelata ben diversa: le velocità di punta delle Mercedes di Rosberg e Schumacher sono in linea a quelle delle altre vetture, Rosberg ha conquistato pole e vittoria in Cina facendo la differenza nei tratti misti (!!), Schumi ha segnato una inutile pole a Montecarlo e Rosberg, sempre sulle tortuose e lente strade del Principato, ha ottenuto un buon 2° posto. Evidentemente, lo F-Duct vale per ciò che è: un congegno ridondante e che palesa limiti, attorno al quale, però, si è fatto e si continua a fare tanto rumore per nulla.
Sul filone Mercedes, anche la Lotus sta sviluppando un proprio F-Duct, decisamente più semplice, atto a ridurre la resistenza all’avanzamento dell’ala posteriore nei tratti veloci. Ad Hockenheim, dati velocistici alla mano, ha funzionato proprio maluccio: Raikkonen 315,2 Km/h in qualifica (settima velocità di punta) e 315,5 Km/h in gara (undicesima velocità di punta: Grosjean, senza F-Duct, fa 314,8 Km/h!). E poiché la velocità di punta è valore alquanto ballerino, non sappiamo se effettivamente quella miseria di velocità in più di Raikkonen rispetto a Grosjean sia riconducibile all’effetto dello F-Duct oppure ad una configurazione aerodinamica appena più scarica, o a chissà quali altri fattori.
Tante, piccole modifiche aerodinamiche: servono davvero?
Su quali basi tecniche poggia la attuale F1? La differenza più lampante tra la F1 “del fare” e quella “monomarca-oriented” di oggi è la seguente. In passato, i tecnici progettisti lavoravano attorno a vaste aree di progetto, spesso modificandole radicalmente o, come avveniva frequentemente, sfornando una o più vetture diversissime tra loro nel corso della medesima stagione. Si lavorava su telaio, motore, aerodinamica, ciclistica e così via.
Oggi, al contrario, i tecnici progettisti debbono forzosamente lavorare di cesello, in quanto costretti e vincolati da regolamenti che consentono solo operazioni limitate in “libertà vigilata”.
L’aerodinamica è parametro determinante e importantissimo. Tuttavia, tecnici e cronisti sopravvalutano la natura infinitesimale che caratterizza la odierna ricerca aerodinamica. Ad ogni gara assistiamo ad una apparente immane mole di lavoro da parte dei team, che nelle più ottimistiche intenzioni dovrebbe produrre miglioramenti e progressi. Flap, appendici, soffiature, deviatori di flusso, micro-modifiche a carrozzerie, profili estrattori, prese d’aria freni e via discorrendo analizzate, moviolizzate e sviscerate sino alla melassa.
Ed ecco, quindi, il proliferare delle sedicenti “novità”, micro-interventi atti, nelle intenzioni, a rosicchiare millesimi, centesimi, decimi di secondo. A questo punto, si produce una duplice conseguenza. A volte, piccoli e azzeccati accorgimenti (quasi sempre sfacciati copia-incolla) funzionano, in quanto le vetture sono ormai talmente somiglianti nella sostanza che basta un piccolo quid per mangiare qualche decimo.
In numerosi casi, però, anche questo assiduo lavoro di cesello-copiatura non è in grado di arrecare benefici. È questa la situazione più frequente: le vetture non crescono e non crepano.
Questo perché le modifiche in questione sono né più né meno che “placebo”, ossia correzioni e variazioni talmente infinitesimali da risultare praticamente ininfluenti nell’economia generale della vettura. Vi ricordate le pinne stabilizzatrici che spopolavano nel recente passato (poi pesantemente limitate dalle tagliole della FIA)? Ebbene, a detta di molti piloti (Alonso su tutti), quelle pinne non avevano alcun effetto reale! Eppure, tutte le vetture presentavano enormi pinne. Placebo, acritico e modaiolo copia-incolla, appunto.
I team debbono forzosamente avanzare in questo modo, lavorando, cioè, in direzione di un affinamento continuo e microscopico che, gioco forza, condurrà ad una standardizzazione sempre più marcata a suon di “frange”, micro-deviatori di flusso a cresta di gallo e flussi di aria “puliti”, ottimizzati, incanalati in micro-soffiature o indirizzati verso micro-appendici. Il Regolamento non concede ampi spazi di manovra ed è ovvio che, così facendo, i progettisti non possono inventare chissà quali soluzioni.
E salvo rare eccezioni (probabilmente, la F2012 rientra tra queste), i principali attori in grado di sovvertire i valori in campo o bilanciare le prestazioni tra le vetture non sono i progettisti e il loro intuito, bensì i legislatori della FIA. Da quando la F1 si è chiusa a riccio, funziona così: sono i cambi regolamentari e i mille divieti a sovvertire o livellare artificiosamente quel tanto che basta i valori in campo. E infatti…
Gli aiuti sottobanco vengono dalla FIA: il sottaciuto balance of performance.
E infatti, nella Formula 1 attuale, esiste un deliberatamente taciuto fattore di rimescolamento del mazzo: gli aiuti tecnici concessi dalla FIA, vale a dire particolari e censurabili favori regolamentari elargiti sottobanco a questo o quel team affinché possano “uguagliare le prestazioni” delle migliori monoposto in termini di prestazioni e affidabilità. Un balance of performance. Si tratta di deroghe relative ai motori: roba grossa, molto grossa, roba in grado di fare davvero la differenza. E in genere, i team aiutati sono quelli che contano: HRT e Virgin si mettano l’anima in pace.
Esiste – ma in pochi ne sono a conoscenza – un accordo tra i team che recita così: quando la differenza di prestazioni tra i diversi (si fa per dire) motori supera la soglia del 2% interviene la FIA, la quale provvede ad equiparare nuovamente, mediante correttivi, le prestazioni.
Una vergogna: non si tratta, infatti, di bilanciare motori diversi nella cilindrata o equilibrare aspirati e sovralimentati, diesel e benzina, ma livellare forzosamente motori di fatto uguali nella cilindrata e nei parametri costruttivi fondamentali. Il motore, per volontà dei team e della FIA, deve essere un parametro fisso uguale per tutti (alla faccia di chi sostiene che in F1 non esiste il motore unico!). Insomma, un accordo di “mutua assistenza” tra Costruttori in tema di motori: una cosa simile, in F1, non si era mai vista né immaginata. Sono proprio lontani i bei tempi in cui i motoristi si sfidavano apertamente e aspramente a suon di cavalli, giri motore e ricerca della affidabilità…
Ad esempio, Renault, Honda e Ferrari sono le scuderie che hanno usufruito di tali aiuti.
Nel 2008, la Renault ricevette un generoso aiuto sottoforma di almeno 30-35 CV, sebbene i motori, ufficialmente, fossero già congelati ed omologati. Altro che una bandella lì ed una aletta qui! E con almeno 30-35 cavalli in più dietro la schiena, Alonso riportò magicamente la derelitta Renault a vincere nell’ultima parte di campionato.
Nel 2009, a Monza, nasce il caso dei motori Mercedes, pompati sino a toccare la soglia dei 20 mila giri/minuto. Passo indietro: vi ricordate gli improvvisi quanto sbalorditivi exploit della Force India in occasione dei GP di Spa-Francorchamps e Monza 2009 (mica circuiti della sagra della pagnotta!) con Fisichella, Sutil e Liuzzi? Ecco, appunto: altro che “novità” aerodinamiche e diffusori a doppio stadio: datemi oltre 1000 giri motore in più e vi solleverò il mondo!
A Monza il bubbone scoppia in silenzio. Alcuni commissari nazionali (quindi non interni alla FIA) beccano due vetture motorizzate Mercedes irregolari: i loro motori raggiungerebbero circa 20 mila giri/minuto! Il Regolamento, però, imponeva (e impone ancora oggi) un regime di rotazione massimo limitato a 18 mila giri/minuto.
E a campionato al tramonto, iniziavano a circolare insistenti voci circa un “regalo” (altri bei cavalloni endovena) in partenza dalla FIA: destinazione Toyota, affinché si scongiurasse il ritiro della scuderia nipponica dalla F1. Sarà stato un caso, ma nelle ultime gare Trulli e Glock (sostituito poi da un allora esordiente Kobayashi) iniziavano a volare più di quanto fatto nel resto di una altalenante stagione: Glock è 2° a Singapore, Trulli è 2° – rullo di tamburi – a Suzuka. Peraltro, la Toyota, specie in qualifica, aveva ben figurato anche nella prima metà di campionato. Ma il ritiro incombeva…
Come giudicare l’episodio monzese: si trattò anch’esso di un caso di maldestro aiuto tra il tecnico ed il politico a team utili alla causa della Formula 1 (vedi Force India in prospettiva GP di India)? Forse. Charlie Whiting, stando ai racconti di quei giorni, aveva dato l’impressione di essere ben al corrente della faccenda dei motori Mercedes, dribblando i commissari nazionali intenti a comunicargli l’infrazione. La FIA, per uscire dall’incaglio, prese il seguente provvedimento: i motori Mercedes dovevano ritornare al regime di rotazione regolamentare, ossia all’unità omologata al 31 marzo 2008. Agli altri motoristi non venne concessa alcuna deroga; al contrario, si fecero rientrare nei ranghi regolamentari i propulsori Mercedes.
A forza di divieti, imposizioni, vincoli, cavilli e aiutini tecnici sottobanco la FIA sta, di anno in anno, livellando e appianando artificiosamente le prestazioni delle vetture.
È noto: per ottenere una competizione viva, genuina e rigogliosa occorre riaprire i rubinetti regolamentari. Diversità nella libertà. Adesso c’è solo standardizzazione nella confusione.
Scritto da: Paolo Pellegrini