Impianti frenanti: F1, Indycar ed Endurance a confronto
Dagli aerei militari alle competizioni, dalle competizioni alle strade di tutti i giorni. Procede così, in estrema sintesi, l’evoluzione tecnologica, all’interno della quale, naturalmente, il settore motoristico non fa eccezione.
L’impianto frenante di un’automobile, come noto, rappresenta uno degli organi vitali nell’economia generale di qualsivoglia vettura, da competizione o di serie.
Grazie ai dati fornitici dalla italiana Brembo – da decenni leader nel settore degli impianti frenanti a disco per veicoli – è possibile tratteggiare le principali differenze tra i sistemi frenanti delle monoposto di Formula 1 e IndyCar. Si tratta di vetture profondamente e radicalmente diverse tra loro, anzitutto per quanto riguarda il peso minimo regolamentare: 640 Kg per le Formula 1 (dato riferito al Regolamento Tecnico FIA 2012), 709 Kg per la Dallara DW12 IndyCar. Per ciò che concerne la potenza massima dei motori, si parla di circa 750 CV per le Formula 1 (V8 di 90° aspirati di 2400cc limitati a 18.000 giri/minuto) e 650-700 CV per le IndyCar (massimo 6 cilindri, singolo o doppio Turbo, V da 60° a 90°, 2200cc, pressione massima di sovralimentazione 1,5 bar, iniezione diretta consentita, limitati a 12.000 giri/minuto).
Le Formula 1 impiegano dischi in carbonio autoventilanti, il cui spessore è pari a 28mm e il cui diametro massimo non deve superare i 278mm.
In IndyCar – categoria che, purtroppo, adotta un sistema frenante omologato, unico e standardizzato realizzato, appunto, dalla Brembo – i dischi autoventilanti sono in carbonio ma caratterizzati da dimensioni maggiori rispetto a quelli di F1: 30mm di spessore (19mm è lo spessore minimo regolamentare) e 328mm di diametro. Dunque, anche la IndyCar, dopo molti, anni ha optato per i soli freni in carbonio. Infatti, la IndyCar era solita, in epoche più che recenti, differenziare l’impiego dei materiali: dischi in acciaio per i tracciati stradali e cittadini, dischi in carbonio per gli ovali.
Un’altra significativa differenza tra le due categorie riguarda il numero dei fori di ventilazione (ricavati nello spessore del disco), le temperature d’esercizio e la fattura delle pinze freno, caratteristiche correlate al diametro e allo spessore dei dischi stessi. Oltre 1000 fori per i dischi di F1, 72 per quelli IndyCar. Infatti, i dischi di F1 possono raggiungere anche i 1200° C, quelli IndyCar “solo” (si fa per dire…) 900-950° C. Le pinze freno, invece, sono entrambe a sei pistoncini (28-30-36mm per quelle IndyCar) in monoblocco e lavorate dal pieno: lega d’alluminio-litio per le F1, lega d’alluminio per le IndyCar (queste ultime pesano 2 Kg). Tanto in F1 quanto in IndyCar vengono impiegate pastiglie in carbonio: le specifiche IndyCar prevedono uno spessore di 24mm ed un peso di 270 g.
Degna di citazione, la regolamentazione ACO-FIA per quanto concerne i Prototipi LMP (Le Mans Prototype, peso minimo dell’ordine di 900 Kg) e le vetture Gran Turismo (LMGTE, Le Mans Gran Touring Endurance, peso minimo di 1245 Kg), auto riservate al Mondiale Endurance. Pinze in monoblocco lega d’alluminio a sei pistoncini, dischi in materiale libero (la scelta, inevitabilmente, ricade sul carbonio) e 380mm di diametro massimo per i Prototipi della Classe LMP, dischi in acciaio, pinze in lega d’alluminio a sei pistoncini e massimo due pastiglie-freno a ruota per le LMGTE.
La frenata – assieme alla tenuta di strada – rientra in quelle caratteristiche dinamiche del veicolo capace di differenziare profondamente le varie epoche. Oggi, freni in carbonio sempre più perfezionati ed efficienti garantiscono frenate tenaci e spazi di arresto sempre più esigui. Ci si accorge della assoluta bontà degli attuali impianti frenanti osservando, rigorosamente dal vivo, le vetture in pista, le quali sono in grado di tirare staccate alla morte (meno peso c’è e più si può ritardare il punto di frenata) in 150-100 metri o addirittura meno.
Poiché la perfezione assoluta non esiste, anche i dischi in carbonio – leggerissimi – palesano alcune note dolenti. Ad iniziare dalle altissime temperature d’esercizio richieste. Infatti, in campo motociclistico, si è soliti sostituire – soprattutto in caso di pioggia – i dischi in carbonio con dischi “tradizionali” metallici, più adatti alle basse temperature.
Il settore degli impianti frenati, naturalmente, è in lenta ma progressiva evoluzione. Non solo dischi, pinze e pastiglie sempre più efficienti e leggere (regolamenti permettendo), ma anche dispositivi correlati sempre più affinati. Ci riferiamo ai dischi avvolti nei cestelli (soluzione lanciata dalla Ferrari) ed ora largamente generalizzata, al raffreddamento dei dischi stessi mediante apposite prese d’aria e dispositivi di evacuazione dell’aria calda attraverso i cerchi ruota e via discorrendo.
Frenare bene, dunque, è fondamentale. Per andare piano? No, sempre più veloce!
Scritto da: Paolo Pellegrini
Ideona per ravvivare la F1? Mica ci vuole tanto, solo un po’ di cervello. Hai vinto la gara precedente? Obbligo di montare dischi in acciaio. Ma che diavolo ci vuole…