Nel mondo della Formula 1 si possono identificare due tipi di invasione di pista da parte dei tifosi.
La prima, quella più emozionante e pacifica, è quella che si verifica al termine di una corsa, con le vetture ferme in pit lane, quando il pubblico accede legittimamente ed in sicurezza in massa sotto il podio per festeggiare la vittoria di un proprio beniamino. Vere e proprie ondate di appassionati che hanno resto celebre per esempio Monza, ma anche altri circuiti che nel corso della loro storia hanno aggregato diverse fedi automobilistiche in indimenticabili momenti di sport.
La seconda, invece, è quella più pericolosa e sgradevole. Persone che illudono i sistemi di sicurezza e si lanciano, incuranti del rischio, in mezzo al tracciato con le vetture in transito. C’è chi lo fa per pura follia, chi per rivendicare in modo discutibile la propria filosofia e chi per protestare.
Sta di fatto che quanto accaduto in Cina durante la seconda sessione di prove libere del venerdì non è il primo caso nella storia della Formula 1. Tralasciando i consueti ingressi dei commissari di gara, che lo fanno per lavoro e con coraggio solo per garantire la sicurezza dei piloti (talvolta rimettendoci la vita), le situazioni in cui uno spettatore scende in pista, facendo prendere un grosso spavento a chi assiste alla scena, si sono verificate più di una volta, e tutte negli ultimi 12 anni.
A Shanghai si è trattata di una vera pazzia. Un uomo di circa trent’anni infatti è riuscito a scavalcare le recinzioni, attraversando poi la pista proprio in corrispondenza del rettilineo di partenza. Fortunatamente, l’invasore ha iniziato a correre a gambe levate prima dello sopraggiungere di una delle Force India, la quale non si poteva comunque ritenere lontanissima in termini di distanza dall’uomo. Una volta in prossimità dei box, si è quindi lanciato letteralmente contro il muretto, ma a quel punto la polizia cinese, aiutata dai commissari di gara, è riuscita a fermare il malintenzionato arrestandolo sul posto. Secondo quanto emerso dalle autorità, la motivazione del gesto era riconducibile al fatto che l’uomo volesse accedere ai box con l’intenzione di provare una monoposto. Indipendentemente dalle modalità e dalle motivazioni, a qualche spettatore sarà sicuramente venuto in mente altre due invasioni avvenute in passato.
HOCKENHEIM 2000: Il primo invasore di pista della storia entra in scena nel corso del Gran Premio di Germania del 2000. Al 25° giro le telecamere inquadrano un uomo avvolto da un telo bianco pieno di scritte. Il personaggio attraversa pericolosamente il rettilineo del vecchio circuito di Hockenheim subito dopo la prima curva, iniziando a passeggiare a bordo pista sull’erba. L’episodio obbliga l’ingresso della safety car, la quale sarà fondamentale per ricucire il distacco tra le due McLaren e Rubens Barrichello e per consentire alla polizia tedesca di arrestare l’individuo. Il neo-ferrasista, dopo esser partito dal 18° posto, sarà poi in grado di sopravanzare Coulthard ed Hakkinen con un’astuta mossa strategica, andando a vincere il suo primo gran premio in Formula 1 e diventando il primo brasiliano ad aggiudicarsi una gara dopo l’era di Ayrton Senna. Ma senza quell’invasione, “Rubinho” forse non sarebbe mai salito sul gradino più alto del podio. Si scoprirà in seguito che quell’uomo, un operaio 47enne di nazionalità francese, era sceso in pista per protestare contro la Mercedes, rea di averlo licenziato. Le scritte sul quel telo inizialmente apparso come una sorta di travestimento, erano invece parole rivolte alla casa automobilistica tedesca.
SILVERSTONE 2003: Ben più grave, folle e rischioso è quanto accade solo tre anni più tardi a Silverstone, nella gara valevole per il Gran Premio di Gran Bretagna. La RAI decide, al 12° giro, di mandare in onda un mini-spot pubblicitario. Ma quando ritorna il collegamento l’Italia intera sintonizzata sulla gara si prende un enorme ed improvviso spavento. Le prime immagini che arrivano in onda sono quelle di un uomo con un gilet verde ed il kilt correre verso le monoposto. Si tratta, clamorosamente, di un sacerdote irlandese di 56 anni (che in futuro si renderà protagonista di un’altra fastidiosa invasione durante la Maratona alle Olimpiadi di Atene 2004), il quale ha la brillante idea non solo di proseguire in senso contrario alle vetture, ma anche di farsi vedere niente meno che all’Hangar Straight, uno dei punti più veloci di Silverstone. Inizialmente il prete si trova in mezzo alla pista, ma successivamente si sposta verso la sua sinistra, in piena traiettoria con le vetture che giungono ad oltre 200 km/h. Solo la prontezza di riflessi dei piloti che sopraggiungono, circa una decina, evitano che il religioso venga falciato o investito, andando incontro ad una morte orrenda in diretta internazionale. Sono secondi interminabili vissuti con il cuore in gola, che terminano soltanto grazie ad un coraggioso intervento da parte di un commissario che lo placca a terra (da buona tradizione rugbistica inglese) e lo trascina di peso per un braccio fuori dal tracciato consegnandolo alle forze dell’ordine. Si sapranno solo più tardi le ragioni di quel gesto. Cornelius Horan, questo è il suo nome, voleva protestare contro lo spreco immorale del denaro in Formula 1 citando la Bibbia. Sul cartello che aveva in mano durante la sua corsa infatti, vi era scritta la frase destinata ai piloti “Leggete la Bibbia, la Bibbia ha sempre ragione”. Viene condannato a due mesi di reclusione, ed in seguito ad altri fatti discutibili viene anche scomunicato dalla Chiesa Cattolica. Anche in quella gara, curiosamente, il vincitore fu Rubens Barrichello!