Il 1° maggio del 1994 verrà ricordato per sempre, nel mondo della Formula 1, come uno dei giorni più tristi e scioccanti dell’intera storia di questo sport, che proprio in quella data subirà una svolta radicale in termini di sicurezza.
Dopo un weekend a dir poco devastante, con il grave incidente di Barrichello e quello mortale in qualifica di Ratzenberger, nonostante le enormi polemiche sulla sicurezza del tracciato di Imola, il Gran Premio di San Marino deve comunque farsi. Senna, che in tutta la sua carriera non ha mai fatto intendere di voler ritirarsi dalle competizioni, quel giorno, così come tanti altri piloti, proprio non se la sente di correre.
Per la prima volta, sulla griglia di partenza prima del via, si trova nell’abitacolo senza indossare il casco. Il mondo intero vede l’espressione del volto cupa del campione brasiliano, quasi come se avvertisse un sorta di brutto presentimento. In quei momenti pare non contargli neppure la pesante situazione nella classifica mondiale, con il giovane Schumacher vincente nelle prime due gare della stagione e con Senna costretto invece a due ritiri, uno dei quali addirittura nel suo amato Brasile. Un inizio di campionato così, al debutto con il volante di una tanto desiderata Williams, proprio non se lo aspettava nessuno.
Ad Imola c’è un sole cocente, e alle 14.00 in punto le vetture scattano allo spegnimento del semaforo rosso, ancora una volta con Ayrton in pole position, per la 65° ed ultima volta. Solo Schumacher, che parte poco dietro, sarà capace di battere questo record strepitoso undici anni dopo.
Il tre volte campione del mondo carioca scatta benissimo alla partenza, mantenendo la leadership. Ma dopo pochi istanti dallo start è necessario l’ingresso in pista della safety car a causa di uno schianto in griglia di partenza tra le monoposto di Pedro Lamy e di JJ Lehto, con quest’ultimo rimasto fermo nella sua postazione e centrato in pieno dal pilota portoghese. I protagonisti del botto escono senza conseguenze dalle rispettive vetture, ma alcuni detriti schizzano verso la tribuna centrale colpendo alcuni spettatori ferendoli.
Dopo cinque giri dietro la safety car la gara riprende, con Senna abilissimo a mantenere la prima posizione e a difendersi dagli attacchi di Schumacher. Ma al secondo passaggio sul traguardo, accade l’inattesa tragedia. Giunto alla famigerata e pericolosissima curva del Tamburello, la Williams del brasiliano prende la tangente e va a schiantarsi dritta contro il muretto di protezione ad oltre 300 km/h. Sembra un brutto incidente, come tanti altri, ma si capisce subito che in realtà non è così. Senna resta per lunghi secondi all’interno dell’abitacolo senza muoversi, motivo per il quale la corsa viene immediatamente sospesa. Le riprese televisive dall’elicottero inquadrano la vettura ferma a bordo pista, con il pilota che accenna un lieve movimento della testa. Per alcuni è un segno di speranza, per altri è un pessimo segnale.
I soccorsi arrivano tempestivi, e così com’è stato per Ratzenberger il giorno prima anche con Senna si ripetono le stesse terribili immagini dei sanitari che tentano in tutti i modi di tenerlo in vita. La situazione è gravissima, tanto che quando il corpo viene spostato in un altro punto della pista fu inevitabile accorgersi di grosse chiazze di sangue presenti sull’asfalto.
Anche in questo caso atterra l’elicottero, pronto per trasportare il campione all’Ospedale Maggiore di Bologna. Nonostante il battito cardiaco fosse sempre stato presente, le ferite riportate a livello cerebrale furono troppo estese, complice un angolo di impatto sfortunatissimo che fece conficcare la sospensione della ruota anteriore nella testa del pilota. Senna viene dichiarato ufficialmente morto in diretta nazionale dalla Dott. Maria Teresa Fiandri dopo le 18.00, in seguito a bollettini medici sconfortanti che erano giunti nel pomeriggio mentre la gara, incredibilmente, era ancora in corso di svolgimento.
Il Brasile, che aveva imparato a gioire delle grandi vittorie del proprio pupillo, crolla in un dolore immenso. In tutta la nazione vennero decretati tre giorni di lutto, e una volta rientrata la salma del campione a San Paolo, città nella quale era nato il 21 marzo del 1960, il mondo intero vide una folla oceanica assistere ai funerali di Ayrton Senna, a testimonianza dell’amore che la gente nutriva verso il proprio idolo.
Oggi Senna riposa nel cimitero di Morumbi, e una lapide senza troppi sfarzi riporta un epitaffio con le parole espresse in vita dal talento brasiliano: “Nada pode me separar do amore de Deus – Nulla mi può separare dall’amore di Dio”.
In Italia invece, dopo un lungo processo legale dal quale furono assolti tutti gli imputati (tra cui Frank Williams e Patrick Head), si giunse alla conclusione definitiva che la causa dell’incidente fu attribuita al cedimento del piantone dello sterzo.
Ancora oggi, se vi capita di andare all’autodromo “Enzo e Dino Ferrari” di Imola, proprio in corrispondenza del punto d’impatto, è possibile vedere non solo una statua dedicata ad Ayrton, ma anche tanti messaggi e omaggi lasciati dai tifosi di tutto il mondo per onorare la memoria del proprio amato campione.
Con oggi siamo passati a ben 21 anni di distanza da quel giorno. L’anno scorso, con il ventennale, centinaia di persone erano presenti alla commemorazione di Senna, a testimonianza che il suo mito continua a vivere senza sosta.
Per molti è stato il più grande pilota che la Formula 1 abbia mai conosciuto, non solo per le qualità espresse in pista ma anche umane. Un uomo sensibile, un campione eterno. Epiche le sue sfide e l’accesa rivalità con il compagno di squadra francese Alain Prost in McLaren, con i due piloti che se le sono date di santa ragione nel corso della loro carriera arrivando anche ad odiarsi. Quando fu il momento per Prost di ritirarsi dalle competizioni, ci fu una toccante riconciliazione pubblica sul podio di Adelaide nel 1993, con i due piloti che si strinsero la mano e posero fine alle infinite polemiche.
Ayrton Senna: una leggenda, un campione e un uomo straordinario che manca ancora tanto a tutti.