Il rapporto che esiste tra gli Stati Uniti e la Formula 1 è piuttosto difficile da definire. Alcuni americani infatti seguono con interesse questo sport, mentre altri lo ignorano completamente, etichettandolo come “troppo europeo”, preferendo altre serie automobilistiche locali come la IndyCar e la Nascar, dove le vetture sfrecciano a velocità elevatissime su circuiti ovali. Se si vuole fare un paragone con altri sport, negli Usa la Formula 1 è vista un po’ come il calcio. Certo, interessante, ma non troppo.
Eppure la stessa classe regina dell’automobilismo sportivo ha scritto numerose pagine della sua storia proprio qui in America, facendo tappa in vari circuiti suscitando entusiasmo o generando velenose polemiche. In attesa della gara che prenderà il via domenica ad Austin, ecco a voi la tormentata ed unica storia del Gran Premio degli Stati Uniti d’America.
La 500 Miglia di Indianapolis – Forse in pochi sanno che la celebre 500 Miglia in Indianapolis, una delle gare più famose al mondo, è stata valida per ben dieci anni per il campionato di Formula 1. Nel tentativo di unire le due culture automobilistiche per eccellenza, nel 1950, con l’appena costituita Formula 1, si decise di unire team e piloti europei a quelli americani. L’idea, per quanto all’epoca fosse entusiasmante, non ebbe però i risultati sperati. Le differenza tra i due mondi erano troppo evidenti, e fu per questo che non avvenne la tanto sperata integrazione automobilistica. Furono molti infatti i piloti europei che decisero di disertare la 500 Miglia per preferire la Formula 1, e così, dopo dieci anni di difficoltà organizzative, nel 1961 la 500 Miglia venne definitivamente cancellata dal campionato di Formula 1. Di quegli anni ci restano note soltanto le partecipazioni e l’albo d’oro, dove non si registrano vittorie europee.
Welcome back F1! – Con il flop di Indianapolis in procinto di raggiungere il proprio limite, nel 1959 la Formula 1 fece tappa negli Stati Uniti per disputare il primo vero e proprio Gran Premio degli Usa, senza alcuna fusione con altre categorie automobilistiche. La prima storica edizione si svolse in California su un altro celebre tracciato, quello di Sebring. A vincere quella corsa fu il neozelandese Bruce McLaren, che si aggiudicò la gara con la sua Cooper. L’anno successivo, il 1960, il circus della Formula 1 abbandonò Sebring per spostarsi in California, più precisamente a Riverside. In questa occasione si registrò un trionfo tutto inglese, con Stirling Moss che andò a vincere con la sua Lotus.
L’era di Watkins Glen – Nel 1961, dopo Sebring e Riverside, la Formula 1 sembrò trovare la sede giusta per disputare il Gran Premio degli Stati Uniti. Si scelse infatti lo stato di New York, dove ha sede il circuito di Watkins Glen. Dal momento della prima gara fino al 1968, le vittorie divennero una questione solo per piloti britannici. Nel 1961 Innes Ireland vinse per la sua prima ed unica volta in Formula 1, mentre negli anni successivi furono tre i piloti anglofoni vincenti in terra americana. Jim Clark, con la sua Lotus, vinse infatti tre volte esattamente come Graham Hill, che si aggiudicò la tappa americana sempre con la BRM. Nel 1968 la Matra divenne il primo team non inglese a vincere negli Stati Uniti, ma portò alla vittoria uno scozzese doc come Jackie Stewart. Nel 1971, dopo i successi di Rindt e Fittipaldi, a Watkins Glen vince la prima volta nella sua carriera la giovane promessa francese François Cevert. Il pilota della Tyrrell sarà però il triste protagonista solo due anni più tardi, quando troverà la morte in seguito ad un orrendo incidente nel corso delle qualifiche. Il tracciato newyorchese sarà fatale ad un altro pilota anche nel 1974, quando fu l’austriaco Helmut Koinigg a perdere la vita in circostanze simili a quelle di Cevert. Dopo due gravi lutti, nel 1975 la corsa si svolse fortunatamente senza tragedie, e così Niki Lauda regalò alla Ferrari la prima vittoria negli Stati Uniti per il team di Maranello.
Usa Est ed Usa Ovest – Nel 1976 la Formula 1 fa ancora tappa negli Stati Uniti, ma a partire da questa stagione, fino al 1983, lo farà per ben due volte all’anno. Gli organizzatori infatti decidono di abbandonare la denominazione di Gran Premio degli Stati Uniti, preferendo adottare un’alternativa piuttosto unica. Per distinguere le due gare valide per il campionato, si decide di costituire il Gran Premio degli Usa-Ovest ed il Gran Premio degli Usa-Est. Sulla costa orientale si continua a correre a Watkins Glen, dove nel bienno 1978-1979 vincono in entrambi i casi due Ferrari. Nel 1978 sale sul primo gradino del podio l’argentino Carlos Reutemann, mentre nella stagione successiva sarà il canadese Gilles Villeneuve a trionfare. Nel 1980 si tiene l’ultima gara a Watkins Glen, vinta da Alan Jones, e dopo un 1981 privo di appuntamenti sulla costa est, la Formula 1 fece il suo debutto sul circuito cittadino di Detroit. Da sottolineare in questo caso la grande vittoria di Michele Alboreto, che nel 1983 tagliò per primo il traguardo al volante della Tyrrell.
Nel Gran Premio degli Stati Uniti-Ovest la location per la gara, svolta in questo caso dal 1976 al 1983, è la suggestiva cornice californiana di Long Beach, anche in questo caso su un circuito cittadino. Il primo a vincere qui è il ferrarista Clay Regazzoni, che nel 1980 sarà però vittima di un bruttissimo incidente che lo costringerà a passare il resto della sua vita su di una sedia a rotelle. La Ferrari, dopo il successo dell’idolo di casa Mario Andretti nel 1977, tornerà a conquistare gli Stati Uniti nel 1978 e nel 1979, ancora una volta con Reutemann e Villeneuve.
E nel frattempo, il GP di Las Vegas – Mentre la Formula 1 era impegnata a svolgere le due tappe stagionali americane, nel 1981 si decise di costituire un nuovo gran premio, quello di Las Vegas. Le due edizioni, corse nel 1981 e 1982 e tenute in territorio statunitense, non vennero mai riconosciute come Gran Premio degli Stati Uniti, ma come Gran Premio di Las Vegas. Teatro di quelle due gare fu il tracciato ricavato nei dintorni del celebre hotel Caesar’s Palace, ed in entrambi i casi fu decisivo per l’assegnazione del titolo mondiale piloti. Nel 1981, nonostante la vittoria di Alan Jones, il campionato finì nelle mani del diretto avversario Nelson Piquet, mentre nel 1982 si portò a casa il titolo di campione del mondo Keke Rosberg. In quel caso però, a vincere fu per la prima volta in carriera Michele Alboreto, ed in quella stessa occasione la Ferrari vinse il campionato costruttori al termine di una stagione emotivamente complicata.
Il ritorno ad un unico GP – Nel 1984 si chiuse l’era del doppio gran premio su suolo americano, e per celebrare il ritorno ad un’unica gara la Formula 1 approdò, per l’ennesima volta, su un nuovo tracciato, quello di Dallas. In Texas vinse Keke Rosberg, che trionfò anche l’anno successivo, dove però si corse ancora una volta su un tracciato diverso. Dal 1985 al 1988 si gareggiò sul già utilizzato circuito cittadino di Detroit, che vide come grande protagonista assoluto Ayrton Senna, autore di ben tre vittorie. Il brasiliano arrivò a quota cinque vittorie nel 1991, salendo per ben due volte su tre su un nuovo circuito, quello di Phoenix in Arizona. Poi, nel 1992, il Gran Premio degli Stati Uniti venne rimosso dal calendario di Formula 1, e la possibilità di rivedere una gara a stelle e strisce sembrò svanire definitivamente.
Di nuovo Indianapolis, tra trionfi e veleni – E’ solo al termine degli anni ’90 che la possibilità di un ritorno della Formula 1 in America comincia a farsi più concreta. Ed infatti, nel 2000, è il rivisitato tracciato di Indianapolis ad ospitare ancora una volta il Gran Premio degli Stati Uniti. Nei primi anni del terzo millennio, su otto gare complessive disputate, ben sei sono conquistate da una Ferrari. Nel 2002 vince al photofinish Rubens Barrichello, con un distacco minimo di undici millesimi di secondo sul compagno Schumacher, che al termine della corsa dichiarò di aver fatto passare all’ultimo momento il brasiliano per ripagarlo del gesto compiuto in Austria quell’anno, quando fu Barrichello a cedere la vittoria al tedesco negli ultimi metri prima del traguardo. Per il resto, fatta eccezione per le due parentesi McLaren con Hakkinen vincente nel 2001 ed Hamilton nel 2007, è Michael Schumacher il vero dominatore, con cinque vittorie totali che gli consentono di raggiungere il record di Ayrton Senna. Ma tra queste cinque vittorie, ce n’è una tra le più controverse (se non la più controversa) dell’intera storia della Formula 1.
Nel 2005, durante le prove libere, Ralf Schumacher è vittima di un pauroso incidente sul tratto più veloce del circuito. Fortunatamente per il fratello di Michael si tratta solo di un brutto spavento, ma la causa dello schianto venne attribuita al cedimento di un pneumatico Michelin. La stessa casa francese, subito dopo il fatto, dichiarò che le sollecitazioni subite dai pneumatici non avrebbero consentito ai piloti di terminare la corsa, consigliando quindi tutti i team gommati Michelin a non prendere parte alla gara. I team stessi, di fronte a questa possibilità concreta, proposero alla FIA due opzioni per annullare questo rischio: quella di far arrivare dalla Francia una miscela molto più sicura, o di introdurre una chicane sul rettilineo principale. La FIA, dal canto suo, bocciò entrambe le richieste, creando una spaccatura con i team gommati Michelin. Questi ultimi infatti, in segno di protesta, presero parte al giro di ricognizione in gara, salvo poi ritirarsi volontariamente tutti prima della partenza. Con questa situazione presero quindi parte al via soltanto le vetture gommate Bridgestone, sei in tutto. In un clima di pesante contestazione sugli spalti, le due Ferrari volano indisturbate, mentre dietro di loro si accende un inedito duello tra le due Jordan (in crisi nera) e le due Minardi. Schumacher vince la corsa, mentre al terzo posto sale il portoghese della Jordan Tiago Monteiro, unico pilota ad esultare sul podio al termine degli inni nazionali. La Michelin in seguito risarcì tutti i biglietti e ne offrì altri 20.000 per l’edizione del 2006, ma il rapporto tra il pubblico di Indianapolis e la Formula 1 andò praticamente in frantumi in quel 2005 da dimenticare.
Dopo Indianapolis arriva Austin – Ed infatti nel 2008 la Formula 1 abbandonò ancora Indianapolis e gli Stati Uniti, con la seria intenzione di voler però tornare negli Usa ancora una volta in futuro. La volontà si concretizza nel 2010, quando viene annunciato il ritorno della Formula 1 in America, questa volta sul circuito texano di Austin, che in quell’anno era ancora in fase di costruzione. Rispettando le tempistiche annunciate all’epoca, il nuovo Circuito delle Americhe ospitò la Formula 1 regolarmente nel 2012, con Lewis Hamilton che si aggiudicò la corsa al volante della McLaren. Il pilota inglese si riconfermò l’anno scorso, stavolta al volante della Mercedes, mentre nel 2013 la vittoria fu di Sebastian Vettel su Red Bull.