I nomi di Niki Lauda e James Hunt evocano nei ricordi degli appassionati, soprattutto di quelli “più datati”, epici duelli a metà degli anni 70. Una rivalità che ha fatto la storia della Formula 1, paragonabile a quella intercorsa un decennio dopo tra Ayrton Senna e Alain Prost.
A 40 anni di distanza i figli dei due grandi piloti, Mathias Lauda e Freddie Hunt, si affacciano al mondo delle corse: infatti nel 2016, prenderanno parte alla Euro Nascar, campionato di stock-car con sede in Europa, al volante della Chevrolet SS del team DF1 Racing.
Altra categoria, altre auto, altri circuiti e soprattutto altro livello rispetto ai due più famosi padri. Ma bastano i cognomi per creare una forte suggestione.
Negli occhi e nella memoria degli appassionati di Formula 1 è ancora ben impresso il mondiale del 1976: uno dei più avvincenti della storia delle competizioni automobilistiche, a detta di molti.
Il ferrarista, campione del mondo in carica, dominava la classifica con la Ferrari 312 T2, diretta discendente della iridata 312: il bis sembrava ormai cosa fatta. Poi, il terribile incidente del Gran Premio di Germania al Nurburgring. L’inglese inizio così la sua rimonta. Per difendere il suo titolo Lauda si ripresentò al Gran Premio di Monza, dopo soli 42 giorni dall’incidente, con le ferite ancora sanguinanti, concludendo al quarto posto. Il coraggio dell’austriaco, ai limiti della follia, non fu però ripagato. Hunt, infatti, vinse il mondiale per un solo punto all’ultima gara al Fuji, sotto un diluvio biblico: con Lauda, che dopo aver cercato di far annullare la gara, rientrò ai box e scese dall’abitacolo. Ritiro volontario: la paura aveva preso il sopravvento!
Niki Lauda e James Hunt: due piloti e due uomini diversi. Freddo, razionale e calcolatore l’austriaco, soprannominato per questo “il computer”. Genio e sregolatezza l’inglese sia nei circuiti che fuori dalle piste.
Diversi anche i destini dei due grandi piloti. Lauda, dopo il ritiro dalle corse, si dedicò al volo e fondò due compagnie aeree, la Lauda Air e la Niki. Poi il rientro nel mondo della Formula 1, prima come dirigente sportivo alla Jaguar e dal 2012 come Presidente non esecutivo della Mercedes.
Hunt, dopo aver abbandonato la Formula 1, a soli 31 anni, divenne commentatore televisivo per la BBC: fino alla sua morte avvenuta il 15 giugno del 1993, per arresto cardiaco, a soli 46 anni.
Dagli anni 70 al 2015: dalla Formula 1 alla Euro Nascar. Uguali i cognomi, diversi i personaggi.
Freddie Hunt, 28 anni, farà il suo debutto nel campionato: non è mai stato attratto dalla Formula 1 che recentemente ha definito “noiosa e ridicola”.
Il 34enne Mathias Lauda ha invece già un minimo di esperienze nella categoria e nel mondo delle corse.
Entrambi sono ben lontani dalla classe cristallina dei loro padri: e difficilmente potranno raggiungere la loro fama e i loro successi. Ma potrebbero comunque dar vita a nuovi duelli appassionanti. Perché se è vero che corrono per lo stesso team, è altrettanto vero che il primo avversario per un pilota è proprio il compagno di squadra.
Ma Lauda e Hunt non è l’unico caso di duelli che si tramandano da padre in figlio.
Tornando all’altra rivalità epica per la Formula 1, che andò oltre la pista, quella tra Senna e Prost, nella neonata Formula E, il nipote del grande Ayrton, Bruno Senna, con un passato in Formula 1, e Nicholas Prost, figlio di Alain, dopo una breve parentesi da compagni di squadra nella stock-car brasiliana, correranno da avversari. E si dovranno misurare con altri due figli d’arte: Nelson Piquet jr, figlio del tre volte campione del mondo di Formula 1 degli anni ottanta e Jacques Villeneuve, figlio dell’indimenticabile Gilles.
Tornando un po’ indietro poi, a metà anni 90, il circus fu attraversato da altri due confronti generazionali. Il primo vide contrapposti Michael Andretti, figlio del grande Mario, e Christian Fittipaldi, nipote di Emerson. Entrambi non seppero calcare le orme dei più illustri parenti e lasciarono ben pochi ricordi tra gli appassionati.
L’altro confronto fu invece più prolifico e si svolse in casa Williams: nel 1996 tra Damon Hill, rampollo di Graham campione del mondo nel 1962 e nel 1968, e il già citato Jacques Villeneuve.
In una stagione monopolizzata dalle monoposto del team anglosassone, i due piloti si contesero il titolo mondiale fino all’ultima gara dove, grazie alla sua maggior esperienza, prevalse l’inglese. Ma l’anno successivo il canadese ebbe modo di rifarsi e diventare a sua volta campione del mondo: impresa non riuscita al mitico padre.