Il pagellone Ferrari F1 2015, powered by Leo Turrini
La stagione 2015 ci ha dato una Ferrari in grande spolvero, capace di riprendersi dopo un 2014 molto difficile e privo di soddisfazioni. Grazie all’arrivo di Sebastian Vettel, all’insediamento di Maurizio Arrivabene e alla SF15-T, l’annata della Rossa si è condita di 3 vittorie e 16 podi.
A dare un parere sul 2015 della Ferrari è stato Leo Turrini, noto opinionista da sempre vicino all’ambiente della Rossa di cui riportiamo il testo integrale:
“MODDY MENABUE, 10 e lode.E’ il tecnico mandato da Arrivabene sul podio di Singapore con Seb e Kimi, a rappresentare la Scuderia nel giorno più bello dell’anno Rosso. Il gesto non valeva solo per la persona, Moddy è in Ferrari dai tempi del Vecchio, forse capisce più di pallavolo che di macchine, eppure basta non dirglielo, se no si incazza. Grande lui e grande chi lo ha mandato sul palco, eh.
MARCHIONNE, 6,5. Qui parlo esclusivamente in riferimento al settore F1. Le grandi manovre finanziarie (borsa, scorporo, indebitamento coatto, dividendo straordinario, bla bla bla) non mi appartengono, fermo restando che, ammesso interessi, non le condivido. Aggiungo che solo il futuro dirà quanto e come queste iniziative incideranno sulle prospettive del reparto corse: sono azioni senza precedenti nell’economia storica della Rossa, dunque si possono semplicemente avanzare supposizioni. Io suggerisco di tenere bene allacciate le cinture e, se credenti, di appellarsi alla Provvidenza.
Ciò premesso, il Sergione Conceicao Marchionne ‘da Gran Premio’ non mi è dispiaciuto Ha combattuto e sta combattendo le battaglie giuste contro Ecclestone e Todt, ha capito di dover recuperare sul piano politico e non ha esagerato nei commenti e nelle pressioni sul lavoro dello staff. In questo, meglio del previsto. Ma, anche qui, conviene aspettare.
GINONE ROSATO, 10. Non tutti lo conoscono, ma è l’uomo-ovunque della squadra, il segretario generale, il controllore, il custode, il leader internazionalpopolare, il body guard. Viene dalla stessa terra di Sergione Conceicao Marchionne ma è molto meglio. Io sto con Ginone, tra l’altro quando imita Montezemolo, Todt e Raikkonen mi fa sbudellare, una volta al Montana mi ha mandato di traverso un whisky. Formidabile.
VETTEL, 9,5. Io sapevo che era in gamba e ne avevo parlato sempre con grande ammirazione, già quando stava in Toro Rosso e poi in Red Bull figuratevi. Ma mi ha stupito, mi ha restituito entusiasmi che credevo smarriti per sempre. Ho ritrovato in lui e con lui la felicità di essere (Seb, mica io) il protagonista di una avventura straordinaria, perché vincere un mondiale con la Ferrari è una impresa straordinaria, se uno si rende conto che in quarant’anni solo quattro (4) esseri umani sono riusciti nell’impresa.
Della stagione di Seb mi è piaciuto praticamente tutto. La tenacia, L’immedesimazione con le esigenze e con lo spirito della Scuderia. Il mettere sempre il bene del gruppo al primo posto. La sensibilità di chi è in grado di assumersi pubblicamente le responsabilità in caso di errore individuale. Non mi meraviglia che ovunque, non solo in Italia, i ferraristi si siano innamorati di lui.
Io spero di restare vivo fin quando ce la farà, perché temo che, nonostante il suo talento, non sarà una conquista facile. Ma hic manebimus optime, eccetera eccetera.
ANTONINI, 7. In quasi quarant’anni ne ho conosciuti, di pierre Ferrari. Nessuno ha mai raggiunto il livello, mitologico, di Franco Gozzi, che per me è stato uno zio e per il Drake era un supporto straordinario. Ci sono stati addetti alla comunicazione dimenticabilissimi e infatti già dimenticati. Altri da ricordare: Claudio Berro era un genio, riusciva a limare le asprezze di una personcina come Jean Todt, abitualmente simpatica come un gatto selvatico appeso allo scroto. Del Cola non parlo per fratellanza interista, l’affetto mi fa velo. Il meteorico Bisignani ha appena lasciato l’azienda,
Antonini dovrebbe certamente tagliarsi la barba e altrettanto certamente dovrebbe sorridere un po’ di più. Ma capisco la tensione del ruolo, persino l’emozione di chi si trova ad occupare una posizione del genere. Ha scelto un profilo molto basso nell’esercizio delle funzioni sue, non fa il fenomeno, forse perché proviene dal campo, pardon, dalla pista, io me lo ricordo Anto che la sera della domenica del Gp si faceva a piedi tutto il paddock per sentire la versione di un ingegnere Sauber o il problema di un pilota Minardi. Ama l’automobilismo come pochi e non è un fighetta e nemmeno uno sfigato. Insomma, è meno divertente di Ginone Rosato ma gli voglio bene e tanto basta.
SASSI-BINOTTO, 8. E in generale tutto il plotone dei motoristi. Hanno compiuto un mezzo miracolo, se uno ricorda la situazione del 2014. La power unit ha acquisito un livello decente di competitività, si è avvicinata tanto al gioiello Mercedes, eccetera eccetera. Vedere i disastri Renault e Honda per apprezzare. Ma la sfida vera comincia adesso. Mi raccomando, non fate arrabbiare Sergione Conceicao Marchionne.
JAMES ALLISON, 8,5. E’ un mio cavallo. Non ha la spocchia intollerabile di tanti britannici, sarei tentato di affermare che è emiliano sotto la pelle. Aveva ereditato una situazione largamente compromessa, ci ha messo molte pezze, sdoppiandosi tra le funzioni di direttore tecnico e responsabile in pista (dal 2016 la seconda mansione spetterà a Jock Clear). Mi piace il suo realismo, non ti racconta mai balle, non vende fumo. E’ un signor progettista. L’auto 2016 sarà interamente sua: o la va o la spacca. Auguri, però ci credo.
ARRIVABENE, ng. Non posso dargli un voto per una ragione semplicissima: è mio fratello, quindi sarei parziale nel giudizio, totalmente sbilanciato a suo favore. Quando a fine 2014 trapelò da Abu Dhabi la notizia che era l’uomo scelto da Marchionne, gli mandai un messaggio telefonico. Ero sicuro non avrebbe risposto, ci conosciamo da oltre vent’anni ma si sa, i Grandi Ruoli ti cambiano la personalità. Lui no, in un amen si era già messo in contatto. Ama visceralmente la Ferrari, vive per farla tornare grande: dal mio punto di vista, non potrei chiedere di più. Ha un modo di porsi verso l’esterno molto franco e molto diretto, rispetto a gran parte dell’ambiente della F1 è un alieno e infatti se l’Operazione Rinascita non si completasse, ecco, mi aspetto che lo facciano a pezzi, trasformando i pregi di oggi in mostruosi difetti. Così va il mondo e se non altro lui lo sa. Iron Mauri ama dire sempre quello che pensa, io talvolta gli suggerisco di pensare un po’ di più a quello che dice e magari a chi lo dice, eppure il soggetto non lo cambierei mai con un Toto Wolff o con un Chris Horner. Di errori plateali non ne ha fatti, su Kimi ha tenuto la barra dritta, con Vettel ha costruito un rapporto fantastico. In squadra lo chiamano Hunter, perché è il Cacciatore che insegue la preda Mercedes.”
Nel corso dell’anno vi abbiamo raccontato le prestazioni dei piloti e della Ferrari attraverso le pagelle di Greta Bassi e Gianluca D’Alessandro, la nostra abituale rubrica del post gara. È giunto il momento di fare qualche considerazione, anche da parte nostra, a conclusione di questo 2015 che ha riservato grandi soddisfazioni per l’ambiente di Maranello.
Innanzitutto bisogna partire ricordando qual era l’obiettivo fissato a fine 2014 dal nuovo corso di Maranello (Marchionne-Arrivabene) per la stagione seguente: riportare la Ferrari nelle zone alte della classifica, riuscendo a giocarsela con la Williams. L’obiettivo, si può dire, è stato ampiamente raggiunto, andando ben oltre le aspettative, tanto che la stessa scuderia italiana sembrava avere qualcosina di più rispetto a quella inglese. Da Maurizio Arrivabene, oltre all’ambizione di tornare nelle zone alte della classifica, c’era quella di riportare la Ferrari alla vittoria. Anche in questo il team Maranello è riuscito a mantenere le aspettative, grazie ai 3 successi ottenuti da Sebastian Vettel.
Sebastian Vettel. Nel 2014 in molti avevano dubitato delle qualità del tedesco, in quanto il 4 volte campione del mondo non era riuscito ad esprimere tutto il suo potenziale con una vettura, la RB10, con cui non aveva lo stesso feeling che lo aveva portato a vincere i titoli mondiali. Nel 2015, invece, sin dalla prima gara in Australia, Sebastian Vettel sembrava aver ritrovato quel legame con la vettura che gli consentiva di spremere il massimo della vettura. A descrivere la sua grande stagione non sono solo le 3 vittorie, la pole position di Singapore e le ottime prestazioni ma, sopratutto i 13 podi, che lo hanno decretato con il pilota con maggior numero di arrivi a podio al primo anno in Ferrari (record che apparteneva al compagno di squadra Kimi Raikkonen). Sebastian è riuscito a conquistare anche l’amore dei Ferraristi, grazie al suo essere “vero”, un ragazzo onesto, che mette al primo posto gli interessi del team rispetto a quelli personali.
Uno spirito di squadra ritrovato che ha giovato anche a Kimi Raikkonen. Il finlandese, come per Vettel, aveva vissuto un 2014 molto complicato: un feeling con la vettura pessima e un rapporto con l’ingegnere di pista (Antonio Spagnolo) che non era ideale, non aveva permesso a Kimi di esprimere il meglio di se stesso. In questa stagione, invece, il finlandese è sembrato quasi “rinato”, sin dalla prima gara in Australia. Nel corso delle prime gare Raikkonen è sembrato molto competitivo, quasi ai livelli del compagno di team, ritornando anche sul podio dopo oltre un anno di astinenza. Al ritorno in Europa, però, gli aggiornamenti sembravano avere influito negativamente sul finlandese, peggiorando il feeling con la vettura. Per lui poi le soddisfazioni a Monza, con la prima fila e i podi di Singapore e di Abu Dhabi. Sicuramente un Kimi ritrovato dopo un’annata difficile, anche se ci aspetta da lui molta più costanza, quella che è mancata veramente nel 2015.
Al timone del nuovo corso Ferrari, però, è arrivato qualcuno che ha dato un vero scossone all’ambiente, Maurizio Arrivabene: può piacere o non può piacere, ma era quello di cui necessitava la Rossa. Grazie al suo modo di fare, al suo modo di vedere il team e alle sue caratteristiche, è riuscito a ricompattare il team, formando quello che l’anno scorso non c’era, una squadra. Lo stesso team principal ha affermato diverse volte durante la stagione durante le interviste, infatti, che la prima cosa da fare arrivato in Ferrari, è stata quella di ricreare un team, formare una vera squadra che collaborasse per un obiettivo comune e non che fosse formata da soli individualisti. Con l’addio di Fernando Alonso, inoltre, l’ambiente ne ha giovato, perché quell’aria malsana di “amore finito” che si era ormai consumata a Maranello, grazie all’arrivo di Arrivabene e Vettel è sparita, lasciando spazio a slogan, come #PiediPerTerraETestaBassa e a tanti sorrisi. Ne è dimostrazione anche la festa dopo l’ultima gara della stagione, in cui il team si è riunito, come non accadeva da anni, per chiudere in bellezza l’anno.
Insomma, in casa Ferrari è iniziato un nuovo corso. Dal punto di vista tecnico possiamo dire che con la SF15-T è stato fatto molto, è stato fatto un netto passo in avanti rispetto al 2014, ma predire ora dove sarà la Ferrari l’anno prossimo è essenzialmente impossibile. Quello che è veramente cambiato, però, è che ora in Ferrari c’è una vera squadra, c’è un ambiente sereno in cui si può lavorare. Un ambiente in cui, grazie anche alla “ventata di fresco” portata da Sebastian Vettel, il team crede.