Quando alla vigilia del Gran Premio di Gran Bretagna annunciò il suo ritiro dalla Formula 1 a fine stagione, molti appassionati, compreso chi vi scrive, pensarono che la massima serie del Motorsport perdeva, non solo un buon pilota, ma anche una persona e un professionista serio, che ha giovato all’immagine della Formula 1.
Perché Mark Webber, australiano di Queanbeyan, non rimarrà certo nella memoria per i successi ottenuti al volante di una monoposto: nessun titolo mondiale, 9 gran premi vinti e 42 podi su 217 gare disputate. Risultati inferiori alle qualità del pilota, anche soprattutto se paragonate ad altri protagonisti della Formula 1 meno dotati dell’australiano.
Webber è rimasto nel ricordo di molti appassionati per la sua semplicità, per la sua serietà e disponibilità nei confronti dei suoi tifosi e dei giornalisti. Mai sopra le righe, l’australiano ha dato sempre il massimo, eccezion fatta forse nel 2013 quando la decisione di passare alle gare Endurance era stata presa.
Fattosi le ossa nelle categorie minori a ruote coperte e scoperte, la sua carriera in Formula 1 cominciò nel 2001, come collaudatore della Benetton guidata da Flavio Briatore.
L’anno successivo divenne pilota titolare alla Minardi, riuscendo a cogliere al debutto, nel Gran Premio d’Australia, un inaspettato quinto posto, conquistando così i primi punti per la Minardi dal Gran Premio d’Europa 1999. L’australiano, nonostante la scarsa competitività della monoposto, si mise in luce con alcune buone gare che gli valsero un sedile alla Jaguar per il biennio 2003-2004.
Anche alla scuderia inglese le soddisfazioni non arrivarono: solo piazzamenti a punti, ma nessun podio.
Nel 2005 Webber fu ingaggiato dalla Williams in sostituzione di Juan Pablo Montoya, passato alla McLaren. Ovviamente, considerata l’importanza del team, le aspettative erano alte. Ma la scarsa competitività della monoposto e contrasti con il motorista BMW, non gli consentirono grandi exploit. Riuscì tuttavia a conquistare il primo podio in carriera nel Gran Premio di Montecarlo del 2005.
Nel 2007 Webber venne chiamato alla Red Bull: qui sicuramente avrebbe potuto ottenere più successi, e forse anche il titolo mondiale, se non avesse avuto come compagno di squadra il “cannibale” Sebastian Vettel. Una rivalità dura con il tedesco, sfociata anche in incontri-scontri in pista e fuori: anche per il fatto che la scuderia anglo-austriaca tendeva a favorire il tedesco, più forte anche “politicamente” all’interno del team.
Anche per questo la decisione di Webber nel 2013 di abbandonare le ruote scoperte per la gare di lunga durata: la Porsche lo sceglie per il mondiale Endurance, categoria LMP1-H.
Qui il pilota australiano in due anni ottiene le soddisfazioni che gli sono mancate in Formula 1.
Nel 2014 sfiora il successo alla 24 Ore di Le Mans: Webber e i suoi compagni furono costretti al ritiro verso la 21esima ora, dopo aver lottato per tutta la gara per la vittoria.
Nel 2015 finalmente centra la prima vittoria e il titolo mondiale Endurance.
In un’intervista esclusiva rilasciata al sito minardi.it, Mark ha ripercorso la sua stagione di esordio in Formula 1 con la Minardi, la vittoria dell’anno scorso e gli obiettivi per il prossimo campionato.
Qui sotto l’intervista esclusiva così come apparsa sul sito minardi.it
Complimenti per il titolo di Campione del Mondo Endurance con Porsche. Un ritorno alle gare endurance straordinario. In quale momento della stagione, hai capito di poter vincere il mondiale?
Dopo aver ottenuto dei risultati incoraggianti nella parte finale del 2014, durante la gara di Silverstone che ha aperto il nostro 2015 non eravamo del tutto a posto. Per questo abbiamo lavorato duramente per migliorare la nostra 919 in tutti i settori, dimostrando di aver raggiunto una buona affidabilità proprio a Le Mans. In Germania è arrivata la prima vittoria. A quel punto abbiamo iniziato a capire di essere sulla strada giusta per il titolo
Facciamo un passo indietro. Nel 2002 hai debuttato nel Mondiale di Formula 1 con un fantastico 5° posto. Ci racconti quel week-end e la soddisfazione dei primi punti alla prima gara?
E’ stato un periodo speciale per la mia carriera. Conquistare i primi due punti, al debutto in Formula 1 e davanti al pubblico di casa. Ricordo ancora le parole che mi disse Stoddy (Paul Stoddart ndr) “Senti amico, per me sarebbe un sogno portare questa macchina in fondo alla gara” Dopo la partenza ci fu un incidente alla prima curva e, anche se ero riuscito a passare, la mia macchina aveva riportato qualche danno. Nonostante tutto siamo arrivati fino alla bandiera a scacchi, in quinta posizione. Risultato incredibile. La reazione del pubblico è stata incredibile. Un modo speciale per iniziare la mia carriera in Formula 1.
Quando è avvenuto il primo incontro con il Minardi Team F1?
A fine gennaio 2002. Era la prima volta che visitato la factory di un team italiano. Ero veramente contento poiché stavo diventando un pilota di F1.
Dopo la Minardi, sei passato in Jaguar, Williams e Red Bull. Cosa ti ha insegnato l’esperienza di Faenza?
Sicuramente la sua tenacia, nonostante un budgtes molto ristretto. All’interno del team tutti lavoravano alacremente per preparare al meglio le vetture. Nella stagione abbiamo conquistato buoni risultati e mi sono divertito a correre contro team più blasonati.
Hai un ricordo particolare legato a Gian Carlo Minardi?
Gian Carlo è una persona con una grandissima passione per questo sport. Tutti i valori del team arrivavano da lui. C’era una grandissima voglia di far bene e per i piloti ha fatto un lavoro molto importante. Anche se il suo inglese non era buono, così come il mio italiano, mi dava sempre consigli. Ho sempre avuto un buon rapporto con lui.
Torniamo al WEC. Hai dovuto cambiare il tuo stile di guida e il tuo approccio alla gara per adattarlo alla Porsche 919 LMP1?
Il passaggio dalla F1 al WEC ha richiesto un grande processo di adattamento, soprattutto nei primi mesi. Dover condividere la vettura con altri piloti era una sfida nuova per me. Bisogna sicuramente arrivare a compromessi sulla posizione del sedile o della pedaliera, e sul set-up in base a ciascun stile di guida. Un qualcosa di nuovo a cui bisogna adeguarsi gradualmente. Il periodo in Formula 1 da pilota “individuale” mi è piaciuto molto, ma in questa fase della carriera è stimolante condividere le sensazioni coi compagni e con gli ingegneri, per raggiungere il massimo risultato tutti insieme. Le LMP1 sono molto più pesanti rispetto ad una monoposto e anche la posizione di guida è diversa. Tuttavia sono molto piacevoli da guidare, le velocità sono elevate e la costanza è la vera chiave. In queste categorie, come pilota, bisogna essere estremamente versatili adattandosi alle varie circostanze, come guidare alle 3.00 del mattino oppure cambiare la strategia facendo un triplo stint.
Hai sfiorato anche il successo nella 24Ore di Le Mans. Qual è stato il momento più significativo dello stagione?
Le Mans è un evento speciale. E’ una lunga e intensa settimana e la gara è incredibilmente difficile da preparare. Il team è chiamato ad uno sforzo importante. La vettura n.18 ha accusato un problema , mentre le n.17 e 19 si sono dimostrate solide. L’atmosfera è unica e salire sul podio davanti a migliaia di appassionati è un’esperienza irreale. Aver vinto il Campionato del Mondo Endurance all’ultima gara in Bahrain è stato il momento migliore della stagione. Risultato incredibile anche per Porsche che, al secondo anno nel WEC, si è aggiudicata il titolo Costruttori. Sono orgoglioso di aver vinto il Titolo di Campione del Mondo con uno dei marchi più prestigiosi.
Com’è l’atmosfera nel Mondiale FIA WEC rispetto alla Formula 1?
C’è un’atmosfera molto accogliente nel paddock e i costruttori hanno un grande rispetto l’uno dell’altro. All’interno del team poi tutti lavorano per lo stesso obiettivo, ovvero portare le due vetture più in alto possibile. Completamente diverso rispetto a quanto succede in F1. Le comunicazioni tra le due vetture sono aperte e c’è un grande scambio di informazioni tra piloti e ingegneri. La rivalità all’interno del team conosciuta in F1 è praticamente inesistente. Tutti lavorano verso un’unica direzione.
A Silverstone, il 17 aprile, partirà il WEC. Hai già visto e provato la nuova Porsche? Su cosa state lavorando per migliorare una vettura che si è già dimostrata velocissima e affidabile?
Non ho ancora visto la vettura 2016, poiché inizieremo i test a febbraio. Sarà un’evoluzione di quella dell’anno scorso poiché partiamo da una buona base tecnica che ci permette di concentrare gli sforzi in altri settori, come l’efficienza aerodinamica, sospensioni, peso ecc.
Quale altro costruttore ti piacerebbe vedere correre in LMP1?
Ferrari e BMW. Ferrari perché da sempre costruisce auto sportive e BMW perchè potrebbe mettere in risalto le sue tecnologie volte al futuro. Sarebbe fantastico avere entrambi e poter competere con loro in LMP1.
Dopo aver corso con successo in Formula 1 e vinto il Mondiale piloti Endurance, quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
Sarebbe molto bello vincere la 24 Ore di Le Mans. E’ una sfida enorme e un bel fiore all’occhiello per la mia carriera, visto che l’età avanza. Correre mi diverte ancora molto e far parte del programma Porsche LMP1 è molto gratificante.