Definire la storia di Jochen Rindt come quella di un campione “normale” è uno degli errori più madornali che un appassionato di Formula 1 possa mai commettere. Quella di Rindt è l’avventura di un uomo che ha dedicato la sua vita intera per l’automobilismo sportivo, lasciando un’impronta così grande da essere ricordata ancora oggi, nonostante la sua morte avvenuta all’improvviso in un pauroso quanto orribile incidente a Monza. Oggi, senza quel tragico destino, avrebbe compiuto la bellezza di 74 anni d’età. Ma l’eredità lasciata dal pilota austriaco rappresenta un unico nell’albo d’oro della Formula 1 ancora adesso: Rindt infatti, è l’unico pilota della storia ad aver vinto un campionato post-mortem.
La nascita e la questione del passaporto: Il 18 aprile 1942 Jochen Karl Rindt nasce a Magonza, in Germania, da padre tedesco e madre austriaca, la quale ottenne discreti risultati nel tennis. Il periodo storico non è dei più brillanti, martoriato com’è dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1944 infatti, quando la guerra sta ormai per concludersi nel peggiore dei modi per la Germania nazista, le forze Alleate iniziano a colpire pesantemente, tra le altre, anche la stessa città di Magonza. I genitori di Jochen, che all’epoca aveva due anni, muoiono nel corso dei bombardamenti aerei, lasciando quindi già orfano il loro unico figlio. E’ proprio in concomitanza di quell’evento tragico che i nonni materni, una volta venuti a conoscenza della grave perdita, lo adottano immediatamente. I suoi “eroi” però non abitano in Germania, ma nella cittadina austriaca di Graz. Jochen, una volta raggiunta la maggiore età, deciderà (spinto dai consiglio del nonno) di mantenere la cittadinanza tedesca sul proprio passaporto, ma affronterà i circuiti di tutto il mondo con la licenza austriaca. Jochen riceverà in eredità dal padre naturale una sua proprietà, la quale viene venduta dal figlio per potersi acquistare una macchina da competizione. Ciò accadde nel 1961, anno in cui debuttò nei rally.
Le vittorie ed i soprannomi: Dopo essersi fatto le ossa nei campionati minori, Rindt debutta in Formula 2 nel 1964. L’approdo in questa categoria è l’inizio di uno splendido matrimonio di vittorie tra il pilota austriaco e la F2. Fino al 1970, pur correndo nello stesso periodo anche in Formula 1, riuscirà a portarsi a casa 45 primi posti, vincendo, tra le altre, anche la 24 Ore di Le Mans nel 1965.
Pilota dal carattere focoso ed dotato di grande aggressività agonistica in pista, Rindt venne presto ribattezzato con vari soprannomi dalla stampa internazionale, specialmente quella inglese. Sfruttando un gioco di parole con la lingua inglese e con il suo cognome venne ribattezzato “Grindt”, proprio per la sua grinta. Tra gli altri, vanno ricordati anche “Dynamite”, per la sua velocità espressa in pista, e “Tiger”, così chiamato per la forma del suo naso che ricordava quella del felino.
In ogni caso Rindt fece il proprio debutto in Formula 1 nel 1964 al volante della Brabham, proprio in concomitanza con il Gran Premio d’Austria. L’esordio fu però sfortunato, con Jochen che non terminò la gara di “casa” per un ritiro.
Le imprese in Formula 2 gli consentirono di proseguire nella massima serie automobilistica anche l’anno successivo, questa volta al volante della Cooper. Pur ritirandosi anche qui in più circostanze, sfiora il podio nel Gran Premio di Germania, conquistando i suoi primi punti iridati.
L’appuntamento con il podio viene semplicemente rinviato nel 1966, anno in cui l’austriaco ci sale ben tre volte pur senza terminare da vincitore. Prima del 1970, sarà comunque il suo anno migliore, chiudendo la stagione al terzo posto in classifica generale.
Dopo altri due anni tra Cooper e Brabham, condizionati anche da un bruttissimo incidente dove rischia la vita, Rindt viene messo sotto contratto dalla Lotus per 1969.
I successi in Lotus e la scomparsa: Dopo una prima parte di campionato da dimenticare, Rindt, nel Gran Premio degli Stati Uniti, è protagonista della sua prima vittoria in Formula 1, giunta dopo altri tre podi conquistati. Il miglioramento dei risultati fanno da premessa ad un campionato 1970 che dovrebbe incoronare Jochen come campione del mondo.
Dopo un avvio scoraggiante infatti, Rindt si porta a casa ben cinque primi posti, quattro dei quali conquistati consecutivamente. Le vittorie a ripetizione lo portano talmente in alto in classifica che, a quattro gare dalla fine, il titolo potrebbe diventare matematicamente suo.
Per farlo c’è bisogno dell’ennesimo sigillo che lo consegni alla storia. Ancora nessuno sa che il circuito brianzolo lo farà passare alla storia per un altro motivo.
Nel corso delle qualifiche infatti, Rindt perde improvvisamente il controllo della sua Lotus all’ingresso della curva Parabolica. Le cause dell’incidente non furono mai chiarite del tutto, ma la vettura di Rindt andò a scartare impazzita verso le barriere di protezione. L’impatto, e l’alta velocità, distrussero la parte anteriore della monoposto, mentre Rindt subì ferite tremende ed orribili in vari punti del corpo. Pur sopravvivendo all’impatto, i traumi furono talmente gravi che il pilota morì poco dopo lo schianto, mentre si trovava in ambulanza per il trasporto all’ospedale Niguarda di Milano: aveva 28 anni.
Il Gran Premio d’Italia di quell’anno, nonostante il lutto, si disputò ugualmente. Jacky Ickx, secondo all’epoca in classifica generale, tentò di recuperare terreno in classifica sul suo collega ormai defunto. Il belga tentò di superarllo sia a Monza che in Canada, e successivamente negli Stati Uniti. In quest’ultimo gran premio però la vittoria andò ad Emerson Fittipaldi, compromettendo definitivamente ogni tentativo di rimonta di Ickx.
La gara americana segnò una tappa fondamentale della storia della Formula 1. Con il vantaggio accumulato nelle gare precedenti, Rindt mantenne infatti la leadership in campionato, e con i punti conquistati in precedenza si laureò campione del mondo 1970.
Questo rappresenta ancora oggi un fatto unico in Formula 1: Jochen Rindt, infatti, divenne il primo ed unico campione del mondo postumo.
In 62 gare disputate, Rindt vinse “solo” 6 gran premi, molto meno rispetto ai podi ottenuti (13) ed alle pole position conquistate (10).