F1 2016 | Ne vedremo delle belle, fumo compreso!
Il GP del Bahrain, secondo atto del Campionato Mondiale di Formula 1 2016, ha sancito un fatto, scolpito nella pietra: ne vedremo delle belle.
Si può pensare al “solito” campionato, come avviene dal 2014, monopolizzato (con merito e il merito va sempre riconosciuto e sottolineato) dalle Mercedes, si può pensare al solito campionato che vede le Ferrari inseguire, affannosamente, le imprendibili Mercedes, si può pensare al solito campionato in cui tutto appare immutato e immutabile, in vetta, a centro gruppo, in coda.
In realtà, questo inizio di Mondiale ci sta regalando gare imprevedibili e affatto banali. Ne vedremo delle belle, appunto.
Ne vedremo delle belle perché le Mercedes di Nico Rosberg e Lewis Hamilton sono sì le monoposto da battere (le più equilibrate e veloci in ogni condizione e tracciato), ma appaiono tutt’altro che imbattibili. Soprattutto in partenza (specie in quel di Melbourne), le F1 W07 hanno mostrato e mostrano qualche esitazione di troppo. E sappiamo quanto la famigerata “prima curva” possa costituire per ogni pilota una sorta di “trappolone mortale”: Hamilton, proprio a Sakhir, ha sfiorato il patatrac a seguito di un contatto con la Williams di un garibaldino Valtteri Bottas. Può sembrare tutto molto banale e scontato, ma la sensazione che abbiamo è opposta: sarà un mondiale sudato.
Ne vedremo delle belle perché le Ferrari SF16-H di Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen sono sì competitive (tanto il GP D’Australia quanto quello del Bahrain hanno evidenziato la bontà della vettura di Maranallo) ma ancora tremendamente fragili e inaffidabili. Il GP australiano aveva già palesato i due volti della Ferrari. Vettel e Raikkonen perfetti sin dallo stacco della frizione, il quattro volte campione del mondo tedesco in grado di condurre a lungo la gara (per un totale di 32 giri contro i 22 di Rosberg, vincitore) e, infine, di agguantare un terzo posto che, invero, andava anche stretto. Al contempo, Raikkonen era costretto al ritiro a seguito della rottura del turbocompressore. La corsa in terra araba ha confermato questa situazione: da un lato Raikkonen, in grado di cogliere un eccellente 2° posto alle spalle di Rosberg dopo una partenza deficitaria, dall’altro Vettel, tradito dal motore della sua SF16-H nel corso del giro di riscaldamento. Probabile rottura di una valvola (visibili le scintille al momento del cedimento meccanico), episodio che costringerà la Ferrari ad impiegare il secondo motore a partire dal GP di Cina del 17 aprile (Vettel, pertanto, avrà a disposizione solo 4 motori per le restanti 19 gare).
Ne vedremo delle belle perché il mare in cui naviga la scuderia di Maranello è mosso (le parole secche e appuntite giunte ai microfoni RAI, all’insegna della insoddisfazione, di Maurizio Arrivabene sono eloquenti) e rappresenta un punto interrogativo degno di interesse, una incognita tecnico-sportiva attorno alla quale ruoterà questo primo scorcio di stagione. Una situazione tecnica che necessita di provvedimenti immediati. Vedremo come agiranno i tecnici del Cavallino, se e come gestiranno i gettoni di sviluppo, alla ricerca di quella affidabilità che sembra attualmente smarrita.
Ne vedremo delle belle perché, in Casa Ferrari, c’è di che sorridere. Non solo le SF16-H sono competitive (affidabilità del motore a parte…), ma anche le altre vetture spinte dal V6 italiano mostrano una certa, sorprendente vivacità. Su tutte spicca la Haas VF-16, protagonista straordinaria delle parti alte della classifica nelle mani di un rigenerato ed impeccabile Romain Grosjean. Al 6° posto in occasione del GP d’Australia fa seguito il 5° posto (dopo aver assaporato anche la quarta piazza…) colto in Bahrain. Un risultato che lancia Grosjean al 5° posto della classifica Piloti (18 punti, parimenti a Raikkonen) e la Haas al 5° posto nella classifica Costruttori. Sinora, l’Haas F1 Team non ha sbagliato un colpo: strategie ineccepibili, un Grosjean che incanta per velocità e perfezione di guida.
Ne vedremo delle belle perché le Toro Rosso STR11-Ferrari di Max Verstappen e Carlos Sainz incarnano un’altra bella e pimpante realtà, in cui le “power unit” Ferrari ben si sposano ad una vettura ben concepita sotto l’attenta direzione tecnica di James Key. Anche le Sauber C35-Ferrari di Marcus Ericsson e Felipe Nasr hanno mostrato, in Bahrain, segni di ripresa, dando vita a bei duelli e lambendo la zona punti. Un fatto è certo: le “power unit” Ferrari clienti (specie per quanto concerne il cuore dell’unità propulsiva in questione, il V6 Turbo 059/5, 060, 061) palesano una affidabilità ben superiore alle unità ufficiali e più aggiornate impiegate dalla Scuderia Ferrari.
Ne vedremo delle belle perché, alle spalle di Mercedes e Ferrari, c’è un autentico traffico di pretendenti al podio e alla zona punti: dopo le già citate Haas e Toro Rosso, troviamo la Red Bull RB12-Renault/TAG Heuer (sinora veloce e convincente solo nelle mani di Ricciardo, 4° sia un Australia che in Bahrain), le Williams FW38-Mercedes (sottotono rispetto agli standard cui eravamo abituati nel biennio 2014-2015), le McLaren Mp4/31-Honda (ancora in alto mare ma in graduale, se pur lenta, crescita), Force India VJM09-Mercedes. Appena più staccate, ecco la Renault RS16, la già citata Sauber C35 e la più competitiva Manor MRT05-Mercedes, la quale, condotta da Pascal Wehrlein sta dimostrando di poter lottare nel pacchetto di mischia a ridosso della zona punti.
Ne vedremo delle belle perché, pur a fronte dei noti, evidenti e ormai storici limiti e storture concettuali, tecnici e sportivi che contraddistinguono la Formula 1 moderna, la nuova regolamentazione in fatto di pneumatici (benché ancora eccessivamente contorta) offre ai team maggior libertà di scelta, a beneficio delle strategie (ora più differenziate) e, quindi, della imprevedibilità in pista. Chi scrive non ama i pit-stop obbligatori, non ama i tanti pit-stop in nemmeno 2 ore di corsa, non vuole che gli pneumatici vengano strumentalizzati ed usati ad uso e consumo dello “spettacolo”; fatto è che siano benedette le tre mescole a disposizione in ogni GP. Se pit-stop obbligatori devono essere, almeno li si concepiscano con cervello. Come è stato fatto in questo 2016.
Ne vedremo delle belle perché vetture più veloci degli anni precedenti e motori che ancora si rompono sono fattori che, poche chiacchiere e bando alle ciance buoniste, fanno parte del motorismo, della Formula 1. Fattori che gasano, creano interesse e attenzione, generano imprevedibilità, innalzano e nobilitano la sfida.
E anche in Cina ne vedremo delle belle.
Scritto da: Paolo Pellegrini