Nella sua storia cinquantennale la McLaren ha spesso e volentieri avuto la fortuna di poter schierare due grandissimi piloti come compagni di squadra; spesso e volentieri due campioni del Mondo: come scordare la coppia Fittipaldi–Hulme nell’anno della prima doppietta iridata della sua storia, il 1974? O ancora durante l’epoca turbo, quando, a fianco di Prost, il punto fermo del periodo, si alternarono i vari Lauda, Rosberg e Senna? O ancora, in tempi recenti e recentissimi, le coppie Alonso–Hamilton, Hamilton–Button e Button–Alonso?
Semplicemente nessun team può contare un così alto numero di fenomeni riuniti sotto lo stesso tetto, coinquilini dello stesso box.
Tuttavia, in tutto questo, c’è una coppia che al confronto con le altre citate in precedenza quasi svanisce, ma che rimane nei cuori dei tifosi della scuderia di Woking e, più in generale, ogni appassionato la conosce e l’apprezza, vuoi perché rimase unita per un lustro intero, vuoi perché è stata una delle più vincenti nella storia, sia della McLaren che della Formula 1.
Trattasi di Mika Hakkinen e David Coulthard, coloro che possono vantarsi di aver ottenuto per la McLaren, nell’ormai lontano 1998, l’ultimo titolo Costruttori della sua storia. Due dei più forti rivali del connubio Micheal Schumacher–Ferrari, anche se solo Mika può vantarsi di averlo battuto. Due piloti veloci, sicuramente, ma a volte incostanti ed inclini all’errore, e tuttavia capaci di manovre che mai verranno scordate.
I numeri dicono che Hakkinen ha surclassato Coulthard, sebbene non sia mai stato imposto un ordine gerarchico: semplicemente il finlandese era più forte, ma guai a sottovalutare il buon David, il cui unico, vero, problema fu l’incapacità di dare costanza alla sua innata abilità, perché quando Coulthard era in giornata diventava un problema batterlo, anche per gli stessi Hakkinen e Schumacher.
La storia inizia oltre vent’anni fa, il 10 marzo 1996, ai nastri di partenza del primo Gran Premio della stagione, la prima volta che la Formula 1 arriva a Melbourne.
La McLaren è alla seconda stagione della patnership con Mercedes. Il 1995 è stato un anno disastroso, con pochissime soddisfazioni e molti problemi, soprattutto d’affidabilità. Problemi che portarono alla separazione tra il team diretto da Ron Dennis e Nigel Mansell, dopo due gare tutt’altro che memorabili. Il finale di stagione fu quasi la summa di un anno travagliato, causa il tragico incidente, durante le prove libere del GP d’Australia, che vide come protagonista Mika Hakkinen, il quale, per qualche giorno, conobbe l’oscurità del coma, riportando inoltre danni irreparabili all’udito dell’orecchio destro.
Ma Mika non è un uomo che si arrende, tanto da riprendersi in pochissimo tempo. Una prova di carattere fortissima.
A Melborune, in griglia, il finlandese è buon quinto, anche se lontanissimo dall’accoppiata Williams–Ferrari. Il suo nuovo compagno, David Coulthard, giunto dopo aver dovuto cedere il suo posto alla corte di sir Frank ad un certo Jacques Villeneuve, è tredicesimo. In gara David viene costretto al ritiro dall’acceleratore, mentre Mika giunge quinto, staccato di minuto e trentacinque secondi dal vincitore, Damon Hill.
Nel complessivo il 1996 si rivela molto migliore dell’anno precedente, e la McLaren riesce a ottenere sei podi, tra cui il secondo posto di Coulthard a Montecarlo, Gran Premio reso celebre per lo striminzito numero di piloti giunti al traguardo e per la vittoria, impronosticabile alla vigilia, della Ligier di Panis. Ma l’anedotto più curioso e al tempo stesso più divertente di quella gara riguarda proprio David: rimasto senza casco preparato per la pioggia, ne ottiene uno in prestito da Micheal Schumacher, con cui, al tempo, condivideva la casa costruttrice (la Bell), la taglia e anche lo sponsor, Marlboro, main-sponsor sia di McLaren che di Ferrari.
Alla fine dell’anno, contraddistinto dal netto dominio Williams, interrotto solo tre volte da Schumacher e dalla Ferrari (oltre che da Panis a Montecarlo, come detto), Hakkinen risulta quinto nella classifica piloti con 31 punti, mentre David è settimo con 18. La McLaren, come nel 1995, è quarta nella classifica Costruttori, ma con ben 19 punti in più nel proprio carniere.
L’anno successivo, il 1997, porta a Woking due importanti novità, una tecnica e una economica: l’arrivo, dalla Williams, di Adrian Newey e la separazione, dopo oltre vent’anni di collaborazione, dallo sponsor Marlboro, sostituito dalla West. Ciò porta a un deciso cambio di colori, dal bianco/rosso al grigio/nero, i quali, uniti al motore Mercedes, permette alla McLaren di fregiarsi, per qualche tempo, del soprannome di “Frecce d’Argento”, appellativo con cui sono universalmente conosciute le creature della stella a tre punte.
Grazie al lavoro di Newey, il quale tuttavia si concentra soprattutto sul progetto destinato al 1998, la McLaren mostra un notevole miglioramento, tanto che, nel Gran Premio d’apertura, a Melbourne, ottiene il primo successo dai tempi di Senna, grazie a David Coulthard, mentre Mika Hakkinen termina terzo. Per onor di cronaca va ammesso che la vittoria fu propiziata anche dalle sfortune della Williams di Frentzen, il quale ebbe difficoltà durante il pit-stop e quindi fu messo fuorigioco dai freni.
Durante il 1997, caratterizzato dal feroce duello per il titolo tra Schumacher e Villeneuve, terminato con la celebre ruotata di Jerez che costò la squalifica dal Mondiale del tedesco, la McLaren mostra notevoli progressi rispetto all’anno precedente, trionfando pure a Monza con Coulthard e proprio a Jerez, dove Hakkinen conquista, finalmente, il suo primo successo iridato. Tuttavia l’affidabilità torna precaria, come due anni prima, costringendo i due alfieri McLaren a qualche battuta d’arresto di troppo (basti pensare che, nella parte centrale di stagione, Mika fa segnare soltanto quattro punti in undici gara, con ben sette ritiri).
A fine anno in classifica Piloti i due terminano la stagione in terza posizione (Coulthard, grazie anche alla squalifica di Schumacher, con 36 punti) e in sesta (Hakkinen, 27). Nel Costruttori di nuovo la McLaren è quarta, con 63 punti, quattro in meno della Benetton terza, ma qualcosa sta per cambiare.
E qualcosa cambia, l’anno successivo, quando la McLaren, dotata di un terzo pedale subito finito nell’occhio del ciclone, domina incontrastata il GP d’Australia, infliggendo distacchi pesanti al resto del gruppo sia in qualifica che in gara. L’unico imprevisto, per le McLaren, è un improvviso rientro ai box non previsto da parte di Mika Hakkinen, che cede così la prima posizione al compagno. In seguito, per via di un accordo preso prima dell’inizio della gara, che sanciva la vittoria di colui che sarebbe stato in testa dopo i pit-stops, David restituì la posizione al compagno di squadra.
Un inizio scoppiettante, replicato anche nel Gran Premio successivo, in Brasile, dove la McLaren, senza il famigerato terzo pedale, ritenuto non conforme al regolamento dalla FIA, ottiene comunque una sonora doppietta, ancora Hakkinen primo davanti a Coulthard.
Nella prima parte di stagione, in primavera, la McLaren dà costantemente prova di una superiorità a tratti imbarazzanti, soprattutto con Mika Hakkinen, che diventa ben presto il candidato numero uno al titolo, mentre Coulthard, escluso il GP di San Marino, dove ottiene la pole position al sabato e la vittoria il giorno seguente, si dimostra inferiore al compagno.
Ma proprio quanto sembrava tutto deciso in favore di Mika, ecco che arriva la svolta: ad inizio estate Schumacher infila un filotto di tre vittorie consecutive che lo portano a ridosso di Hakkinen, e a Monza, il 13 settembre, addirittura riesce ad affiancarlo nel Mondiale Piloti. Una rimonta che ha dell’incredibile, considerata l’importante differenza in prestazioni che la Ferrari ha spesso e volentieri accusato dalla McLaren. Tuttavia la fortuna, nel finale di stagione, non arride a Schumacher, che termina secondo il GP di Lussemburgo, alle spalle proprio di Hakkinen, e si ritira nel conclusivo GP del Giappone, mentre è terzo, dopo una furibonda quanto disperata rimonta dal fondo della griglia.
Hakkinen è così Campione del Mondo, con 100 punti frutto di otto vittorie e altri tre podii. Da suo canto Coulthard è terzo con 56 punti, quasi la metà di quelli del compagno, frutto di una sola vittoria ma di ben altri otto piazzamenti a podio.
L’anno successivo la sfida Hakkinen–Schumacher, e in più in generale McLaren–Ferrari, sembra destinata a rinnovarsi: la McLaren è ancora l’auto migliore, ma la Ferrari dimostra fin dalle prime gare di essere più vicina alla rivale, oltre che globalmente più affidabile.
A terminarla anzitempo, tuttavia, è il pauroso incidente occorso a Schumacher nelle primissime fasi del GP di Gran Bretagna, nel quale il pilota tedesco riporta la frattura di tibia e perone della gamba destro, un infortunio che lo costringe ad un lungo periodo di riposo.
Tutto pare in discesa per Hakkinen: Schumacher non è più un problema e neanche Coulthard, autore di un inizio di stagione al di sotto delle aspettative. Tuttavia ancora una volta la Ferrari risorge, come l’araba fenice, e lo fa in estate, questa volta con il secondo pilota, Eddie Irvine: l’irlandese, a discapito di qualifiche spesso non ottimali, in gara riesce a ottenere il massimo, addirittura trionfando consecutivamente nei Gran Premi d’Austria e di Gran Bretagna. La McLaren, dal canto suo, ottiene pole position a ripetizione, ma poi in gara non sempre concretizza, vuoi per errori dei piloti (come al via del GP d’Austria, in cui Coulthard toccò il compagno di squadra, mandandolo in testacoda), vuoi per poca affidabilità.
Grazie a ciò, in seguito al pazzo GP d’Europa, corso al Nurburgring, Hakkinen è in testa al mondiale per soli due punti su Irvine, ma dal seguente appuntamento iridiato, in Malesia, penultima prova del mondiale, l’irlandese può contare su un aiuto insperato, quello di Micheal Schumacher, il quale, a tappe forzate, riesce a tornare a correre prima del previsto.
In Malesia il ritorno di Schumacher è fondamentale: il tedesco, dopo aver ottenuto la pole al sabato, lascia via libera a Irvine, che vince la gara e si porta in testa al Mondiale, con quattro punti su Hakkinen, terzo. Il Mondiale si decide in Giappone, dove Schumacher scatta di nuovo dal palo, ma allo spegnimento dei semafori viene bruciato da Hakkinen, che così si invola verso la vittoria, vanamente inseguito dal tedesco.
A fine gara Hakkinen, primo, conta 76 punti; Irvine, giunto terzo, 74: per due soli punti il finlandese è bi-campione del Mondo. Tuttavia il successo non è completo: complice l’ennessimo errore stagionale di Coulthard, che sbatte mentre è terzo, la McLaren perde il titolo Costruttori a vantaggio della Ferrari per appena quattro punti, 128 a 124.
Anche il 2000 viene profondamente caraterizzato dal dualismo tra Hakkinen e Schumacher, ma stavolta la rincorsa all’alloro iridato subisce una modifica: è Schumacher, infatti, a dominare la parte inziale di stagione, ottenendo ben cinque successi contro l’unico di Mika, in Spagna. Parte meglio Coulthard, che vince in Gran Bretagna, Monaco, e Francia.
Ma la parte centale di stagione è largamente favorevole a Mika, che in cinque gare (Francia, Austria, Germania, Ungheria e Belgio) ottiene tre affermazioni iridate e due secondi posti, mentre Schumacher per ben tre gare viene costretto al ritiro e le ambizioni di Coulthard vengono ancora una volta frustrate da prestazioni oggettivamente inferiori a quelle offerte del compagno di squadra.
L’apice Hakkinen lo raggiunge proprio in Belgio, dove parte dalla pole position ma, in seguito ad un errore, deve cedere la leadership a Schumacher. Il Gran Premio pare deciso perché, nonostante vada più veloce, il finlandese non riesce a trovare l’occasione per attaccare il ferrarista, fino al giro 41, quando Mika, al Kemmel, compie una manovra da leggenda: sfruttando il doppiaggio della Bar di Zonta, Hakkinen riesce a prendere in contropiede Schumacher, che si ritrova affiancato dal finlandese, spuntato al suo fianco dal nulla, venendo così costretto a cedere la posizione.
Con questa vittoria Hakkinen guida il Mondiale con sei punti di vantaggio su Schumacher, e il titolo pare prendere nuovamente la strada di Woking, ma Micheal non si arrende, riuscendo a vincere tutte e quattro le gare rimanenti. Hakkinen invece, dopo essere giunto secondo a Monza, deve alzare bandiera bianca a Indianapolis causa rottura del motore. Le residue ambizioni iridate crollano a Suzuka, dove Hakkinen contende per tutto l’arco della gara la vittoria al tedesco, inutilmente.
L’ormai ex-campione del Mondo in carica termina la stagione con un quarto posto in Malesia e 89 punti, diciannove in meno di Schumacher. Coulthard termina terzo, a quota 73: a penalizzarlo, come detto, è una seconda parte di stagione dove lo scozzese non riesce a replicare le prestazioni, spesso ottime, offerte nella prima parte. Nel Costruttori la McLaren è nuovamente seconda, con 158 punti, a cui vanno aggiunti i dieci punti non assegnati al team di Woking per un’irregolarità tecnica riscontrata sulla vettura di Hakkinen nelle verifiche post-Gran Premio in Austria.
Nel 2001 la Ferrari porta in pista una monoposto di molto superiore alla concorrenza, e solo Coulthard, nelle prime gare, riesce a opporre resistenza. Tuttavia ancora una volta lo scozzese paga una seconda parte di stagione di molto peggiore rispetto alla prima, in cui si alternano prestazioni mediocri a guasti meccanici. Ad agosto il Mondiale viene ufficialmente vinto da Schumacher, mentre Coulthard si deve accontentare della piazza d’onore, battendo solo all’ultima gara l’altro ferrarista, Rubens Barrichello. In stagione David vince in Brasile e in Austria.
Assai peggiore risulta la stagione di Hakkinen, costantemente falcidiato da problemi d’affidabilità di ogni sorta: dopo sette gare Mika è già fuori dalla contesa, causa appena quattro punti conquistati e ben cinque ritiri, tra cui quello beffa del GP di Spagna, gara in cui Mika rispolvera il suo talento e la sua abilità e si issa al comando della gara. Ma il 2001 non è, a tutto gli effetti, l’anno di Mika, che infatti rompe il motore a poche curve dalla vittoria, passando il testimone proprio al rivale Schumacher.
La seconda parte di stagione risulta meno avara di soddisfazioni, tanto che Mika riusce ad imporsi in Gran Bretagna e ad Indianapolis, penultima gara della stagione. In precedenza il finlandese aveva comunicato che si sarebbe concesso un anno sabbatico dalla Formula 1.
Mika conclude quinto nella classifica Piloti, con 37 punti, mentre la McLaren è per il terzo anno consecutivo seconda nel Costruttori, ma questa volta il distacco rimediato dalla Ferrari è decisamente pesante: 179 a 102.
Con la gara conclusiva in Giappone, in cui Hakkinen cede la terza posizione a Coulthard, al fine di favorirlo nella lotta per il secondo posto nella classifica Piloti, si interrompe anche il connubio tra il finlandese e lo scozzese; di fatto l’anno sabbatico si tramuta ben presto nel ritiro definitivo per Mika, sostituito in seno alla McLaren da un altro finlandese, molto promettente: tal Kimi Raikkonen.
In seguito Hakkinen si dedicò per qualche tempo al DTM, ottenendo pure buoni risultati. Coulthard invece continuò a correre per la McLaren fino al 2004, ottenendo altre due vittorie, prima di passare alla Red Bull e di ritirarsi, nel 2008.