
Dopo le prime gare, il mondiale 2016 di Formula 1 si approccia ad entrare nella fase estiva del suo calendario, con ancora tanti appuntamenti a separarci dalla classifica pausa di tre settimane nel mese di agosto. Fino ad ora gli spunti che ci hanno dato queste prime sei gare di stagione sono stati moltissimi, partendo dalla forza della Mercedes, capace di ritagliarsi per il terzo anno consecutivo il ruolo di leader in pista grazie ad una vettura, la W07, molto competitiva su tutti i tracciati. Se da una parte c’è chi può fare affidamento su una monoposto che sta dando grandi soddisfazioni, dall’altra c’è chi sta rincorrendo per riportare il mondiale dopo anni di astinenza: parliamo della Ferrari che, dopo un inverno di duro lavoro a Maranello, ha messo in pista una macchina la quale non ha riservato particolari gioie fino ad ora, sia per questioni di affidabilità che di prestazioni.
Non fraintendiamoci, la SF16-H ora viene dipinta come una monoposto peggiore di quello che è realmente, ma di certo non si può dire che la Ferrari al momento sia al livello della Casa di Stoccarda. Il terzo incomodo di questa storia è la Red Bull che, dopo un 2015 privo di soddisfazioni, è tornato alla ribalta con una RB12 la quale negli ultimi due appuntamenti ha dimostrato di potersi giocare la vittoria, seppur con le dovute attenzioni. Infatti non è tutto oro ciò che luccica: da una parte ci sono stati grossi miglioramenti, sopratutto con l’introduzione del nuovo motore Renault a Montecarlo, ma una rondine non fa primavera, come due soli appuntamenti non possono cambiare radicalmente una stagione. Di sicuro, però, una mezza delusione di questo inizio di stagione è la Williams che, nel corso di queste 3 ultime stagioni, ha fatto il gambero: nel 2014 sembrava essere la più diretta rivale della Mercedes, nella passata stagione è passata a terza forza del mondiale, mentre quest’anno sembra una squadra del tutto irriconoscibile, complici strategie gomme e vettura che non sembra essere riuscita a fare quel salto di qualità che, invece, hanno fatto i competitors. Nel corso degli ultimi tre anni la performance e il ruolo nel campionato di questi quattro team sono considerevolmente cambiate: andiamo ad analizzarle a partire dal 2014, arrivando a fare in particolare una riflessione su questa stagione.
Mercedes
Ancor prima che iniziasse ufficialmente l’era turbo-ibrida nel 2014, la Mercedes era già tra le favorite secondo gli specialisti del settore, non solo per le parole di Ross Brawn, allora team principal del team tedesco, ma anche per i segnali che arrivavano da Stoccarda che vedevano la scuderia un passo avanti sul lato Power Unit, grazie anche alle numerose conoscenze ottenute sul mondo dell’ibrido attraverso la sua implementazione su vetture stradali. Nessuno, però, si aspettava che tale vantaggio potesse trasformarsi in un dominio come poi è effettivamente stato: su 44 appuntamenti sono state ben 37 i successi del team tedesco. Agli avversari sono rimasti solo le briciole, con le quattro vittorie della Red Bull e le tre della Ferrari. Nel 2014 la superiorità era quasi imbarazzante e ciò che più stupiva è come la vettura non fosse particolarmente estrema: certo, c’erano delle soluzioni molto interessanti, come la sospensione anteriore a diapason, ma nulla di particolarmente spinto. Eppure la vettura era anche facile da guidare, stabile e non particolarmente nervosa. La differenza la faceva la Power Unit, vero punto di forza del team della Stella a tre punte: Ferrari e Renault erano veramente indietro, infatti anche i team di secondo piano ma motorizzati Mercedes riuscirono a ritagliarsi la propria fetta di spazio.
Quello del 2014 fu un mondiale dominato, mentre nel 2015 la storia iniziò a farsi più complicata già alla seconda gara, per colpa della Ferrari. A sorpresa il team di Maranello riuscì ad imporsi in Malesia e questo costrinse la squadra tedesca a spingere sullo sviluppo della vettura, presentandosi a Barcellona con un pacchetto evolutivo molto interessante. Inutile negare come da quella gara Lewis Hamilton e Nico Rosberg ripreso il largo sulla Ferrari, fino all’appuntamento dell’Ungheria dove una prestazione non troppo positiva dei piloti lasciò campo libero al successo secondo successo stagionale. Gran Premio di Singapore a parte, dove le ragioni di quella debacle non furono mai chiarite espressamente dalla Mercedes, la squadra tedesca ha sempre avuto lo scettro di più veloce in pista, ottenendo vittorie in modo piuttosto semplice, nonostante l’ardua resistenza di Sebastian Vettel, vero rivale nell’anno passato.
La sfida con la Ferrari per il 2016 sembrava più accesa che mai e per fronteggiarla, a Stoccarda hanno messo in pista la W07, una vettura non rivoluzionaria rispetto al modello precedente, bensì un’evoluzione. Sono stati diversi i punti modificati, a partire dall’anteriore con un terzo elemento della sospensione idraulico e l’introduzione dell’S-duct, passando al posteriore con un disegno del retrotreno leggermente rivisto. Anche quest’anno la Mercedes si è dimostrata la squadra da battere ma, rispetto alle stagioni passate, il problema dell’affidabilità si è fatto sentire particolarmente, sopratutto per Lewis Hamilton, costretto per ben due volte a saltare la Q3 e rallentato anche in gara a causa di problemi cronici collegati sopratutto alla MGU-H e, più in generale, alla Power Unit. È possibile che, con l’avvinarsi della Ferrari, il team tedesco abbia richiesto più performance alla propria vettura, andando su quel limite tra affidabilità e rottura. C’è da evidenziare, infatti, che anche per Nico Rosberg nei primi Gran Premi ci sono stati diversi problemi di affidabilità, seppur non evidenti come quelli capitati al compagno: in particolare, il tedesco ha sofferto molto l’impianto frenante, spesso non raffreddato a dovere. Questi problemi, uniti all’incidente occorso in Spagna tra i due piloti, hanno tolti parecchi punti per la classifica: ciò che lascia più sorpresi è come anche in Mercedes, per una volta, sembrano non essere riusciti a capire quali siano i problemi che affliggono i due loro alfieri e, sopratutto, come risolverli. Il problema sulla Power Unit di Hamilton sembrava risolto, invece già prima del fine settimana di Monaco si parlava di una possibile introduzione di una quinta unità fresca sulla vettura dell’inglese: problemi che poi si sono verificati, ancora una volta, nelle fasi iniziali del Q3 in qualifica. Sarebbe interessante capire se il problema avuto ai freni a Montecarlo da Rosberg sia lo stesso che ha quasi costretto il tedesco al ritiro in un appuntamento precedente. Questo per dire cosa? La Mercedes ha indubbiamente la vettura più competitiva di tutto il lotto, sarebbe impossibile negarlo, ma quest’anno l’affidabilità per la scuderia tedesca sarà certamente un chiave di lettura per il campionato molto importante.
Ferrari
Il 2014 per il team di Maranello doveva essere l’anno della riscossa, quello dove puntare concretamente al titolo dopo anni di delusioni, sopratutto dal punto di vista degli aggiornamenti. Ma come disse Luca Baldisseri al noto giornalista Leo Turrini, uno dei protagonisti dei successi con Michael Schumacher, “a Maranello abbiamo sempre avuto la tendenza a concentrarci molto sull’immediato, sulle esigenze del presente. Sottovalutando l’impatto dei cambiamenti di regole”. Insomma, in Ferrari si pensa più a vincere nell’immediato, considerando anche la storia e la pressione che c’è su questo team sull’essere al top ogni anno, piuttosto che pensare in prospettiva, come accade anche nel 2014: c’è da dire che alla Rossa mancavano anche le basi dell’ibrido che, invece, avevano in Mercedes e riuscire a mettere in campo una Power Unit competitiva non fu semplice, sopratutto pensando che proprio questa componente fu sacrificata per l’aerodinamica. La F14-T doveva essere una monoposto altamente efficiente dal punto di vista aerodinamico e la Power Unit doveva essere sacrificata proprio in favore di ciò che negli anni passati non era stato un punto di forza della Rossa: è un paradosso perché ciò che era un punto debole rispetto agli avversari doveva improvvisamente diventare un punto forte. La stagione sicuramente fu poco entusiasmante, con due soli podi, anche se la giusta spinta per dare alla Ferrari una vera rivoluzione: via quelli che erano considerati i punti deboli nell’organico, come Tombazis e Fry, al timone passa Allison e spazio a Resta e Binotto. Arriva un nuovo team principal e un nuovo pilota pieno di entusiasmo al posto di chi ormai aveva fatto il suo tempo ed era alla ricerca di una nuova sfida. Le prestazioni sin da inizio stagione furono strabilianti: nessuno si aspettava che alla seconda gara la Rossa potesse addirittura vincere e non di fortuna, ma di pura performance. Nelle prime quattro gare la Rossa fu veramente vicina, tranne in Australia, alla diretta rivale, riuscendo a sfiorare la vittoria con Kimi Raikkonen in Bahrain. Dal Gran Premio di Spagna, però, Mercedes portò un pacchetto di aggiornamenti corposo che diede immediatamente gli effetti sperati, mentre quello Ferrari non diede alla Rossa ciò che si sperava: in particolare Raikkonen trovò molte difficoltà, tanto che per la gara decise di usare il vecchio pacchetto. La svolta per la Rossa arrivò nella parte centrale del campionato, intorno alla pausa estiva: i trionfi in Ungheria e Singapore, oltre alla buona prestazione di Monza sembravano poter dare speranze di un possibile rientro nella lotta per il mondiale, brutalmente spezzata già in Giappone. Nel frattempo si lavorava già per la stagione 2016, quella che, secondo il presidente Marchionne, doveva essere quella per la lotta al titolo. Così il 2015 si concluse con una Ferrari ancora distante dalla Mercedes, ma già con un passo avanti rispetto all’anno passato. Nell’inverno a Maranello hanno lavorato intensamente, dalle sospensioni al motore, per far si che la vettura fosse all’altezza della nuova W07: si è tentato di fare un progetto estremo, perché a partire dal muso fino ad arrivare alla zona coca cola, questo è un progetto che può essere definito tale (anche se non ai livelli Red Bull con la RB12). Non tutto ciò che luccica, però, è oro: infatti la SF16-H ha subito denotato sin dai primi test alcuni problemi di affidabilità che si sono poi ripetuti in gara, prima con la rottura del sistema turbocompressore con Raikkonen in Australia (per via di un’errata gestione dello stesso durante la bandiera rossa) e poi con la rottura del motore di Vettel ancor prima di partire in Bahrain. L’allarme affidabilità era evidente e, per questo, la Ferrari è stata costretta a correre con della mappature più leggere per la propria Power Unit, in attesa di una soluzione. Quando da un anno all’altro cambi così radicalmente la vettura è inevitabile pensare che qualche problema di affidabilità ci possa essere e così è stato: non è una critica, ma un’osservazione della realtà. Oltretutto il fatto che Vettel dopo sole quattro fare fosse già al terzo motore non poteva di certo lasciar presagire segnali positivi. Mettere a confronto i risultati della stagione 2015 e quella 2016, però, non ha particolarmente senso, proprio perché sono situazioni completamente diverse. Dire che in questo momento la Ferrari abbia meno punti dell’anno scorso è una constatazione legittima, ma non rispecchia la realtà, perché la vettura, al netto dei problemi, è migliorata. È migliorata sotto l’aspetto della performance e sotto l’aspetto delle sensazioni, tanto che anche Kimi è riuscito a trovarsi subito a suo agio con la monoposto. Vero, manca una vittoria, ma la vettura, con una strategia migliore, avrebbe potuto portare a casa due successi. Mancano punti sopratutto per le sfortune che l’hanno vista protagonista ad inizio stagione, con incidenti e rotture. Ciò, però, non può essere una scusa, perché l’obiettivo era la Mercedes e ancora oggi non si è al loro livello. Bisogna lavorare con piedi a terra e testa bassa, perché la strada è in salita: nulla è impossibile, ma di certo non sarà semplice. Però dire che questa vettura sia peggiore di quella della passata stagione, sopratutto basandosi solo sui numeri, vuol dire prendere una gran cantonata.
Red Bull
La Red Bull all’inizio di questa nuova era turbo veniva da quattro anni di dominio, conditi con ben 8 titoli mondiali, tra piloti e costruttori. In un’era dove, però, doveva è il motore a dover fare la differenza, da un team che ha vinto sopratutto per l’aerodinamica non ci si sapeva cosa aspettare, anche perché molto stava a Renault e non a loro. Infatti le difficoltà non tardarono ad arrivare, con i test pre-stagionali che furono un completo disastro, tra rotture e lunghe pause all’interno dei box. Incredibilmente, però, quei problemi sparirono da un momento all’altro prima della gara inaugurale del campionato, dove riuscirono a cogliere un grande secondo posto (poi revocato per qualifica). Nel corso del campionato andò a fasi alterne, con ottimi risultati, non solo le tre vittorie con Daniel Ricciardo, ma anche con i tanti podi conquistati. Con l’addio di Sebastian Vettel in direzione Ferrari, in Red Bull arriva quella che doveva essere una nuova stella, Daniil Kvyat: l’inizio 2015, però, si rivelo veramente complicato per il team di Milton Keynes, sopratutto a causa delle rotture, risultando mai competitiva anche per la scarsa performance della vettura. L’annata non fu certamente positiva e i podi conquistati in Ungheria furono solo una magra consolazione. L’inizio 2016, invece, è stato a fasi alterne: da una parte del box Daniel Ricciardo andava molto forte, mentre dall’altra Daniil Kvyat arrancava in qualifica senza un reale motivo, sempre con problemi alla vettura, costringendolo a partire da metà/infondo lo schieramento. La prestazione però di certo non era quello al livello di Mercedes e Ferrari e anche quando andarono a podio in Cina, il deficit con la Rossa c’era. C’è da dire che anche ora la Red Bull non è al livello della Ferrari e qui bisogna constatare i tempi: in Spagna il passo gara della Rossa era nettamente migliore di quello di Verstappen e Ricciardo. A Monaco la situazione si è invertita, ma quello di Montecarlo è un circuito talmente atipico che è difficile giudicare realmente le prestazioni delle vetture. Con l’aggiornamento di motore ottenuto proprio durante l’ultimo week end la prestazione dovrebbe essere migliorata, ma sarà interessante vedere in Canada dove sarà realmente.
Williams
Avete presente il gambero che torna indietro? Più o meno questi tre anni è successo questo in casa Williams: un grandissimo 2014, un 2015 meno positivo e un 2016 che sta diventando quasi anonimo. In nessuna di queste tre stagioni di era turbo l’inizio di campionato è stato entusiasmante, anzi spesso si è raccolto meno di quanto si sarebbe potuto ottenere. Nel 2014 impressionò in particolare alla prima gara Valtteri Bottas che, tra toccate al muro e sorpassi, fece un’ottima gara, confermando le buoni doti della Williams. Nel corso dell’anno la vettura è progredita, giocandosi con la Red Bull il secondo posto nei costruttori, conquistando numerosi podi. Nel 2015 l’inizio di stagione, come l’anno precedente, non fu esaltante, sopratutto a causa di tante occasioni perse per strategie ed errori ai box che hanno penalizzato pesantemente il team inglese. Ciò che ha deluso realmente nel 2015 della Williams è il fatto che con la Ferrari a livello di prestazione ci fosse una differenza importante, molto più ampia di quella che c’erano nel 2014 con la Red Bull. Nel 2016 si conferma un trend di inizio stagione non particolarmente positivo, sopratutto a causa della scelta delle gomme. La FW38 è un evoluzione della vettura della scorsa stagione e va a migliorare tutti quei punti in cui la monoposto del 2015 ha sofferto, ma la Williams di questi tre anni ha dato la sensazione di essere stabile e costante, non facendo un passo avanti ma neanche un altro indietro. È rimasta costante, però gli altri team sono migliorati, lasciando la scuderia di Grove al palo che comunque, tenendo conto del budget a disposizione, ha fatto un grandissimo lavoro. Però per tornare ad avvicinarsi a quelli davanti serve un lavoro migliore, una ricerca di performance e una strategia gomme migliore.