Si respira un’aria di festa, quel 17 agosto 1975, nelle vicinanze di Spielberg, sede del Gran Premio d’Austria. Centinaia di migliaia di tifosi austriaci (e non solo) si sono riversati sul circuito dell’Osterreichring sicuri che, entro qualche ora, avrebbero applaudito all’incoronazione del loro idolo, Andreas Nikolaus Lauda, quale nuovo campione del Mondo. E in effetti al pilota della Ferrari manca davvero un nonnulla: un solo punto; un misero punto lo divide dal realizzare il sogno di una vita.
Dopo essersi scontrato contro una famiglia per niente propensa ad assecondare i suoi desideri e i media che gli davano ben poco credito; sembra giunto il momento in cui sarebbe stato ripagato di tutti i suoi sforzi.
E al sabato, nelle qualifiche, Lauda non delude: ottiene la pole-position, la settima stagionale, davanti all’amico-rivale James Hunt e all’oramai ex-campione del mondo Emerson Fittipaldi. Insomma la gara pare poter essere una cavalcata trionfale verso l’iride per Niki, ma un improvviso acquazzone manderà all’aria i suoi piani, ad iniziare dalla partenza, rinviata di ben 45 minuti.
La partenza vede un grandissimo scatto di Patrick Depailler, partito dalla quarta fila con la sua Tyrrell, ma la sua leadership dura solo poche curve: al termine del primo giro Lauda è già tornato in testa, inseguito da Hunt e da Depailler. In un contesto così complicato le differenze prestazionali tra le varie vetture si livellano, dando l’opportunità all’estro dei piloti di emergere.
Ed è qui che entra in scena il vero protagonista della storia, Vittorio Brambilla: l’ex-centauro, alla guida della March, scuderia gestita da Max Mosley, è stato un’autentica sorpresa durante la stagione, ma l’estrema inaffidabilità del mezzo gli ha impedito di ottenere risultati di grido. Ma quel giorno, sotto il temporale, Brambilla naviga la sua monoposto con maestria, arrivando addirittura al comando della gara, e guadagnando ad ogni giro sugli inseguitori, capitanati da Hunt.
A metà gara il temporale diventa un diluvio talmente intenso che consiglia ai commissari, già provati dalla tragica fine dell’asso di Indianapolis Mark Donohue, deceduto nel warmup della mattina, di interrompere la gara, mentre Vittorio comanda le danze. Alla vista della bandiera a scacchi Brambilla alza il braccio in segno di vittoria, perdendo il controllo della sua vettura e finendo contro i guard-rail che delimitano il tracciato, ma ormai ha vinto lui, il primo successo di un pilota italiano dal GP d’Italia 1966, quando a vincere fu Ludovico Scarfiotti su Ferrari (ma qui si apre un’altra storia).
Secondo è Hunt, terzo il compianto Tom Pryce. E Lauda? Sesto, davanti al compagno di scuderia, Clay Regazzoni. La gara, non essendo arrivata al 75% della percorrenza totale, assegna solo metà punteggio. Per Lauda c’è solo mezzo punto, non sufficiente per consegnarli l’iride.
Ma in fondo è giusto così: quel 17 agosto 1975 è il giorno di Vittorio Brambilla e della sua impresa: sarebbe quasi stata un’ingiustizia se quel risultato storico fosse stato offuscato dalla vittoria del Mondiale da parte dell’idolo di casa.
Per Niki l’appuntamento con un destino ormai inevitabile è rimandato solo di poche settimane, un destino che si realizzerà nel tempio per antonomasia della Ferrari: Monza.