L’Hungaroring è un tortuoso kartodromo, un arroventato budello d’asfalto nella pianura magiara che diventa il centro del mondo una volta l’anno, da trent’anni. Era il 1986, infatti, quando si celebrò uno dei simboli del capitalismo più sfrenato nel bel mezzo del blocco comunista, quando, cioè, quel genio di Ecclestone infilò, per la prima volta nello stesso calendario, il glamour allo champagne del principato di Monaco e la cortina di ferro sovietica; da allora, il Gran Premio d’Ungheria non ha mai saltato una tappa.
Nel Gran Premio d’Ungheria l’aspettativa del forte caldo rende cruciale la durata dei pneumatici, mentre l’aspettativa di una gara che si prefigura come un trenino di monoposto per X giri influisce pesantemente sull’umore dello spettatore, il quale, nel torpore estivo e sportivo, spesso trascorre il tempo della gara a gettare sguardi languidi a coloro che si divertono nel parco acquatico adiacente al circuito.
Nel Gran Premio d’Ungheria, così come a Monaco, partire dalla pole è fondamentale.
Nel Gran Premio d’Ungheria, quindi, più che altrove, la noia è in agguato e spesso questa gara assurge ad archetipo della Formula Un…anoia nella quale ci si diverte più nel paddock fra ospiti bizzarri ed eventi che in pista. O quando qualcuno si distrae e finisce nelle barriere. Come a Monaco, del resto.
Nel Gran Premio d’Ungheria, però, basta poco – un acquazzone, una strategia azzardata, un pilota che non conosca il significato delle parole impossibile sorpassare – ed ecco che un pomeriggio di Formula Noia si trasforma in un contenitore di sorprese passate, in certi casi, alla storia del motorsport. Un po’ come succede a Monaco.
L’Hungaroring, infatti, se molte volte ha favorito lo scivolare nella pennica postprandiale, altre volte è stato teatro di azioni memorabili e di episodi degni di nota. Non è forse vero che, proprio in quella prima, storica gara, assistemmo a uno dei sorpassi più azzardati e magnificamente arroganti mai portati a termine, vale a dire la manovra in derapata con cui Nelson Piquet superò Ayrton Senna? O che, nell’edizione 1989, una delle tante scritte nella personale colonna delusioni della Ferrari, un mai domo Nigel Mansell, che partiva dodicesimo, superò tutti fino a vincere, di forza e di talento? E, sempre alla voce “gente che non conosce il significato delle parole impossibile sorpassare”, ci ricordiamo certamente del recente 2014, quando Daniel Ricciardo vinse in rimonta sbarazzandosi, sul suo percorso, anche delle imbattibili Mercedes e di un valoroso Alonso, secondo con una disastrosa Ferrari. Vedrete, le Frecce d’Argento saranno imbattibili all’Hungaroring, nemmeno se piove guarda, prepariamoci al solito trenino …
Spesso all’Hungaroring non succede mai niente di nuovo, eppure il circuito magiaro ha tenuto a battesimo diversi implumi piloti, battezzandoli con lo champagne delle loro prime vittorie. Uno su tutti, Jenson Button nell’edizione 2006, quando danzò fra pioggia e safety car e regalò alla Honda un alloro epocale; ma molti ricorderanno Mr Sono Il Numero Cento, Il Finlandese Altro Da Raikkonen, cioè Heikki Kovalainen, che si portò a casa un’anomala edizione 2008 come prima e unica vittoria in Formula Uno, diventando il centesimo pilota vincitore di una gara. E poi c’è l’edizione 2003, che, magari, non sarà stata una delle più emozionanti, ma da lì iniziò l’avventura di vincitore di Fernando Alonso e del suo indiscutibile talento.
E cos’hanno, invece, in comune, le edizioni 1997 e 2015? Che a vincerle non furono i favoriti o quelli che partivano in pole. Eh, lo so che Damon Hill non vinse, quella volta, al volante della misera Arrows, però lui resta il vero trionfatore in quella che è stata definita la gara dal finale più spaccacuori prima di LeMans 2016. L’anno scorso, invece, a spingere la Ferrari di Sebastian Vettel c’era un angelo, ma questa storia già la sapete.
Acquazzone, gente che non conosce il significato delle parole impossibile sorpassare … Manca la strategia azzardata. Ah no: a quella ci pensò Ross Brawn nel 1998, quando intuì che, per battere le imbattibili McLaren Mercedes di Hakkinen e Coulthard, bisognava fare tre soste laddove gli altri ne facevano solo due. Per riuscirci, però, gli serviva un pilota fuori dal comune. Ma lui aveva Michael Schumacher.
Domani scenderanno in pista i bolidi per la trentesima edizione del Gran Premio d’Ungheria. Auguri, Hungaroring, luogo delle nostre estati motoristiche e delle sorprese inattese di questa Formula Unanoia.