Non capita spesso che un circuito di Formula 1 sia famoso a livello mondiale ancor prima dello sbarco nella massima serie automobilistica. È il caso dell’Hockenheimring, circuito costruito nella Germania del sud, nel Baden-Wüttemberg.
La prima volta per le monoposto di Formula 1 fu nell’anno 1970, ma già due anni prima il tracciato era finito sotto i riflettori della cronaca, purtroppo quella nera: il 7 aprile 1968, durante una gara di Formula 1, era venuto a mancare il grande Jim Clark, il miglior pilota dell’epoca nonché detentore, grazie a venticinque affermazioni, del record di vittorie nel Mondiale di Formula 1.
Nonostante la dipartita del proprio punto di riferimento, la vena creativa di Colin Chapman, patron della Lotus, non si era offuscata, tanto da vincere entrambi i campionati, sia Piloti che Costruttori, quel medesimo anno.
Quindi, dopo un anno più avaro di soddisfazioni (e un nuovo, terribile, incidente, stavolta con protagonista Graham Hill), il ritorno alla ribalta, grazie a una macchina totalmente nuova e destinata a fare la storia della competizione per un intero lustro: la Lotus 72, affidata alla nuova prima guida della scuderia britannica, l’austriaco Jochen Rindt.
Jochen, pilota veloce ma sfortunato, in quel 1970, non conosce alternative: o vince, o si ritira. Nelle prime sette gare dell’anno coglie quattro successi, che lo proiettano, all’arrivo in Germania, al primo posto della classifica, forte di 36 punti, undici in più del secondo, il vecchio Jack Brabham, alla sua ultima stagione.
Gli altri sono ancora più indietro: il campione del mondo Jackie Stewart, dopo un ottimo inizio, ha dovuto scontare i problemi di una March che non riesce a mantenere le ottime promesse iniziale; la McLaren deve ancora riprendersi dallo shock causato dalla prematura morte del suo fondatore, Bruce, morto a Goodwood il due giugno; infine la Ferrari, dopo un 1969 tremendo, ha portato in pista una nuova macchina, la 312B a motore boxer, bellissima e velocissima, ma anche estremamente inaffidabile, addirittura il belga Jacky Ickx, pilota di punta del team italiano, ha appena 4 punti nel carniere.
Ma sarà proprio quest’ultimo, il 2 agosto 1970, il più irriducibile avversario di Rindt.
Partiti in prima fila, i due si danno battaglia per tutti i cinquanta giri in programma, alternandosi varie volte in testa ai giochi, e rifilando al resto del plotone grandi distacchi fin da subito. L’unico che riesce a tenerne il ritmo è il ticinese Clay Regazzoni, compagno di squadra di Ickx, che agevolmente recita la parte del terzo incomodo, addirittura riuscendo a portarsi al comando per due giri verso metà corsa, prima che un problema al cambio, e successivamente un guasto al motore, non lo costringano ad un immeritato ritiro.
Se fosse stato un incontro di boxe, ai punti avrebbe vinto il belga, in testa per trentuno giri contro i diciassette dell’austriaco, ma, grazie ad un sorpasso, decisivo, compiuto nel penultimo giro, a giungere per primo davanti alla bandiera a scacchi è proprio Rindt, che così, cogliendo il quinto successo della stagione, il quarto consecutivo, si porta a venti punti di vantaggio su Brabham (ritiratosi dopo appena quattro tornate per una perdita d’olio) e a ben trentacinque su lo stesso Ickx.
Sarà questa la sua ultima vittoria: appena un mese più tardi, il cinque settembre, durante le prove di qualificazione del GP d’Italia, Rindt esce di strada alla Parabolica ed impatta contro le barriere di protezione: l’imbatto non era dei peggiore, ma la ruota sinistra anteriore s’infilò sotto il parapetto, forse a causa di una buca scavata da alcuni tifosi per entrare di nascosto all’interno del circuito, causando lo sfondamento dello sterno del pilota da parte del piantone dello sterzo.