Serpeggia un certo senso di curiosità quando, il giorno in cui viene comunicato il calendario ufficiale del Campionato Mondiale di Formula 1 1986, tra le varie località che ospiteranno un Gran Premio iridato spunta il nome di Budapest, capitale dell’Ungheria.
Per la prima volta dalla sua istituzione, la massima competizione automobilistica fa tappa nell’Est Europa, nel blocco sovietico.
Un blocco che per la verità comincia ad avvertire i primi scricchiolii, complice una situazione politica e sociale sempre più precaria, e le cui fondamenta stanno per cedere di schianto, concludendo una partizione diadica mondiale che esiste da oltre quarant’anni.
E il governo ungherese è tra i primi capaci di avvertire questa brezza che a breve diverrà tempesta, e che farà crollare il sistema socialista. Ecco spiegata una politica basata su una progressiva apertura all’opposizione democratica oltre che al Mondo Occidentale, e uno dei risultati di questa attività è la costruzione dell’Hungaroring, che il 10 agosto 1986 ospita, per la prima volta, una gara di Formula 1.
La temperatura in quel week-end così particolare è rovente: a renderlo tale, oltre alle temperature, tipicamente estive, è l’assoluto equilibrio che regna nel Mondiale, o almeno in quello Piloti: ben quattro piloti sono racchiusi in soli tredici punti, e che piloti: Nigel Mansell, il baffuto pilota inglese, è primo con 51 punti; il suo neo-compagno alla Williams, Nelson Piquet, è quarto, a quota 38; tra i due galletti, il Campione del Mondo in carica su McLaren, Alain Prost, 44 punti, e il giovane brasiliano della Lotus Ayrton Senna da Silva, giunto a 42.
I quattro si sono spartiti quasi alla pari le prime dieci gare stagionali, mentre per tutti gli altri, compresi Keke Rosberg e i due alfieri Ferrari, Alboreto e Johansson, rimangono da spartirsi solo poche briciole e ruoli da comparse.
E a fare l’effimero ruolo di comparse sono destinati anche in questo caso, perché i Fantastici 4 sin dal sabato fanno bene intendere che i protagonisti saranno di nuovo loro, e soltanto loro.
In pole-position scatta Senna, giovanissimo eppure già maestro del giro veloce al sabato, davanti al connazionale Piquet. In seconda fila si schierano Prost e Mansell; tutti e quattro vicini tra loro quanto superiori al resto del plotone, tanto che il quinto, Rosberg, rimedia un distacco di sei decimi dal pilota inglese.
Tuttavia il primo Gran Premio ungherese nella storia non diventa uno scontro a quattro: quasi a farlo apposta, la Formula 1 propone, all’interno del blocco sovietico, uno scontro degno dei migliori western americani, con due sfidanti che, dopo essersi provocati incessantemente, risolvono la contesa con uno scontro risolutivo, tra la polvere e la calura dei deserti del Vecchio West.
A interpretare i due pistoleri ci pensano i due brasiliani del gruppo, Piquet e Senna, i quali, esattamente come accade in questo genere di film, si detestano, quasi non si possono vedere, soprattutto Piquet che, divenuto l’idolo delle folle brasiliane, si è visto invadere il proprio territorio da quel giovane paulista capace di fare magie fin da subito, oltre che di entrare nel cuore della gente con una semplicità quasi imbarazzante.
Ma Piquet non ci sta a fare la fine del vecchio campione gradualmente dimenticato da coloro che una volta lo tifavano e, non appena avvertita la minaccia, ha iniziato una vera e propria campagna mediatica contro Ayrton, fatta di parole sprezzanti e cattive, che nel profondo feriscono Senna, ma non lo piegano.
E così, grazie a questa rivalità carioca già sfociata nell’odio, il GP d’Ungheria 1986 diventa fin dalle battute iniziale una questione privata tra i due rivali; con buona pace di Mansell, che comunque giunge buon terzo, e di Prost, il più sfortunato dei quattro, fuori-gara dopo appena 23 giri per incidente.
Ben presto le telecamere posizionate lungo il perimetro del circuito non fanno che riprendere la nera Lotus tallonata dalla Williams giallo-blu. Piquet pare essere più veloce, ma Senna non si scompone, e non offre il benché minimo spazio per infilarsi.
Piquet, in un tentativo di sorpasso alla Curva 1, arriva pure lungo, come esasperato dalla coriacea difesa nel Nemico per eccellenza.
Sempre proprio che Senna ce la possa fare, ma poi, al giro 56, la svolta, e che svolta: alla prima curva Piquet ci riprova, e questa volta all’esterno. Sembra un attacco azzardato, disperato, da “o la va, o la spacca”, ma riesce: Piquet, giunto inizia una sbandata controllata, una manovra tipica nelle gare kart, ma certamente inusuale in Formula 1. Fatto sta che Piquet, così agendo, blocca ogni possibilità a Senna di replicare e passa a condurre la corsa.
La corsa finirà qui: Piquet è troppo veloce per l’altro brasiliano, che alza il piede e si accontenta di un secondo posto che però non può soddisfarlo: quei sei punti sono pregni di umiliazione per Ayrton, che sul podio apparirà ben poco soddisfatto, al contrario di Nelson, che gioisce felice, felice per la vittoria della corsa e entusiasta per la vittoria sull’odiato rivale.
Adesso il Mondiale è ancora più aperto di prima, ma questa è già un’altra storia.