Il Gran Premio d’Ungheria, che storicamente si corre nel cuore dell’estate, è quasi sempre stato caratterizzato da un forte caldo che mette a dura prova monoposto e piloti. Eppure, nonostante il clima torrido, le condizioni più difficili sono quelle che rendono alcune gare o alcuni momenti più memorabili di altri. Su questo circuito, tra l’altro complicato da guidare anche per il suo disegno, si sono svolte corse memorabili caratterizzate da sorpassi mozzafiato che, ancora oggi, fanno impressione per bellezza e complessità. Tra questi, due in particolare sono ancora impressi nella memoria di coloro che hanno avuto la fortuna di vederli in diretta tv, o meglio ancora sugli spalti: quello di Piquet su Senna in drift nel 1986, e quello di Mansell tre anni più tardi, quando in un colpo solo dimostrò eccezionali doti di reattività superando ancora una volta Senna ed un doppiato. Il Leone d’Inghilterra, per giunta, andò poi a vincere la corsa con un rimonta incredibile dalla 12° posizione.
Le gesta di alcune piloti su circuito dell’Hungaroring restano vive e vegete anche con il passare degli anni e dei decenni, assumendo le sembianze di un vero e proprio sogno che diventa realtà. Ma ci sono altri casi in cui la bellezza autentica di un sogno si spezza proprio nelle battute finali di una corsa, lasciando un forte sapore di amaro in bocca che non passa nemmeno con altre vittorie.
L’Hungaroring è stato teatro di meraviglie, ma anche di grande delusioni.
Tra queste c’è senz’altro quella che andò in scena nel 1997. Prima di poter descrivere la realizzazione di un incubo sportivo, vanno fatte alcune premesse importanti: l’anno prima, nel 1996, il campionato si chiude con il titolo mondiale conquistato dalla Williams di Damon Hill, che così facendo diventa il primo ed unico caso di un pilota capace di vincere un mondiale esattamente come aveva fatto il padre prima di lui.
Nella seconda metà degli anni’90, con Schumacher passato alla corte della Ferrari, nessuno sembra in grado di fare uno sgambetto alla potentissima Williams-Renault, che con il successo di Hill ritrova anche un binomio completamente britannico. Eppure, nonostante il titolo appena conquistato, sul finire del 1996 il pilota inglese rifiuta clamorosamente un’offerta di rinnovo del contratto da parte di Frank Williams. Di fronte ad una risposta negativa da parte del suo pilota, Hill viene appiedato dal team da campione del mondo in carica. La notizia arriva presto negli uffici dei maggior team di F1, ed in particolare in casa McLaren, inizialmente tra le più propense ad accogliere Damon.
Anche qui però, la trattativa prende una strada inattesa, e l’ipotesi di matrimonio con il team di Woking svanisce definitivamente. Resta dunque un’ultima soluzione, la più scomoda in termini di competitività: la Arrows.
E così, incredibilmente, Hill decide di difendere il titolo appena conquistato con una monoposto di seconda fascia, in un team che non ha mai vinto un Gran Premio nel corso della sua lunga storia.
Quasi tutti rimangono scettici di fronte a questa scelta, ed effettivamente le prime gare del campionato 1997 sembrano confermare i dubbi del pubblico: Hill non riesce ad ottenere posizioni di rilievo, e fatica addirittura a qualificarsi alla gara in più occasioni.
In breve tempo è ormai chiaro a tutti che le ambizioni di Hill termineranno presto, ma in una stagione così difficile arriva comunque una dolce eccezione.
Il 10 agosto di quell’anno infatti, il circus della F1 approda in Ungheria, per l’undicesima prova del mondiale. Sotto un sole caldissimo, la pole position viene conquistata agevolmente da Michael Schumacher, davanti al suo grande rivale Jacques Villeneuve. Al terzo posto però, ecco che arriva la zampata dell’outsider. A conquistare la seconda fila del Gran Premio è il campione tanto atteso: Damon Hill.
La prestazione ottenuta in qualifica rilancia le speranze della Arrows per la gara, la quale non sarà comunque facile per il campione in carica.
Eppure, allo spegnimento del semaforo rosso, Villeneuve si rende protagonista di una partenza pessima, e perde subito la posizione ottenuta a vantaggio di Hill. Schumacher, dal canto suo, riesce a conservare la prima posizione proprio davanti al pilota inglese. La leadership del tedesco non dura molto. Le sue gomme infatti, proprio per le alte temperature, iniziando ad andare in crisi rapidamente. La Ferrari perde velocità, ed Hill ne approfitta per portare la sua monoposto davanti a tutti.
Con il passare dei giri, la vettura di Hill risponde positivamente ai comandi del proprio pilota, ed il distacco dagli inseguitori aumenta sempre più. Sarà questa la volta buona per la Arrows? Davvero questo GP potrebbe regalare la prima storica vittoria del team? Può Hill diventare l’eroe della giornata?
Con il passare inesorabile dei giri, la risposta sembra diventare sempre più positiva, sempre più unanime. Hill passa sotto il muretto dei box per l’ultimo giro. Ha solo un obiettivo: restare concentrato e non cedere alla pressione.
Il comportamento del pilota c’è, ma la macchina non risponde. Proprio all’ultimo giro, come nelle peggiori tragedie greche, la sua Arrows inizia a perdere potenza in modo evidente. Il cambio resta bloccato in terza, e a questo si aggiungono problemi idraulici non di poco conto. Per Villeneuve diventa un gioco da ragazzi recuperare terreno, superarlo e vincere la corsa. Hill incredibilmente riesce a reggere per un giro intero, e si deve accontentare del secondo posto.
Già questo è un risultato pazzesco, ma la vittoria non era mai stata così vicina.
Di quella gara resta il rammarico più grande di un campione che, pur avendo ottenuto grandi soddisfazioni nella sua carriera, non è riuscito a coronare il sogno di vincere nella sfida più difficile. Un giro in meno rispetto ai 53 previsti, ed oggi saremo ancora qui a parlare di uno dei successi più incredibili della F1. Ma il sole ungherese, quel giorno, ha deciso di squagliare una favola.
Il 1997 rappresenterà anche l’ultimo anno di Hill con il team Arrows. L’inglese passerà alla Jordan, dove sarà in grado di rifarsi vincendo qualche gara. Destino diverso invece per il suo team, che non arriverà mai più ai livelli così alti ed andrà incontro ad una crisi finanziaria, decisiva per la scomparsa del team negli anni 2000. Al momento della sua definitiva uscita di scena dalla F1, la Arrows chiude la sua esperienza senza mai aver vinto un GP. Ma quell’edizione ungherese del 1997, anche se con un risultato diverso, resta quella che ha consegnato Hill ed il suo team come vincitori morali di una favola senza il lieto fine.
C’è anche un altro risultato degno di nota di quella gara pazzesca: sul gradino più basso del podio c’è un altro pilota inglese, anche lui al volante di una monoposto poco competitiva: la Sauber di Johnny Herbert.