“Ah, quando c’era Max Verstappen, quella sì che era Formula 1, quello sì che era un pilota con le palle!”. Iniziamo da qui il nostro commento al GP del Belgio, corso sul tracciato di Spa-Francorchamps. Iniziamo da questa ipotetica, futuribile, futura, prevedibile, magari anche scontata dichiarazione che “l’uomo qualunque”, il futuro “uomo da tastiera” appassionato-commentatore di Formula 1 e non solo farà tra cinque, dieci, quindici, venti, trenta anni. Quando, chissà, le penalità per semplici, innocue ruotate saranno sanzionate mediante arresti domiciliari, quando, chissà, anche il più banale “unsafe release” verrà sanzionato con 55 posizioni di penalità in griglia e 20 punti in meno in classifica, quando, chissà, i regolamenti vieteranno sorpassi e duelli in partenza e durante il primo giro, quando, chissà, il motorsport sarà definitivamente ucciso e represso da menti tanto perverse quanto subdole e sofisticate (tutte “del settore”, badate bene…) in nome della sicurezza, della correttezza a tutti i costi, di un protocollo in salsa Buckingham Palace e chissà di quali altre “moderne ideologie”.
Nemico pubblico del giorno è Max Verstappen. Alla partenza, tenta di superare Raikkonen – senza avere però lo spazio a sufficienza – all’interno de La Source, innescando il contatto. In questa circostanza, il finlandese della Ferrari si trova stretto da Verstappen all’interno e da Vettel all’esterno (altro nemico pubblico del giorno: per l'”uomo da tastiera” rimane il “bambino che deve tornare dentro la lattina” e cose del genere…): il patatrac tra i tre piloti è inevitabile. Successivamente, Verstappen duella ancora con Raikkonen e Vettel. Particolarmente acceso “l’incontro ravvicinato” con Raikkonen in quel del Kemmel: Raikkonen, decisamente più veloce, prepara il sorpasso alla destra di Verstappen, il quale chiude la porta senza tanti giri di parole (il Regolamento Sportivo ammette lo scarto difensivo effettuato dal pilota olandese della Red Bull), facendo compiere al finlandese della Ferrari una brusca frenata.
Freddamente parlando, il comportamento di Verstappen non è da galera: le sue manovre, benché arcigne tanto in attacco quanto in difesa, fanno parte del gioco. Cose che fan tutti, appunto. Ma il coro contro Verstappen suona compatto: da Toto Wolff (che addirittura lo definisce “pericoloso”) alla Ferrari, dai media all’appassionato, tutti (molti) si scagliano contro l’olandese classe 1997. Classe 1997, appunto.
Come detto, le azioni e le manovre compiute da Verstappen le fan tutti. Grandi e piccini, esperti e meno esperti, vincenti e non. Sono le corse: si osa, si lotta, si esagera, si sbaglia. Si può sbagliare. Uno sport in cui non si osa e non si sbaglia non è uno sport, ma pura mortificazione. Come si può pretendere da un diciottenne – veloce, di gran talento, ma pur sempre diciottenne alle prime armi in Formula 1 – quella maturità, quella lucidità di calcolo e quella meticolosa ponderazione di ogni situazione che nemmeno piloti navigati e vincenti mostrano?
I grandi campioni, i futuri campioni, hanno sempre un passato da “cattivi ragazzi”, vogliosi di dimostrare il proprio valore anche attraverso manovre al limite ed errori: da Senna (in confronto al compianto brasiliano, Max Verstappen è un educando…) a Hamilton, passando per quel Michael Schumacher oggi osannato, ieri detestato (accidenti se era detestato…!). Un copione già visto: il giovane rampante che si attira tutte le antipatie possibili e che “deve imparare”, “deve calmarsi”.
Il popolo, da anni, reclama meno penalità, regole più semplici e meno invasive, una minor ingerenza dei commissari di gara, piloti che osino di più e che magari restituiscano il favore a suon di “vendette”. Più palle, insomma. Bene, eccovele servite. Eppure, l'”uomo da tastiera” colui che reclama “palle, attributi, uomini veri e gare vere” e che, sicuramente, si esalta davanti ai duelli (e vendette…) all’arma bianca tra Prost e Senna, alle vendette alboretiane nei confronti del Senna di cui sopra, alle non tenere sportellate prese e date nelle categorie a ruote coperte, è il primo a dare del “criminale” (ma l’elenco di insulti è vario, variopinto e variegato) a Verstappen, Vettel o al chicchessia di turno che, suo malgrado, inneschi un incidente, un contatto.
Teniamoci stretto Verstappen (che in tutto questo non racimola nemmeno un punto: 11° al traguardo), prima che la nostalgia, i rimpianti (e gli “uomini da tastiera”…) ci assalgano e ci urlino anche nel sonno.
Fatto è che in questa faccenda, Raikkonen, Vettel e Verstappen non ci fanno bella figura. Per il contatto? Ovvio che no. Per i rispettivi comportamenti post incidente e post gara: Raikkonen esagitato e pasticcione in mondovisione (avrà speso più energie nel mandare a quel paese e lamentarsi che nella guida), Vettel che chiede scusa a Raikkonen (ma di cosa?), Verstappen che, per non farci mancare nulla, punta il dito contro i due ferraristi (incolpevoli). Formula 1 o classe elementare? Tutto questo confuso e scomposto baccano per un banale incidente di gara? La delusione e l’amarezza a seguito di un incidente sono comprensibilmente grandi, ma ciò basta a giustificare questo litigare isterico, sterile e giustificazionista a tutti i costi?
Il GP del Belgio, tuttavia, ci ha offerto altri spunti degni di nota. Su tutti, la parziale rinascita della Ferrari. Le SF16-H condotte da Raikkonen e Vettel hanno palesato ottime qualità durante il weekend belga, specie in qualifica. La gara, condizionata dall’incidente alla prima curva, ha visto le due Ferrari rimontare ottimamente: Vettel chiuderà in 6a posizione, Raikkonen in 9a. Il podio era alla portata? Difficile dare risposta certa. I tempi sul giro in gara, invero, ancora non eguagliano quelli della Mercedes. Hamilton fa segnare il giro più veloce in gara in 1:51.583, alla media di 225,970 km/h. Lo effettua al giro 40 con gomme medie usate montate al 32° passaggio. Rosberg, dal canto suo, è autore del secondo miglior crono in gara (1:51.746, media oraria di 225,640 km/h), fatto segnare al giro 11 con gomme medie nuove montate al giro 9. Le Ferrari non vanno oltre l’1:52.728 di Vettel (media oraria di 223,675 km/h, giro 35), effettuato con pneumatici medi nuovi montati al giro 23, e l’1:53.498 di Raikkonen (media oraria di 222,157 km/h, giro 27) realizzato con gomme medie nuove montate al giro 24. Il passo gara premia, e con ampio margine, la perfetta Mercedes F1 W07 di Rosberg e Hamilton.
La Red Bull, ormai, si dimostra l’anti-Mercedes più accreditata. Se Verstappen, in qualifica, paga poco più di 1 decimo dalla pole-position di Rosberg, Daniel Ricciardo, e non solo approfittando delle sfortune occorse alle Ferrari e al compagno di team olandese, coglie un convincente 2° posto alle spalle di Rosberg. Per l’australiano si tratta del terzo podio consecutivo: 151 punti totalizzati che gli valgono il 3° posto in campionato.
Sorprendenti le Force India VJM09-Mercedes di Nico Hulkenberg e Sergio Perez, rispettivamente 4° e 5° alla bandiera a scacchi. Le vetture curate da Andrew Green, dopo altrettanti eccellenti qualifiche (6° Perez, 7° Hulkenberg), si issano sin dai primi chilometri nelle zone alte della classifica, cedendo il passo solo ad un arrembante Hamilton e agli imprendibili Rosberg e Ricciardo. I migliori tempi in gara fatti segnare dai piloti Force India eguagliano il miglior crono di Raikkonen: Perez (giro 34, gomme medie montate al 24° passaggio) si attesta sul 1:53.414 (media oraria di 222,322 km/h), Hulkenberg sul 1:53.530 (giro 41, gomme medie nuove montate al 23° passaggio) percorso alla media di 222,095 km/h. Perez si issa all’8° posto in classifica generale con 58 punti (e due terzi posti già in cascina, conquistati a Monaco e Baku), Hulkenberg, nuovamente ritrovatosi, tallona il proprio compagno di squadra a quota 45.
Lasciamo il Belgio alla volta dell’Italia. Prossima tappa, Monza. Terra di motori. E, perché no, di sane vendette. En garde, pret, allez!
Scritto da: Paolo Pellegrini