Sembrava di vivere la brutta copia di una gara endurance di 6 ore. Piloti dentro e fuori la corsia box, meccanici intenti a smontare e montare gomme in un battibaleno e per tutto l’arco del Gran Premio. Pneumatici Ultrasoft, Supersoft, Soft, Softissime, Quasisoft ad alternarsi in un turbinio di mescole, bande e scritte diversamente colorate. Un film che, purtroppo, si ripete quasi ad ogni corsa. Da anni. L’esagerato numero di pit-stop non ha limiti né contegno.
Il GP di Singapore, disputatosi sul tracciato di Marina Bay, ha distillato bei momenti di motorismo ma anche riproposto tutta l’invadenza dei pit-stop e di un “sistema Formula 1” basato proprio sul concetto malato e distorto di “pit-stop spettacolo”. Situazione ancora più stramba se pensiamo che tutta questa abbondanza di cambi gomma è avvenuta in un tracciato non particolarmente severo con gli pneumatici, il cui asfalto (peraltro non scaldato dal sole…) palesa una scarsa abrasività, tipica delle piste cittadine. Non a caso, la Pirelli ha portato le mescole più morbide: Ultrasoft, Supersoft e Soft.
Un po’ di numeri. In tutto, sono stati effettuati 51 pit-stop. 51. Dieci piloti hanno portato a termine 3 soste, altri dieci hanno giocato la carta delle due soste. Il tutto in 1 ora e 55 minuti di corsa. Troppi. In una moderna gara endurance di 6 ore (quelle del WEC, per intenderci), i Prototipi se la cavano con 7-8 pit (cambio gomme, rifornimento, cambio pilota), le Gran Turismo ancor meno. Ma è endurance e le soste ai box fanno parte del gioco. In un passato non troppo lontano, in Formula 1, era possibile coprire la distanza di un GP con un solo treno di gomme. Il pit-stop, libero, costituiva sempre un punto di domanda, una incognita, un caso sovente emergenziale, una variabile impazzita. Evidentemente, un GP generalmente di 1 ora e mezza non dovrebbe contemplare 2-3 pit-stop. Ed è altrettanto evidente che realizzare appositamente gomme che durano poco appaia come un controsenso: per lo “spettacolo”, per l’immagine del gommista (suo malgrado), per la tecnologia a disposizione, per il naturale corso evolutivo (realizzare prodotti sempre più durevoli mantenendo elevate e costanti le prestazioni).
I pit-stop, al di là delle diverse strategie adottate e attuate dai vari team, condizionano – qualche volta di più, altre volte in maniera assai minore – l’andamento dei Gran Premi: duelli interrotti sul nascere causa pit-stop imminenti, sorpassi ai box, rimonte portentose o improvvise e repentine perdite di posizioni dovute alle strategie relative alle gomme. Oppure, possibili rimonte stoppate dai pit-stop, possibili situazioni ancor più imprevedibili soffocate dalla prevedibilità dei cambi gomma telefonati per sostituire coperture dalle caratteristiche ben differenziate. Mettiamoci anche la durata “consigliata” delle gomme per ciascuna mescola, ed il gioco è fatto: che fine fa la imprevedibilità delle corse? Gli pneumatici e la loro scelta, ovviamente, incarnano una imprescindibile variabile tecnica. Essi ricoprono e debbono ricoprire un ruolo primario, anche decisivo. Tuttavia, quando il cambio-gomme – obbligato, forzato e indotto – diventa prassi regolamentare, asfissiante e fondamenta portante del “prodotto Formula 1”, il risultato può risultare stancante, stucchevole e ridondante.
Va detto, ad onore del vero, che la scelta della FIA di aprire ad una terza mescola si è rivelata azzeccata. Questa ulteriore tipologia di pneumatico disponibile ad ogni gara ha indubbiamente arrecato benefici; le strategie, infatti, si palesano meno standardizzate rispetto al recente passato. Tuttavia, siamo ben lontani dall’avere una regolamentazione logica, fluida e meno invasiva inerente i pit-stop e il “comparto gomme” più in generale: una ulteriore, maggiore libertà di movimento da concedere ai team nella scelta e nell’uso degli pneumatici stessi (ad esempio, sciocca la regola che obbliga i primi 10 ad adottare, in partenza, le gomme impiegate in Q2) e la fine dell’obbligatorietà dei pit-stop (ognuno faccia come crede, anche fare tutta la gara con le stesse gomme) sarebbero cose buone e giuste. La rinascita e la imprevedibilità della Formula 1 passano anche attraverso questi fattori. La FIA, i team e la Pirelli devono e dovranno necessariamente affrontare questo cruciale aspetto tecnico-sportivo.
Nel mare magnum di pit-stop, ecco che nasce e si sviluppa una gara dai tratti (pardon, segmenti, tra un pit e l’altro…) interessanti. Nico Rosberg vince e riapre i giochi mondiali. Anzi, si riprende la vetta della classifica: 273 punti per il tedesco, 265 per Lewis Hamilton, terzo al traguardo ed ora secondo in classifica generale. Gara condotta magistralmente dai due piloti Mercedes, entrambi afflitti da un eccessivo surriscaldamento dei freni delle rispettive F1 W07. Un consistente Daniel Ricciardo fa segnare il giro più veloce in gara: 1:47.187 (media di 170,1 km/h) con gomme Supersoft nuove montate al 47° giro. Rosberg, benché non il più veloce in assoluto in pista, riesce a gestire una corsa non facile: il margine che lo separa da Ricciardo, 2° alla bandiera a scacchi, è di poco inferiore al mezzo secondo (0,488s). Rosberg non va oltre l’1:50.296 (media di 165,31 km/h) realizzato al 38° giro, ma effettuato con gomme Soft nuove, ossia la mescola più dura portata a Singapore dalla Pirelli.
Rosberg è doppiamente bravo: strategia a due sole soste (il solo, tra i primi quattro classificati, ad adottare simile mossa…) e sempre su gomme Soft (pit effettuati al 16° e 33° giro, nei primi 16 passaggi è su Ultrasoft ereditate dalla Q2). Nessuno aveva pronosticato una vittoria confezionata con due sole soste, per di più su gomme Soft…
Una straripante prova di forza quella di Rosberg, a testimoniare la assoluta bontà della monoposto Mercedes F1 W07 – vincente anche in sofferenza – e il particolare stato di forma del pilota tedesco, freddo ed astuto nel capitalizzare una gara che lo vede perdere inesorabilmente terreno nei confronti dell’arrembante Ricciardo, su pneumatici Supersoft decisamente più freschi e reattivi.
Red Bull con Ricciardo e Ferrari con Kimi Raikkonen hanno recitato il ruolo di anti-Mercedes. Ottima la corsa del finlandese, autore di un bel ma vano sorpasso in pista ai danni di Hamilton (poche curve dopo, il finnico si fermerà ai box… per il pit) e ai piedi del podio a seguito di una strategia probabilmente troppo timorosa partorita dal muretto box. La realtà è che la Ferrari SF16-H, oggi, non vale la Mercedes F1 W07, vettura che può permettersi il lusso di vincere e andare a podio sempre e comunque, anche soffrendo. E non vale, ad oggi, nemmeno la Red Bull RB12-Renault, monoposto che a Singapore conquista 26 punti (ancora un convincente podio raccolto dalla Scuderia anglo-austriaca) contro i 22 della Ferrari. La Red Bull è a quota 316 punti, la Ferrari a 301.
Gara ottima anche per Sebastian Vettel, autore di una rimonta portentosa e aggressiva che lo porta dall’ultimo posto in griglia al 5° alla bandiera a scacchi. Il tedesco, gioco forza, adotta una strategia a due soste: partito con gomme Soft nuove, monta le Ultrasoft nuove al giro 24, infine termina la corsa ancora su Ultrasoft nuove montate al giro 42. Per Vettel. 2° miglior tempo in gara: 1:47.345 (media di 169,86 km/h) realizzato al 45° passaggio grazie alle Ultrasoft da poco installate.
Hamilton chiude terzo. Tuttavia, anche la prova del campione in carica testimonia la supremazia della Mercedes nell’arco di un GP. Hamilton attua una strategia a tre soste: parte con le Ultrasoft ereditate dalla Q2, effettua il primo pit al giro 15 (Soft nuove, opzione criticata dallo stesso pilota inglese), torna ai box per montare un altro treno di Soft nuove al giro 34°, compie l’ultimo pit al giro 45, montando Supersoft usate. Fa segnare il terzo miglior tempo in gara: 1:47.752 (media di 169,22 km/h); siamo al giro 52. Il suo diretto rivale, Raikkonen, non va oltre l’1:48.204 (media di 168,51 km/h), fatto segnare al giro 51 con pneumatici Ultrasoft usati.
In definitiva, il passo gara delle Mercedes è impareggiabile, in ogni condizione, con qualsiasi gomma, anche coi freni in sofferenza.
Prossima fermata, Malesia, Sepang, 2 ottobre. Lo scorso anno, ma eravamo in marzo, vinceva Vettel. Altra annata, altra Ferrari.
Il canovaccio è sempre il medesimo: Ferrari e Red Bull a caccia delle Mercedes. Fatelo con meno pit-stop possibili, grazie.
GP SINGAPORE F1 2016 ORDINE D'ARRIVO - Domenica 18 Settembre 2016
Pos Nr Pilota Team Tempo/Gap 1 06 Nico Rosberg Mercedes 1h55m48.950s 2 03 Daniel Ricciardo Red Bull +0"488 3 44 Lewis Hamilton Mercedes +8"038 4 07 Kimi Raikkonen Ferrari +10"219 5 05 Sebastian Vettel Ferrari +27"694 6 35 Max Verstappen Red Bull +71"197 7 14 Fernando Alonso McLaren +89"198 8 11 Sergio Perez Force India +111"062 9 26 Daniil Kvyat Toro Rosso +111"557 10 20 Kevin Magnussen Renault +119"552 11 21 Esteban Gutierrez Haas +1 giro 12 19 Felipe Massa Williams +1 giro 13 12 Felipe Nasr Sauber +1 giro 14 55 Carlos Sainz Toro Rosso +1 giro 15 30 Jolyon Palmer Renault +1 giro 16 23 Pascal Wehrlein Manor +1 giro 17 09 Marcus Ericsson Sauber +1 giro 18 31 Esteban Ocon Manor +2 giri 19 22 Jenson Button McLaren 20 77 Valtteri Bottas Williams 21 27 Nico Hulkenberg Force India 22 08 Romain Grosjean HaasCLASSIFICA MONDIALE PILOTI F1 2016
1 Nico Rosberg 273 2 Lewis Hamilton 265 3 Daniel Ricciardo 179 4 Sebastian Vettel 153 5 Kimi Raikkonen 148 6 Max Verstappen 129 7 Valtteri Bottas 70 8 Sergio Perez 66 9 Nico Hulkenberg 46 10 Felipe Massa 41 11 Fernando Alonso 36 12 Carlos Sainz 30 13 Romain Grosjean 28 14 Daniil Kvyat 25 15 Jenson Button 17 16 Kevin Magnussen 7 17 Pascal Wehrlein 1 18 Stoffel Vandoorne 1 19 Esteban Gutierrez 0 20 Jolyon Palmer 0 21 Marcus Ericsson 0 22 Felipe Nasr 0 23 Rio Haryanto 0 24 Esteban Ocon 0CLASSIFICA MONDIALE COSTRUTTORI F1 2016
1 Mercedes 538 2 Red Bull/Renault 316 3 Ferrari 301 4 Force India/Mercedes 112 5 Williams/Mercedes 111 6 McLaren/Honda 54 7 Toro Rosso/Ferrari 47 8 Haas/Ferrari 28 9 Renault 7 10 Manor/Mercedes 1 11 Sauber/Ferrari 0
Scritto da: Paolo Pellegrini