Io sono un estintore e se c’è una cosa che conosco bene è il silenzio.
C’è il silenzio che scende quando gli zingari delle corse fanno le valigie e vanno via, verso un’altra gara. L’ultima volta è stato il 4 settembre 2016 a Monza e di quel giorno non scorderò mai la tristezza nell’apprendere che quella poteva essere l’ultima volta che quella monumentale pista salutava i bolidi del Circus. Il denaro non ha memoria, ma ci sono oggetti che, invece, la conservano. Come me.
C’è il silenzio terribile dello sgomento che segue il fragore di uno schianto o il crepitio sinistro di un incendio. Quel giorno di trentotto anni fa io me lo ricordo bene, quando un rogo inclemente sfigurò la prima variante e cercò d’inghiottire dieci vetture, accartocciate fra le loro lamiere che stringevano impotenti i piloti: quel giorno a domare il mostro non scesero cavalieri con cotte di maglia e spade, ma professionisti armati di tute ed estintori. Dissero che eravamo angeli, ma quel giorno scegliemmo di essere Leoni.
C’è il silenzio della dolorosa consapevolezza, che prende il posto della rabbia, delle lacrime e delle recriminazioni, dopo un lutto. Come quella volta, sedici anni fa, quando si diradò la polvere alla Roggia e ci accorgemmo che il destino aveva scelto uno di noi. Lui si chiamava Paolo e io penso che la Nera Sorella se lo prese come unico pegno per tutte le vite che avevamo contribuito a salvare, da quando esistiamo, dal 1970, e per tutte quelle che salveremo. Quando perdi un fratello, perdi anche una parte di te. Noi siamo una famiglia e ci scalda il cuore vedere quanto di voi ancora si ricordano di lui.
Nel mio cuore di schiuma questi silenzi sono ben custoditi e, alle volte, me ne servo per ascoltare i ricordi, che parlano sempre sottovoce. A Monza, come a Imola, i ricordi sono talmente tanti che se sentite stormire le foglie degli alberi nelle giornate invernali è perché perfino le piante si raccontano l’un l’altra le storie di uomini ed eroi, che aleggiano ancora fra le loro fronde: parlano di Volfgang, Jochen e di Ronnie, quel giovane biondo che volò via – senza la sua Lotus nera e oro – quel fatidico giorno di trentotto anni fa; o di quel Brasiliano magico e del suo amico Austriaco, lì, sulle rive del Santerno. E, benché provenisse dall’altra parte del mondo, hanno sentito anche la storia di un giovane che si chiamava Jules. Certe volte fanno più rumore del solito, quei solenni alberi, ma è solo perché sono contenti quando ripensano al sornione sorriso di Niki, colui che è tornato, assieme a quello di Arturio, colui che glielo rese possibile quaranta anni fa.
Sul mio corpo di latta lucente passano i ricordi come i fotogrammi di un film e quelli che preferisco mi fanno vedere che faccio parte di una realtà d’eccellenza, laddove alberga un sacrosanto orgoglio per essere professionisti e volontari ma mai dilettanti. Fanno vedere la gioia di condividere una festa con il pubblico quando tutto fila liscio ma anche la sorda rabbia che sale quando qualcosa di terribile accade, nonostante tu abbia fatto il massimo affinché nulla accadesse.
Sono pezzi della vita della CEA Squadra Corse.
Quindi sappiate che non sono semplicemente un estintore, ma sono anch’io un Leone.