Il GP del Giappone, corso sullo storico tracciato di Suzuka, consegna alla Mercedes il terzo titolo Costruttori consecutivo. Un alloro, alla luce dell’andamento della stagione, scontato ma non banale. Vincere in Formula 1 non è mai banale, figuriamoci dominare. Nico Rosberg, frattanto, si aggiudica la sua nona (!!) vittoria stagionale; Lewis Hamilton (fermo, si fa per dire, a 6 vittorie) aggancia un terzo posto insperato dopo i primi, lentissimi metri di gara. 33 i punti che ora separano i due piloti Mercedes: 313 per Rosberg, 280 per Hamilton. La succulenta sfida mondiale, a quattro GP dal termine, non è ancora finita.
Numeri impressionanti quelli conseguiti dal Mercedes AMG Petronas F1 Team. Dopo 17 Grand Prix, la Mercedes tocca quota 593 punti. La Red Bull, seconda in classifica, è a 385 punti, la Ferrari – terza – a 335. Nel 2014, dopo 17 gare (il calendario ne contava in tutto 19), la Mercedes aveva totalizzato 608 punti (la Red Bull era a 363 e la Williams a 238); nel 2015 (calendario ancora a 19 GP), il bottino era di 617 punti (Ferrari a 374 e Williams a 243). Pochi punti di differenza che, nella sostanza, non cambiano le carte in tavola: la Mercedes domina e lo fa dal 2014, anno della introduzione delle nuove motorizzazioni Turbo-ibride. Le Mercedes F1 W05, F1 W06 e l’ultima F1 W07 si sono rivelate auto pressoché imbattibili. Il lavoro progettuale svolto dagli staff diretti da Paddy Lowe (Direttore Tecnico) e Andy Cowell (Managing Director del Mercedes AMG High Performance Powertrains) ha posto queste auto al vertice. La concorrenza ha, così, raccolto poco: tre vittorie Red Bull nel 2014 (Ricciardo), tre vittorie Ferrari nel 2015 (Vettel), due vittorie (sinora) Red Bull in questo 2016 (Verstappen e Ricciardo). Insomma, in 55 GP (Australia 2014-Giappone 2016), la Mercedes ne ha vinti ben 47.
Nel corso della sua lunga storia sportiva, la Casa di Stoccarda ha saputo cogliere numerosi titoli. Un invidiabile e ricco palmarès frutto delle competenze e abilità tecniche della Mercedes stessa e di aziende altamente specializzate ad essa legate. Fattori che hanno permesso alla Casa tedesca di vincere – in qualità di costruttore totale o solo motorista – nelle più importanti competizioni internazionali.
Sin dagli albori dell’automobilismo sportivo, la Mercedes entra a far parte della schiera delle migliori vetture. Tra i maggior successi internazionali della prima ora, vale la pena citare la vittoria alla 500 Miglia di Indianapolis del 1915 grazie a Raffaele “Ralph” de Palma.
Gli Anni ’30 costituiscono un arco storico divenuto, a ragione, mitologico: grandi corse, automobili da sogno, piloti più simili a eroi greci che a semplici uomini. In questo periodo, in cui l’intreccio tra sport e politica tocca livelli siderali, la Germania suona la carica. Mercedes-Benz e Auto Union, in perenne rivalità tra loro e con la scuola italiana (Alfa Romeo su tutte), incantano il pubblico europeo con le loro creazioni ultra-tecnologiche. La Mercedes sfodera auto da Grand Prix dai nomi ormai storici e ricorrenti: W 25, W 125, W 154, W 165, W 163, vetture capaci di inanellare vittorie nei più importanti Grand Prix internazionali. Tre i titoli Europei (campionato sotto egida della AIACR, Association Internationale des Automobile Clubs Reconnus) conquistati con Rudolf Caracciola (1935, 1937, 1938). Erano gli anni di Caracciola, Lang, Seaman, Von Brauchitsch, di Alfred Neubauer e Rudolf Uhlenhaut.
La Seconda Guerra Mondiale e la disfatta tedesca non intaccano l’orgoglio germanico né l’attività della Mercedes-Benz, la quale fiorisce a nuova vita nell’immediato dopoguerra. Nel biennio 1954-1955, ecco che la vendetta tedesca si consuma, inattesa, tagliente, spietata. Juan Manuel Fangio porta al successo la Mercedes-Benz W 196 (compresa la famigerata W 196S Streamliner), ennesimo prodigio tecnologico della Casa di Stoccarda. Fritz Nallinger, Rudolf Uhlenhaut, Hans Scherenberg, Ludwig Kraus, Manfred Lorscheidt, Hans Gassmann, Karl-Heinz Göschel sono solo le firme più celebri, artefici di questa straordinaria monoposto di Formula 1. Nel 1954, Fangio, dopo le prime due vittoriose gare al volante della Maserati 250F ufficiale (altra vettura-simbolo degli Anni ’50), proseguirà il campionato pilotando la W 196. È titolo mondiale. Nel 1955, il bis del campione argentino, ancora al volante della W 196.
Frattanto, anche nelle ruote coperte, nelle grandi corse su strada e di durata, la Mercedes riallaccia quel filo vincente interrotto dalla guerra. Nel 1952, Hermann Lang e Fritz Riess si aggiudicano la 24 Ore di Le Mans al volante della Mercedes-Benz 300 SL. Nel 1955, Moss-Jenkinson si aggiudicano la Mille Miglia a bordo della 300 SLR, facendo segnare il record della corsa in 10h:07’48”. Il tutto alla incredibile media di oltre 157 km/h. Nello stesso anno, ecco la doppietta alla Targa Florio della 300 SLR: vince l’equipaggio Moss/Collins, al secondo posto Fangio/Kling. Arriva anche la vittoria nel Campionato Mondiale Marche. Ma il 1955 è anche l’anno della tragedia alla 24 Ore di Le Mans: la morte di Pierre Levegh e di 82 spettatori pone fine al rinnovato programma sportivo della Mercedes-Benz.
Il ritorno in grande stile del marchio della stella e tre punte si ha nella seconda metà degli Anni ’80. Le biposto di Gruppo C animano il Campionato del Mondo Sport-Prototipi e la Mercedes torna in qualità di motorista, andando a spingere le artigianali ma competitive Sauber. Nel 1989, il Team Sauber Mercedes domina la stagione. La Sauber C9/88 #88-C9-03 di classe C1 – spinta dal V8 di 90° Mercedes M119, biturbo di 5000cc – trionfa alla 24 Ore di Le Mans condotta da Jochen Mass/Manuel Reuter/Stanley Dickens. Il Team Sauber Mercedes si aggiudica la Classifica Team, Schlesser, Mass, Baldi, Acheson monopolizzano la classifica Piloti. Nel 1990, si replica: 1° posto nella classifica Team, Jean-Louis Schlesser e Mauro Baldi campioni del mondo Piloti. La vettura è la Sauber-Mercedes C11.
Le ruote coperte rappresentano terra di vittorie e cocenti delusioni per la Casa di Stoccarda. Se nel FIA GT le Mercedes CLK-GTR e LM dominano l’irripetibile biennio 1997-1998, le medesime vetture escono con le ossa rotte dalla 24 Ore di Le Mans, corsa che in quegli anni vede il ritorno in pompa magna del team AMG Mercedes. Nel 1998, le due CLK-LM di classe GT1 – affidate rispettivamente a Schneider/Ludwig/Webber e Gounon/Bouchut/Zonta – sono entrambe costrette al ritiro (rottura del motore) dopo appena 3 ore di gara. Nel 1999, i reiterati decolli delle CLR di classe GTP costringono il team a ritirare l’unica vettura ancora rimasta in gara, quella di Lamy/Schneider/Lagorce. Una débâcle. Da quegli anni, vetture e motori Mercedes non hanno più calcato il circuito della Sarthe.
Il ritorno in Formula 1 scocca alla metà degli Anni ’90, grazie a Sauber e alla Ilmor. Sauber prima, McLaren poi. Pioveranno successi e due titoli mondiali. Nel biennio 1998-1999, Mika Hakkinen porta al successo le McLaren Mp4/13 e Mp4/14, spinte rispettivamente dai 10 cilindri Mercedes FO 110G e FO 110H, realizzati dalla Ilmor e marchiati, appunto, Mercedes. Nel 1998, la McLaren-Mercedes trionfa anche nella classifica Costruttori. Nella prima metà degli Anni 2000, l’assorbimento della originaria Ilmor (ormai orfana di Paul Morgan, fondatore assieme a Mario Illien della Ilmor, deceduto nel 2001) da parte della Mercedes-Benz diventa effettivo. Nasce dapprima la Mercedes-Ilmor, quindi il Mercedes-Benz High Performance Engines, infine il Mercedes AMG High Performance Powertrains, con sede a Brixworth, città storicamente legata alla Ilmor.
Nel 2009, giunge inaspettato il successo della Brawn GP BGP 001, monoposto progettata da Ross Brawn e Loic Bigois che si avvale del V8 aspirato di 2400cc Mercedes FO 108W. Jenson Button è campione del mondo, la Brawn GP vince il Mondiale Costruttori. L’avventura della Brawn GP – ex Honda – dura l’arco di una clamorosa doppietta mondiale. Nel 2010, la scuderia è rilevata dalla Mercedes: nasce il Mercedes GP Petronas F1 Team, oggi Mercedes AMG Petronas F1 Team. La sede è ancora a Brackley, già cervello operativo di BAR prima e Honda Racing F1 Team poi.
Il resto è storia attuale: un risorto team Mercedes che in pochi anni ha saputo dominare le scene della Formula 1 e motori Mercedes dimostratisi competitivi anche a bordo di McLaren, Williams, Force India. A tutto questo ben di Dio di successi, vanno aggiunti i trionfi nel DTM e in Formula 3 in veste di motorista. Successi e impegni, peraltro, ancora in atto.
Diverse Mercedes si sono susseguite nel corso dei decenni: da quelle interamente tedesche, nei tecnici e nei luoghi operativi, a quelle “delocalizzate”, più svizzere-inglesi che tedesche. Gli anni delle Sauber “spacciate” per pure Mercedes, della Ilmor, dei motori CART (manco a dirlo Ilmor), gli anni McLaren in cui la stella a tre punte svettava gigante sulle monoposto di Woking, di Brixworth e Brackley.
Fatto è che la Mercedes e la sua stella a tre punte sono tornate a brillare più che mai. Oscurarne la luce sarà ardua impresa.
Scritto da: Paolo Pellegrini