Il divorzio era nell’aria già da tempo, ma l’addio di Ron Dennis dalla McLaren si è concretizzato ufficialmente solo nella giornata di ieri. Il manager inglese, 69 anni, ha dovuto abbandonare le sue cariche contro la sua personale volontà, costretto da decisioni giuridiche che di fatto lo obbligano a farsi definitivamente da parte.
Dennis infatti avrebbe tentato in tutti modi di evitare il “Gardening leave” imposto dagli altri azionisti della McLaren, termine che nei paesi anglosassoni indica il riposo forzato, o più semplicemente la meritata pensione. L’ormai ex presidente ed amministratore delegato non avrebbe accettato la scelta, facendo ufficialmente ricorso all’Alta Corte di Londra per conservare le sue cariche. Purtroppo per lui, la stessa Corte ha respinto la sua richiesta, mettendo di fatto la parola “fine” alla sua avventura in McLaren.
Pur detenendo il 25% delle quote del gruppo, Ron Dennis si è dovuto scontrare con il fondo d’investimento del Bahrein Mumtalakat, che detiene la maggioranza del 50% della McLaren Group, e con il 25% di Mansour Ojjeh. Secondo quanto riporta la BBC, il franco-saudita, ex partner commerciale ed amico di Dennis, si sarebbe alleato con il gruppo di azionisti che avrebbero voluto rimuovere l’inglese da ogni incarico, decretando così l’addio forzato dello stesso Dennis dalla McLaren.
Un matrimonio durato 35 anni
La storia d’amore tra Ron Dennis e la McLaren giunge quindi al capolinea dopo ben 35 passati insieme. Un rapporto che ha fruttato al team inglese ben 7 titoli mondiali costruttori e 10 piloti, facendo della McLaren uno dei team più vincenti e temibili dell’intera storia della Formula 1.
E’ il 1981 quando Ron Dennis, dopo un passato trascorso in Brabham come capo meccanico, fonde il suo team Project Four con la McLaren. A partire da questa unione, l’inglese diventa presidente della McLaren Racing, e successivamente della McLaren Formula One Team. Sotto la sua presidenza, arricchita anche dal ruolo di team principal, il team britannico “ucciderà” la concorrenza nel corso di quasi tutti gli anni ’80. Grazie anche al supporto dei potentissimi motori Honda (non certo così scarsamente affidabili come quelli di oggi), la McLaren conquista il suo secondo titolo costruttori nel 1984, per poi ripetersi nel 1985, 1988 e 1989. I successi arrivano anche grazie all’ingaggio di grandi campioni che, in quel periodo, indossano la tuta bianco-rossa della McLaren. Piloti di enorme spessore come Niki Lauda, che si aggiudica il mondiale del 1984 per poi annunciare il ritiro definitivo dalla Formula 1. Successivamente all’uscita di scena dell’austriaco, è il compagno di squadra francese Alain Prost a vincere i campionati del 1985 e 1986. Nel 1988 però, il “Professore” inizia a condividere il proprio box con il neo-acquisto Ayrton Senna, che già in quella stagione si porta a casa il primo titolo della sua carriera. L’approdo in McLaren di Senna coincide con l’inizio di una rivalità epica e senza esclusioni di colpi tra lo stesso brasiliano ed Alain Prost, culminata con l’incidente di Suzuka tra i due nel 1989. In quella circostanza Prost vince il mondiale dietro decisione della FIA, mentre l’anno successivo è Senna ad ottenere la sua vendetta buttando fuori pista il francese (nel frattempo passato alla Ferrari) sempre sul tracciato giapponese.
Con quel contatto il brasiliano inizia a dominare la prima parte degli anni ’90, vincendo il titolo nel biennio 1990-1991. Successivamente la McLaren entra in una piccola fase di declino, dovuta in parte al dominio della Williams ed in parte al cambio di fornitore di motori. Dopo lo splendido binomio con la Honda, Ron Dennis strappa due accordi con Ford prima e Peugeot poi, ma entrambe le forniture non consentiranno al team di mantenere alti livelli di competitività.
Nel 1995 però arriva la Mercedes, con la quale inizierà una collaborazione che porterà ad altri meritati successi. Sul finire degli anni ’90 è infatti il finlandese Mika Hakkinen a riportare la McLaren al successo, vincendo i mondiali del 1998 (anno in cui il team porta a casa il suo ultimo titolo costruttori) e del 1999.
Nonostante qualche vittoria, gli anni 2000 si rivelano più difficili del previsto sotto tutti gli aspetti, sportivi e non solo. Fino al 2004 i successi di Schumacher e della Ferrari non consentono alla McLaren di ritagliarsi un ruolo da protagonista, mentre nel 2007 è lo stesso Ron Dennis ad essere al centro dello scandalo della Spy Story, che vede coinvolta la McLaren in uno spinoso caso di spionaggio industriale.
Al termine del processo, il team inglese è costretto a pagare una multa da 100 milioni di dollari. Colpito anche da questa situazione, nel corso della presentazione della monoposto per il campionato 2009, Ron Dennis annuncia di voler lasciare la responsabilità del team a Martin Whitmarsh, andandosene dal reparto corse. Prima di prendere questa decisione però, il manager britannico fa ancora in tempo ad assistere all’ultima vittoria del campionato piloti, ottenuta in modo rocambolesco da Lewis Hamilton nel 2008.
Per rivedere Dennis all’interno del box McLaren bisognerà attendere il 2014, anno in cui rientra da amministratore delegato del team.
Per la successione Zak Brown in pole position
Che piaccia o no, Ron Dennis ha comunque contribuito a scrivere le pagine più vincenti della storia della McLaren. Esce di scena un personaggio storico del circus della Formula 1, e che lascerà inevitabilmente una pesante eredità per il suo successore. Il probabile candidato alla sostituzione sembra essere lo statunitense Zak Brown, personaggio molto conosciuto nel mondo commerciale della Formula 1. Resta solo da capire quale sarà il suo futuro, dato che in precedenza è stato accostato più volte al gruppo americano Liberty Media, che di recente ha acquistato la Formula 1. Altro futuro in bilico è quello di Jost Capito, amministratore delegato della McLaren da questa stagione e uomo di fiducia di Ron Dennis. Con la partenza definitiva di quest’ultimo, anche la stessa posizione di Capito è tutta da chiarire.