Keke e Nico Rosberg, Graham e Damon Hill. Due coppie di padre-figlio accomunate dagli stessi successi, dallo stesso talento e da titoli mondiali. Prima ancora che il Gran Premio di Abu Dhabi prendesse il via, la storia della Formula 1 conosceva soltanto un caso di padre e figlio entrambi campioni del mondo: prima ancora che Damon Hill conquistasse il suo primo ed unico titolo vent’anni fa, nel 1996, suo padre Graham era riuscito ad arricchire la sua carriera con la corona d’alloro negli anni ’60.
Oggi, grazie al primo successo in carriera di Nico Rosberg, un’altra famiglia si aggiunge a questa piccolissima cerchia di cognomi vincenti, con una tradizione di successi che si tramanda di padre in figlio.
Ecco tutte le analogie e le curiosità che legano non solo queste due famiglie, ma anche le differenze o le affinità tra i figli ed i propri padri.
Senza il papà non c’è storia
Per far si che queste storie possano esser raccontate ed analizzate, c’è sempre bisogno di una figura paterna che dia inizio a queste piccole fiabe. Nel corso della Formula 1 degli anni ’60, sono i piloti britannici a dominare tutto il decennio, facendolo al volante di monoposto anglosassoni dopo il periodo d’oro di Ferrari ed Alfa Romeo. Sono gli anni in cui salgono in cattedra campioni indimenticabili come Jim Clark, John Surtees (primo ed unico pilota a vincere un mondiale sia con le due che con le quattro ruote), e Jackie Stewart. Tra tutti questi nomi esclusivamente “Made in England”, spunta anche quello di un autentico campione dai modi gentili e raffinati: Graham Hill.
Nato nel 1929, Hill fa il suo esordio in Formula 1 nel 1958, per poi restarci fino al 1975. La sua condotta di gara intelligente e la sua regolarità nei risultati consentirono ad Hill di ottenere grandi risultati nella massima serie. In 176 gran premi disputati, Hill ha vinto 14 gare in carriera, vincendo inoltre ben due titoli mondiali. Il primo successo iridato avvenne nel 1962, anno in cui s’impose al volante della BRM. Passato alla Lotus nel 1967, ci mise solo un anno di apprendistato per conquistare il secondo mondiale piloti, completando l’impresa nel 1968. Prima ancora di fare il “bis mondiale” con il team di Colin Chapman, Hill ebbe tre figli: due femmine ed un maschio, Damon, nato nel 1960.
Suddividendo gli impegni tra famiglia ed autodromi, Graham Hill è tutt’ora l’unico pilota automobilistico della storia ad aver ottenuto la tanto ambita “Tripla Corona”, riconoscimento assegnato al pilota capace di vincere, nel corso della sua carriera, un mondiale di F1, la 500 Miglia di Indianapolis e la 24 Ore di Le Mans.
Dimostrando un talento unico, abbinato ad un coraggio da leone, all’inizio degli anni ’70 iniziò gradualmente a concretizzarsi il sogno di fondare un proprio team, la Embassy Hill. Il progetto iniziò a prendere il largo nel 1975, ma nello stesso anno si verificò la disgrazia: di rientro dalla Francia, l’aereo su cui viaggiava Hill ed altri membri dell’equipaggio precipitò in Inghilterra il 29 novembre 1975, uccidendo tutte le persone che si trovavano a bordo. Proprio domani ricorre ricorre il 41° anniversario della scomparsa di Graham Hill, un campione gentleman.
Storia completamente diversa per il secondo pilota-papà: Keke Rosberg. Nato nel 1948 in Svezia (successivamente trasferitosi in Finlandia, dove ha preso la cittadinanza), Rosberg è stato protagonista di una carriera in F1 tanto diversa quanto ricca di risultati rispetto a quella intrapresa da Graham Hill. Riconosciuto da tutti per essere un pilota veloce ma irrispettoso della meccanica, il finlandese fece il suo esordio nel 1978, faticando a trovare successo al volante di team come ATS, Theodore, Wolf e Fittipaldi (con quest’ultima ottiene però un clamoroso podio nel 1980). La grande occasione però arriva nel 1982, quando l’australiano Alan Jones decide di chiudere la sua carriera in Formula 1. Con questa presa di posizione, Jones lascia un posto libero in Williams, la quale sceglie Keke Rosberg come pilota di punta. Pur non essendo tra i favoriti alla vittoria del titolo, il finlandese mostra un grinta senza precedenti, dimostrando una certa regolarità nel risultati. Il 1982, nonostante la crescita di Rosberg, passa alla storia come una delle stagioni più sorprendi e dolorose della storia della F1. Nel corso di un solo campionato perdono la vita Gilles Villeneuve e Riccardo Paletti, mentre Didier Pironi (serio pretendente al titolo con la Ferrari), rischia di perdere la vita in seguito ad un orrendo incidente. Con il protagonista del mondiale ormai fuorigioco, gli unici piloti in grado di recuperare terreno sul francese della Ferrari diventano proprio Rosberg e l’irlandese della McLaren John Watson.
Grazie alla costanza nei risultati, e vantando una sola vittoria conquistata nel Gran Premio di Svizzera, Keke Rosberg si laurea campione del mondo 1982, diventando il primo finlandese a riuscire in questa impresa.
Pur mantenendo intatta la sua grinta e la sua capacità di rimanere uno dei piloti più veloci del circus degli anni ’80, Rosberg non riuscì a ripetere gli stessi successi coronati nel 1985. Rimase in Williams fino al 1985, anno in cui ottenne due vittorie ed un terzo posto nel campionato piloti. Contestualmente, nello stesso anno nacque anche Nico Rosberg, avuto dalla moglie tedesca Gesine Dengel (motivo per il quale Nico Rosberg ha cittadinanza tedesca e non finlandese).
Nel 1986, infine, Keke passò alla McLaren, dove chiuse la carriera in F1 tra l’ammirazione dei colleghi, i quali hanno sempre rispettato ed apprezzato l’onesta di Rosberg come uomo.
Largo ai figli!
Damon Hill e Nico Rosberg. Due figli e due campioni del mondo che, in un certo senso, hanno onorato le carriere dei propri padri in modi differenti, ma sempre con la stessa gratitudine e con gli stessi riconoscimenti. Per questi due campioni però, l’ingresso nel mondo dell’automobilismo è stato completamente diverso. Mentre Nico è stato supportato dalla famiglia e dai consigli del padre (gli stessi genitori che Nico ha ringraziato più volte pubblicamente anche attraverso foto e video sul proprio profilo Facebook e Twitter), lo stesso non si può dire per Damon. L’inglese infatti rimase orfano all’età di quindici anni, con la morte del padre Graham che ebbe un notevole impatto negativo sulla crescita automobilistica del figlio. Nonostante questa disgrazia però, a Damon va riconosciuto il fatto di non essersi mai arreso, e di aver inseguito il proprio sogno fino a realizzarlo nel 1992, anno in cui fece il suo esordio in Formula 1. In tutta la sua carriera, Damon ha sempre voluto ricordare la figura di suo padre, indossando un casco con una livrea molto simile a quella utilizzata da Graham quando gareggiava sulle piste di tutto il mondo.
Anche Nico ha scelto di proseguire la tradizione di famiglia adottando il numero 6 sulla sua monoposto, lo stesso utilizzato da Keke in Formula 1.
Per quanto riguarda l’avventura in Formula 1 di Damon Hill, la sua storia comincia appunto nel 1992, anno in cui partecipa ad un solo Gran Premio con una Brabham sempre più in crisi. L’impatto nel circus è talmente notevole che, nel 1993, è la Williams ad ingaggiarlo come secondo pilota da affiancare ad Alain Prost. Verso il finale della stagione, Hill conquista le sue prime vittorie in Formula 1, preparandosi all’arrivo di Ayrton Senna come nuovo compagno per il 1994. Con la tragica scomparsa del brasiliano ad Imola, l’inglese diventa di colpo l’uomo di punta del team britannico, l’unico in grado di contrastare la Benetton di Michael Schumacher. Hill non riuscirà nella rimonta in classifica nel 1994, arrivando secondo in campionato in seguito ad un contestatissimo incidente proprio con Schumacher ad Adelaide. Il tedesco poi si laurea campione del mondo anche nel 1995, non riuscendo a ripetersi nel 1996. Con Schumacher passato in Ferrari, il 1996 vede Damon Hill come pilota con maggiori probabilità di successo iridato, e così accade. A Suzuka, nell’ultima gara del campionato, l’inglese chiude definitivamente i conti con il compagno di squadra Villeneuve, ottenendo il suo primo ed unico mondiale in carriera. Anche se la sua avventura in Formula 1 non vivrà più di momenti così alti, Damon Hill è rimasto per vent’anni l’unico pilota ad aver vinto un titolo iridato come il padre.
Deciso ed introverso. Questa era la personalità di Damon Hill negli anni da lui trascorsi in Formula 1. Un carattere decisamente diverso da quello di Nico Rosberg, che proprio dieci anni fa si affacciava al mondo della Formula 1 con la stessa personalità di oggi: sorridente, colto, poliglotta, umile, ma anche veloce e costante, proprio come suo padre.
Che Nico Rosberg fosse un pilota veloce, e non raccomandato come alcuni all’inizio potevano immaginarsi, lo si era capito sin dal suo esordio in Bahrein. Al volante di un Williams in fase calante (nello stesso team in cui corse e vinse anche il padre), Nico si classificò 7°, ma chiuse la gara d’esordio con il giro più veloce, diventando il pilota più giovane a far registrare un record simile. Un esordio decisamente promettente!
Con due podi ottenuti con il team di Sir Frank, entrambi nel 2008, nel 2010 arriva la chiamata della Mercedes, rientrata in Formula 1 per la prima volta dagli anni ’50 in qualità di team ufficiale. La sfida per Rosberg è entusiasmate, ma non facile: deve infatti dimostrare di essere più veloce di un compagno di squadra scomodo come Michael Schumacher, il quale fa il suo rientro in Formula 1 dopo quattro anni di inattività.
La sfida è di quelle che appassionano e mettono i brividi, ma dal 2010 al 2012 è Nico Rosberg ad avere quasi sempre la meglio sul 7 volte campione del mondo, battendolo ovunque con una Mercedes molto meno competitiva rispetto a quella che oggi conosciamo.
Per Nico, terminata l’avventura con Schumacher, si è poi presentata una nuova sfida, ancor più terribile: quella di condividere il box con Lewis Hamilton.
Il confronto con l’inglese ha dato spettacolo, ma ha anche scatenato polemiche che hanno rovinato il rapporto tra i due piloti una volta amici, con critiche e contatti in pista.
Dopo i due mondiali conquistati da Hamilton nel 2014 e nel 2015, l’opportunità per riscattarsi è arrivata quest’anno, ed è stata colta in pieno da Nico. Il tedesco ha saputo sfruttare le occasioni favorevoli che si sono presentate, chiudendo la stagione finalmente davanti al compagno superstar, così diverso in pista e fuori da Rosberg.
In più di una circostanza infatti, lo stesso Hamilton aveva fatto capire di sentirsi superiore al tedesco, sfoggiando un’arroganza sportiva che non era piaciuta a molti.
Il 2016 però, ci regala qualcosa di diverso: ci ha donato un pilota che, onesto ed umile come suo padre, ha comunque tirato fuori quella classe e quella grinta ancor più del solito, quanto basta per diventare campione del mondo.
Che piaccia o no, Nico ha davvero meritato di chiudere davanti a tutti quest’anno, facendolo con lo stile dei Rosberg: testa bassa, piede sull’acceleratore e con l’intera famiglia a supportarlo moralmente.
Quando si vince così, non si può non essere contenti per un ragazzo così tanto latino e così poco tedesco che ha davvero conquistato tanti tifosi.
Oggi e domani, la famiglia Rosberg potrà andare a virtualmente a braccetto con quella di Hill.