
“Anno bisesto anno funesto” dice un vecchio detto.
Probabilmente non si potrebbero trovare parole più adatte per descrivere “l’annus horribilis” della Ferrari, perché, in fin dei conti, trovare degli aspetti positivi nella stagione della Rossa da poco conclusasi è arduo. Certamente anche perché gli obiettivi posti ad inizio della stagione non solo non sono stati rispettati, ma pian piano sono diventati sempre più lontani, fino ad essere irraggiungibili.
Troppa fretta?
Chi mai si sarebbe aspettato una stagione così difficile, dopo proclami e speranze che durante l’inverno avevano fatto credere ai tifosi di poter essere parte in quella lotta per il titolo mondiale che a Maranello manca, ormai, da troppi anni. Certamente fare certi proclami di riscossa, soprattutto da parte del Presidente Marchionne, non ha aiutato a tenere bassa la pressione su un gruppo che si era formato solamente alla fine dell’anno precedente, dopo l’ingresso in squadra di Maurizio Arrivabene e Sebastian Vettel, senza dimenticare l’avvicendamento del duo Tombazis-Fry con quello Allison-Resta. Non dimentichiamoci che due anni fa, durante quel pranzo di Natale indetto dai nuovi capi della GES, gli obiettivi erano diversi e più graduali: migliorare anno dopo anno per arrivare a lottare per il titolo nel 2017. Un’ottima stagione come quella 2015, sicuramente inaspettata, probabilmente ha velocizzato questo processo, portando a credere che questo gruppo e questa organizzazione fosse pronta per lottare per il titolo un solo anno dopo la grande ricostruzione messa in atto da Marchionne. Ed è proprio su questa voglia di velocizzare i tempi che si è commesso il misfatto: basti anche pensare alla vettura, radicalmente cambiata dal 2015 al 2016. Un cambio del genere, così profondo, richiede tempo, perché si è passati dal fare una vettura “convenzionale” ad una molto estrema, con tutte le difficoltà che ne conseguono: non a caso i problemi di affidabilità accusati in questa stagione sono stati moltissimi, a partire dalla Power Unit per arrivare al cambio, più volte vittima di rotture nell’arco dell’anno. Un approccio più graduale sicuramente avrebbe favorito una crescita più costante che avrebbe portato i suoi benefici man mano. In questa avventura bisogna sempre ricordarsi da dove si è partiti a fine di quel terribile 2014, non solo avaro di soddisfazioni, ma complicato da gestire anche a livello interno, con malumori e addii. Il lavoro fatto da quel momento è assolutamente lodevole, perché in due soli anni si è passati dal lottare per la zona punti a lottare per le vittorie: il reparto aerodinamico e quello del telaio hanno fatto progressi important, nonostante i cronici problemi, come quello della Power Unit, vero simbolo della rinascita della Rossa, progetto portato avanti da quel Mattia Binotto che ora è alla guida dell’intero gruppo tecnico.
Tante cose da rivedere
Le aspettative per un grande 2016 c’erano tutte. E si sa, più le aspettative sono alte, più la delusione è forte.
Non solo perché il 2016 è stato un anno avaro di soddisfazioni in termini di risultati. Questa stagione ha dimostrato ancora tutti i limiti di un’organizzazione poco efficiente che lo stesso Arrivabene, dopo l’addio di James Allison, ha cercato di modificare, rendendola più operativa ed efficace, ispirandosi ad un modello orizzontale e non ad una gerarchia verticale, come era sempre stato fino a quel momento. L’allontanamento dell’inglese ha paradossalmente bloccato l’intera Scuderia, non solo lo sviluppo della vettura ma anche la Ferrari “umana”, quella fatta di persone. Chiariamoci, Allison ha vissuto un periodo difficile e sicuramente la Ferrari, giustamente, gli ha offerto tutto il proprio appoggio per riuscire a conciliare i proprio impegni familiari con quelli lavorativi, ma il palazzo non può crollare se manca una colonna. L’ex direttore tecnico non può essere preso come una “scusa” per le gravi mancanze a livello di sviluppo tecnico che (non) si sono viste durante tutto l’anno. Se una colonna cede, devono esserci tutte le altre a portare avanti il lavoro, mentre sembra quasi che in Ferrari da quel funesto giorno di marzo tutto si sia bloccato, quantomeno fino alla ri-organizzazione seguita dopo l’addio dell’inglese. Tra le tante delusioni di questo 2016 sicuramente c’è da inserire anche il tema affidabilità che non ha aiutato a migliorare una situazione già di per sé complessa: ovviamente un progetto estremo come lo è quello della SF16-H non poteva non avere problemi, soprattutto al suo primo anno, un po’ come è giusto che sia. Sono stati completamente modificati gli ingombri, masse, aerodinamica, spazi, sono stati ridotti cambio e Power Unit per avere una forma più snella e “suadente”: ma, appunto, un tale cambiamento, così repentino, ha sempre delle conseguenze, pagate purtroppo in termini di affidabilità, specialmente per quanto riguarda il cambio, notevolmente ridotto nelle sue dimensioni per migliorare la competitività. A ciò ovviamente non si può non aggiungere il reparto strateghi che, in questa stagione, ne ha combinato di cotte e di crude: per quanto quello dello stratega non sia un compito semplice, anzi, forse è uno dei più complicati all’interno del paddock, ma gli errori e le sviste nel corso del 2016 sono state troppe, permettendo agli altri di approfittare di situazioni in cui la Ferrari poteva veramente dire la sua. Non solo gare in cui il team di Maranello poteva puntare alla vittoria, come Australia e Canada, ma anche gare in cui un podio sarebbe stato fondamentale per il morale di tutti.

Non tutto è da buttare
Ma questo non vuole essere un processo. È vero, trovare aspetti positivi nel 2016 della Ferrari è difficile, ma ce ne sono. I piloti hanno sostenuto la squadra, sempre: mai una parola fuori luogo con la stampa, mai un’accusa e nonostante anche i tanti errori strategici, Kimi e Seb non si sono mai scagliati contro quella Ferrari che sarebbe stata semplice da far crollare. Di positivo c’è un Raikkonen ritrovato, non solo competitivo, ma anche affidabile, perché durante questa stagione ha fatto della costanza uno dei suoi punti forte. Di positivo c’è la reazione di un gruppo che dopo tutti i problemi passati in stagione ha saputo rimanere compatto. Di positivo c’è anche vedere che i tanti problemi di affidabilità siano pian piano stati risolti, permettendo anche di esprimere il maggior potenziale della vettura, cosa “proibita” nei primi appuntamenti di questa stagione.
Cosa serve?
Serve calma e pazienza, soprattutto dai piani alti. Si deve dare tempo al tempo e soprattutto si dovrà cercare di togliere pressione da un gruppo che sia durante l’inverno sia il prossimo anno, sarà sommerso dalla quella stessa pressione e dai dubbi. Bisogna dare fiducia e non ricominciare, per l’ennesima volta, una ri-origanizzazione che non servirebbe a nulla. Sicuramente, però, servono degli innesti di qualità per andare a coprire quelle carenze che, ormai, stanno diventando “caratteristiche” delle vetture Ferrari: le strumentazioni sono sicuramente tra le più avanzate, ma servono anche degli innesti a livello tecnico che possano portare fantasia e qualità, quindi è necessario puntellare l’organico. È necessario dare fiducia ai piloti, non metterli in discussione, perché già durante quest’anno hanno ampiamente dimostrato di essere l’ultimo dei problemi della Ferrari. Serve vicinanza nei momenti difficili e, soprattutto, fiducia: fiducia in un groppo giovane che sta cercando di dimostrare il suo valore.
Il cambio di regolamento previsto per la prossima stagione consentirà ai team di ripartire quasi da zero, dando alla Ferrari un’opportunità di rimettersi sulla giusta carreggiata. Il passo non è complicato, serve solo pazienza e fiducia.