Qualche giorno fa Lewis Hamilton si è concesso per un’intervista alla rivista americana “Time” in cui ha rivelato molti aspetti chiave della sua vita, della sua carriera e della sua stagione passata in Formula 1.
Il talento inglese infatti ha approfittato dello spazio offertogli dalla rivista americana per parlare di molti fatti che fino ad ora erano sconosciuti, mentre il giornalista Sean Gregory ha stilato un’ottima presentazione della Formula 1.
L’articolo inizia appunto con lo spiegare ai lettori americani che cos’è la Formula 1 visto che negli States questo sport è poco conosciuto.
Fin da subito sono presenti le parole di Lewis Hamilton che spiega come durante il Gran Premio degli Stati Uniti d’America abbia ricevuto tanti fan, come se fosse una popstar.
Ma nel mezzo ad autografi, fotografie e contatti con i fan Hamilton spiega che alcuni gli hanno chiesto: “Che cos’è la Formula 1?” e l’inglese ha risposto con un: “Dove vivi in una scatola di scarpe? Non ne hai mai sentito parlare?”
Già questo solleva un punto importante in cui ci accorgiamo che davvero la Formula 1 non è ai livelli del Basket o del Football Americano negli USA, ma, come sottolineato dal giornalista, l’acquisto di Liberty Media ha anche questo scopo, cioè portare il Circus a quel pubblico che adora la spettacolarità e chi non meglio di un ambasciatore di questo sport come Hamilton per iniziare a diffondere la “F1 mania”.
Dopo aver parlato della Formula 1, Lewis ha iniziato a raccontare di se stesso e della sua infanzia.
Iniziò a correre quando aveva 6 anni, anche se i suoi genitori erano divisi da quando ne aveva 2, non viveva nel lusso, ma in povertà tanto che in questa intervista è arrivato ad affermare: “Avevamo un attrezzatura da schifo, una macchina da schifo e un rimorchio da schifo” (ha usato termini ben più coloriti, ma questi riassumono bene il concetto).
Nonostante questo il giovane Lewis vinceva e andava veloce, ma il fatto di essere un bambino di colore non lo ha risparmiato da episodi di razzismo. “Alcuni genitori, quando vincevo le gare, venivano da me a dirmi che non ero bravo, che non avevo talento e che dovevo smettere di correre. Io rispondevo loro facendogli notare che avevo appena battuto i loro figli e quindi se ne andavano furiosi”. Poi il tre volte campione del mondo ha continuato dicendo: “Sono stato vittima di bullismo da piccolo e a scuola, assieme ad altri bambini di colore, venivo odiato”. Fu così che un giorno in macchina con suo padre Hamilton mostrò il primo segno di grande coraggio: “Guardai mio padre e gli chiesi se potevo fare karate, volevo imparare a difendermi da solo!”
Un’infanzia difficile quella di Lewis che però non ha impedito la crescita di un talento cristallino e la formazione di un carattere forte, sempre pronto alla sfida e sempre pronto a migliorarsi, ma anche in grado di prendere decisioni importanti per il suo futuro che si sono rivelate poi decisive.
L’articolo si sofferma su una curiosità che pochi sanno. Nel 1995, a soli 10 anni di età , ad un salone di auto-sport, Lewis Hamilton incontrò Ron Dennis, un uomo che era stato accanto all’idolo del giovane pilota inglese, Ayrton Senna. Senza peli sulla lingua, Lewis Hamilton andò dalla storica figura Mclaren e gli disse: “Voglio correre con le vostre vetture un giorno!” e Ron Dennis lo ha subito messo nel vivaio della Mclaren.
Durante il Gran Premio di Germania del 2016, vedendo Mick Schumacher nel box Mercedes, Lewis disse una cosa molto importante: “Mi ricorda molto me quando iniziai a frequentare il mondo della Formula 1, ha quello sguardo, lo sguardo di chi sa che può batterli tutti”.
Esatto, Hamilton fin dal suo primo anno in Formula 1 sapeva che aveva il talento per battere tutti e ci andò veramente vicino nel 2007, divenendo però il più forte rookie di tutti i tempi e un anno dopo, a soli 23 anni, si laureò per la prima volta campione del mondo e la sua carriera iniziò ha farsi importante.
Nel 2011 ebbe la forza di licenziare il padre, che aveva il ruolo di manager incrinando un po’ il rapporto, ma lui sentiva che era la miglior cosa per entrambi e quindi prese questa decisione.
Nel 2014 e nel 2015 vinse per due volte il titolo mondiale piloti, ma quando ha iniziato a parlare del 2016 ha spiegato che è stato un anno difficile e che è entrato in quel periodo della post-sconfitta dove trasformava i pensieri negativi in pensieri positivi.
Nella parte finale dell’intervista, Hamilton parla di come la Formula 1 debba prendere spunto dal SuperBowl, ovvero la finale del massimo campionato di football americano che smuove interi gruppi di tifosi e appassionati e permette alle città ospitanti di investire sul turismo e sullo sport. Così dovrebbe essere la Formula 1, invece di una singola città ce ne sono 20 e sono sparse in tutto il mondo, ma Liberty Media deve fare in modo che assieme al Circus arrivino migliaia di spettatori da tutto lo stato ospitante e da tutto il mondo per assistere ad un vero e proprio spettacolo.
In conclusione Lewis Hamilton parla delle sue aspettative per il 2017, in cui dice che aver perso il titolo gli ha fatto molto male, ma gli ha anche dato la forza per andare avanti e accettare la sfida del prossimo anno, cercando la riconferma e magari indossando per la 4° volta la corona iridata.