C’era una volta … Un bullone? Un estintore? Un giovane cavaliere?
No. Stavolta no. C’era una volta un re. O meglio: fino a ieri avevamo un re, un monarca assoluto che governava col pungo di ferro verso tutto e il guanto di velluto verso qualcuno – a rotazione – il cui regno faceva il giro del mondo.
Bernie Ecclestone non è un uomo appariscente né tantomeno attraente, non lo è mai stato: se non fosse quello che è, un potentissimo e ricchissimo titano, potrebbe passare per un normalissimo, smilzo anziano che si fa tagliare i capelli alla maniera delle nonne di una volta, vale a dire seguendo il profilo di una scodella messa in testa. Eppure ha capito che mostrando a tutto il mondo quei baldi cavalieri del rischio, giovani affascinanti che si gettavano con i loro bolidi fra gli yacht di Montecarlo e che si giocavano a sorte la vita per una bandiera a scacchi, avrebbe fatto innamorare della Formula Uno un pubblico gigantesco e trasversale.
Bernie Ecclestone non ama il progresso. Il progresso viene dal cambiamento e cambiamento genera; rimescola le carte, mette in discussione l’esistente, modificando le cose note. Tutto questo gran parlare di rendere la Formula Uno diversa, per esempio più attenta ai nuovi media, più facilmente fruibile grazie agli strumenti del web e della condivisione gli ha sempre dato noia, dando luogo a categorici rifiuti. Un ottuagenario contro i nativi digitali: è lo scenario di un futuro distopico che un film di fantascienza potrebbe raccontare, un film di serie b, b come Bernie. Eppure agli albori della sua epopea, ha intuito il potere del mezzo televisivo scoprendo la miniera d’oro dei diritti di trasmissione, che usò per arricchire sé stesso ma anche per far crescere la Formula Uno.
Bernie Ecclestone non è semplicemente un ragazzo povero diventato milionario. Bernie ha reso la sua passione, vale a dire le corse automobilistiche, un lavoro, ma non solo: ha fatto sì che questo lavoro lo rendesse miliardario. E, se questo non bastasse, si è assicurato di trarne non solo soldi, ma anche potere. Il potere di governare, di concedere i suoi favori a questo o a quello, di disfarsi della Germania e di accogliere Singapore, certo, ma anche il potere di rendere quello che era il suo passatempo da ragazzo una perfetta macchina da intrattenimento, attraente per le grandi case automobilistiche, gettatesi tutte nella competizione.
Bernie Ecclestone non si cura di ciò che non può dargli un profitto. Per cui non parlategli del grande cuore dei tifosi assiepati sui prati, della radicata cultura motoristica di certi Paesi, di quelle Scuderie che sono icone, di quei piloti che sono bandiere e non banderuole o del fatto che la spettacolarizzazione televisiva sta lentamente mangiandosi l’aspetto sportivo della Formula Uno: nemmeno vi ascolterà e, se alzate la voce, vi mostrerà il dito medio. Eppure dicono che Bernie, una volta, avesse un cuore. Lo lasciò sulla sopraelevata di Monza un sabato di settembre del 1970, accanto ai resti martoriati della Lotus del suo Jochen Rindt.
Oggi il re è stato deposto, perché ha venduto il suo regno ad altri e si sa che, quando arriva un nuovo padrone in un castello, non si cambiano solo gli arredi ma soprattutto le persone. Nessuno governa facendo fare il re a un altro. Bernie Ecclestone ha dichiarato che gli faranno fare il presidente onorario, benché lui non sappia proprio cosa farsene di questa carica. Ecco, qui ci starebbe bene un augurio simile a quello che mandò ad Heikki Kovalainen per telegramma, in occasione della sua prima vittoria: caro Bernie, se è vero che dopo aver conquistato la prima vetta, la strada dopo è tutta in discesa, beh, abbi fiducia che sarà così anche per te con il tuo nuovo incarico di presidente onorario. Dopo i primi giorni sarà tutto più facile. Ti abituerai. O forse no e noi ti vedremo tornare.
Se tanti di noi hanno conosciuto e imparato ad amare la Formula Uno, ricordano le gesta dei grandi campioni e hanno vissuto pericolosamente dal divano di casa accanto alle leggende del volante lo devono a lui, al re che ha reso universale uno sport destinato a pochi appassionati. Uno sport che non è più tumultuoso e anarchico ma che è sempre bellissimo e amatissimo, probabilmente perché risentimenti e malumori si sono concentrati sul suo re. Oggi il re è stato deposto e al suo posto ne arrivano tre: tre, dove prima bastava uno.
Grazie, Bernie. Auguri!