Nell’immaginario collettivo abbiamo la puntuale percezione, o se preferite lo stereotipo, di etichettare i sudamericani come persone solari, con un cuore caldo e con un brillante sorriso stampato sul volto che, difficilmente, si vede in altre zone del mondo.
Lo sport, prima di qualsiasi altro settore, è forse lo strumento che ci fa ammirare nel migliore dei modi le caratteristiche umane di queste persone, concentrate nella loro attività ma che non rinunciano ad essere cerimoniosi. Quella stessa felicità che li rende consapevoli di essere uomini o donne privilegiati, che si sono costruiti il successo spesso partendo dalla povertà, dalla miseria e dalla disperazione.
Quotidianamente assistiamo a questi esempi nel calcio, con giocatori brasiliani o argentini (solo per citare due nazionalità) che incantano i tifosi di tutto il mondo con i loro piedi fatati. Tutti atleti capaci di crearsi una popolarità immensa partendo spesso e volentieri dal basso, dal degrado di quartieri difficili, dove la violenza e la criminalità sono realtà tristemente note.
La Formula 1, così come il mondo del pallone, ha conosciuto tantissimi piloti provenienti dall’America Latina. In tutti questi anni, tra di loro, sono emersi anche tanti campioni del mondo. Gente dal carattere estroverso (Nelson Piquet, solo per citarne uno) e uomini introversi e pensanti, come se questi ultimi fossero poeti del volante (Ayrton Senna, per citare il più grande).
Eppure, nonostante tutto, vi sono stati anche sudamericani tristi. Ottimi piloti dotati un talento spesso tradito e sprecato dalla propria personalità, così difficile da interpretare e così maledettamente poco accettata.
Su tutti, spicca un argentino che di sorrisi ne ha regalati pochi, ma che con il suo talento avrebbe potuto far parte dell’Olimpo dei Grandi, se non fosse stato per il suo animo complicato che lo portava a disputare gran premi sotto le righe ed a compiere scelte errate per sé stesso.
Carlos Reutemann è stato tutto questo: un pilota di tutto rispetto a cui è mancata solo la gloria iridata. Un pilota vero e proprio, un duro in pista quando si sentiva in giornata, ma anche diffidente e mai quieto. Un argentino dagli occhi di ghiaccio, un pezzo d’uomo avvolto da un fisico scolpito e da mille perplessità. Un sudamericano atipico, un pilota dal carattere dubbioso e cupo, tanto che passò alla storia con il soprannome di “Gaucho triste” (ragazzo triste).
Nato nel 1942 a Santa Fé con un cognome già così poco ispanico (il nonno era di origini svizzero-tedesche), l’argentino è stato uno dei protagonisti indiscussi della Formula 1 degli anni ’70. Basta solo citare i team con i quali ha corso per capire che non stiamo parlando di un pilota qualsiasi: Brabham, Ferrari, Lotus e Williams. Dodici vittorie conquistate in quasi dieci stagioni disputate, tutte segnate da alti e bassi che farebbero impallidire anche la più temuta delle montagne russe, tutte marchiate da un carattere che avrebbe messo in difficoltà anche il più esperto tra gli psicologi.
Anche se non era un esperto qualificato della psiche umana, è stato forse Enzo Ferrari l’uomo che si è meglio espresso sul suo pilota tra il 1976 ed il 1978. Di lui disse e scrisse così, alla vigilia del campionato 1979: “Reutemann è un pilota tormentato e tormentoso. Capace di risolvere situazioni difficili, supplendo anche ad occasionali deficienze meccaniche, ma labile a sciupare per emotività congenita risultati acquisibili in partenza”.
Il Commendatore fu uno dei tanti personaggi della Formula 1 di quell’epoca a non apprezzare la personalità di Reutemann. Eppure, fu lo stesso Enzo Ferrari ad offrire la grande occasione all’argentino per il 1976, chiamandolo alla corte di Maranello per sostituire l’infortunato Niki Lauda.
Chissà se il “Drake” avesse visto in lui il degno erede di Juan Manuel Fangio, primo ed unico argentino a laurearsi campione del mondo. Quel che è certo, è che il “grande Vecchio”, riconosciuto da tutti come un abile scopritore di talenti, non aveva sbagliato di molto i propri calcoli.
Reutemann approdò infatti a Maranello dopo quattro stagioni e mezzo alla Brabham, team con il quale ottenne quattro vittorie ed altrettanti podi.
Riconfermato dal team emiliano anche per il 1977, nonostante il difficile rapporto con il compagno di squadra Lauda, l’argentino si portò a casa altre cinque vittorie, candidandosi come uno dei pretendenti al titolo per la stagione 1978, liberato finalmente dalla pressione di un avversario scomodo come Lauda.
La Ferrari di quell’anno però, non è all’altezza. Le aspettative di Reutemann crollano di fronte al dominio incontrastato della Lotus, che proprio in quella stagione presenta una delle soluzioni aerodinamiche più efficaci della storia della Formula 1: l’effetto suolo.
L’argentino, indispettito dal clamore della folla per l’altro emergente ferrarista, Gilles Villeneuve, decide di cambiare aria. Approfittando della sua abilità a siglare contratti e sponsor con team molto competitivi, per il 1979 riesce ad accasarsi proprio con la Lotus. Il sogno di poter finalmente diventare campione del mondo però, si scontra con la dura realtà dei fatti.
La Lotus ormai, dopo il miracolo dell’effetto suolo, resta clamorosamente indietro rispetto agli avversari: la Renault sforna il motore turbo, mentre la Ferrari, che aveva lasciato proprio l’anno prima, si laurea campione del mondo con Jody Scheckter.
Incredibilmente deluso dalla propria scelta, Reutemann si gioca l’ultima carta della sua carriera: la Williams.
Nel 1980 inizia così la sua nuova avventura, anche se nel corso della sua prima stagione è costretto a cedere il passo al proprio compagno Alan Jones, capace di laurearsi campione al termine di una lunga battaglia con Nelson Piquet.
Ed è proprio con il compagno di squadra australiano che va in scena l’ennesima, clamorosa “follia” dell’argentino. All’inizio del 1981 la Williams, puntando tutto su Jones, conferma il campione del mondo in carica come prima guida. Reutemann quindi è obbligato al ruolo di secondo pilota, ma il suo orgoglio stavolta non accetta questo status.
Già al secondo appuntamento della stagione, in Brasile, il sudamericano disobbedisce agli ordini di scuderia, superando clamorosamente Jones ed andando a vincere la gara, ignorando del tutto il congelamento delle posizioni. Un comportamento incomprensibile e fastidioso, tanto che la Williams e soprattutto lo stesso Jones non dimenticheranno facilmente.
Il resto della stagione 1981 intanto prosegue. Reutemann è impegnato in un duello senza esclusione di colpi proprio con il suo ex team: la Brabham di Nelson Piquet. Stavolta però l’argentino sembra scrollarsi di dosso quell’etichetta da “Gaucho triste”, restando costantemente in testa alla classifica iridata grazie a numerosi piazzamenti a punti e con due vittorie.
Piquet però, altro pilota molto duro da sconfiggere, non demorde. Alla vigilia dell’ultima gara, a Las Vegas, Reutemann è in vantaggio di un solo punto in classifica sul brasiliano. In qualifica è il pilota della Williams a conquistare la pole position, ma in gara la musica cambia.
Tradito dalla pressione di portarsi a casa il mondiale, Reutemann è protagonista di una pessima partenza che lo spinge indietro. Piquet lo supera senza difficoltà, e così anche Alan Jones. Il brasiliano chiude quinto, ma grazie all’ottavo posto di Reutemann diventa campione del mondo.
La cocente delusione del pilota della Williams lo fa rinchiudere ancor di più in sé stesso, tanto che nel 1982 si consuma il divorzio con il team inglese.
Complice anche la Guerra delle Isole Falkland (con un argentino che non era quindi ben visto in una squadra britannica), Reutemann disputò solo i primi due gran premi, per poi rescindere il contratto e ritirarsi dalla Formula 1, immerso nei suoi pensieri e nel suo velo di tristezza così poco latino.
Terminata l’esperienza in Formula 1, non si dedicherà mai più a competizione automobilistiche sportive. Tornato nella sua amata Argentina per dedicarsi alla famiglia, Reutemann decide di prendere una strada insolita, mai presa da nessun altro ex pilota.
Non commentatore per la tv, e nemmeno opinionista. Con una nuova Argentina, tornata finalmente democratica dopo gli orrori della dittatura, Reutemann si prende la non tanto facile responsabilità di scendere in politica.
I frutti del suo impegno maturarono negli anni ’90, con una doppia elezione a Governatore della Provincia di Santa Fè con il partito populista “Fronte per la vittoria”, nel quale milita ancora oggi con altri incarichi.
Forse Carlos Reutemann ha ritrovato la sua dimensione in un ruolo così diverso da quello della competizione sportiva, ma limitatamente alla Formula 1 resterà sempre colui che sfiorò sempre il successo. Colpa di un carattere diffidente e schivo? O forse colpa della sua scarsa fiducia nei confronti del mezzo?
Poco importa oggi quali fossero le responsabilità di allora. In Formula 1 Carlos Reutemann è sinonimo di “Gaucho triste”.