Sopravvivere in Formula 1 è uno degli aspetti più difficile per un team minore. Gli enormi costi di questo sport, e la continua necessità di trovare sponsor e fondi, mettono a dura prova tutte le strategie economiche di una squadra più piccola, che fa inoltre fatica a ritagliarsi un posto tra i più grandi anche in pista. Seppur tra mille problemi e difficoltà di ogni genere, a volte la partecipazione ai campionati è assicurata, altre volte no.
In quest’ultimo caso rientra da oggi, purtroppo, anche il team Manor. Dopo sei anni di vita in Formula 1, il team britannico ha dovuto ufficialmente alzare bandiera bianca, rinunciando ad iscriversi alla prossima stagione.
Nella giornata odierna era prevista una riunione dei vertici della squadra, i quali cercavano già da qualche mese un nuovo acquirente, il quale avrebbe garantito la sopravvivenza del team anche per il 2017.
La mancanza di fondi, e conseguentemente anche l’assenza di probabili investitori, hanno obbligato la chiusura definitiva del team, il quale ha dovuto irrimediabilmente lasciare a casa il proprio personale.
La vicenda della Manor termina dopo un lungo periodo di enormi difficoltà finanziare, condite da un mancato piazzamento tra i primi dieci in classifica nella scorsa stagione. In Formula 1 infatti, i team che non si posizionano nella top 10 del campionato costruttori non possono godere del premio economico assegnato dalla federazione.
La Manor avrebbe potuto usufruire di questo montepremi fino al Gran Premio del Brasile, ma il piazzamento a punti di Felipe Nasr ha invece contribuito al sorpasso in classifica della Sauber, rilegando la Manor al tanto temuto 11° ed ultimo posto. Con quel piazzamento, Nasr ha di fatto salvato la Sauber, mentre ha condannato la Manor al fallimento.
La breve storia della Manor in F1
Sei anni. E’ questo il periodo di tempo in cui tutti noi ci siamo affezionati a questo team, travolto da numerose difficoltà in pista ma comunque capace di chiudere la sua breve storia con due punti conquistati.
Fondata da John Booth nel 2009 con sede a Banbury (Inghilterra), la Manor partecipa al suo primo campionato nella stagione 2010. Per accordi commerciali e di sponsorizzazione, il campionato di quell’anno vede la prima comparsa della Manor sotto il nome di Virgin Racing. I primi due piloti ad entrare nell’abitacolo della nuova squadra sono il tedesco Timo Glock ed il brasiliano Lucas Di Grassi. La vettura incontrò enormi difficoltà già a partire dai test invernali, ma saltò subito all’occhio per un curioso dettaglio tecnico; alimentata da un motore Cosworth, la Virgin fu il primo team di Formula 1 a presentare una monoposto interamente disegnata usando la fluidodinamica computazionale senza l’utilizzo della galleria del vento.
Nonostante l’innovazione, la Virgin andò incontro a numerosi ritiri e piazzamenti fuori dalla zona punti, che decretarono un 12° ed ultimo posto nella classifica costruttori.
Ma mentre Timo Glock veniva confermato per il 2011, Di Grassi fece i bagagli, e lasciò il proprio volante ad un giovane pilota belga di origini italiane: Jerome D’Ambrosio.
I ritiri diminuirono sensibilmente, ma la stagione si chiuse comunque con zero punti e nuovamente al 12° posto. Nel frattempo la Virgin di Richard Branson non rinnova il contratto di sponsorizzazione con la Manor.
L’era Marussia
Senza l’appoggio economico di uno sponsor così grande, l’avventura della Manor sembra finire anzitempo. Invece, poco prima dell’inizio della stagione 2012, la Manor accoglie l’ingresso azionario della casa automobilistica russa Marussia, dando vita così ad una nuova denominazione del team sotto licenza russa.
Equipaggiata ancora una volta con i motori Cosworth, e con una partnership con McLaren per lo sviluppo tecnico della vettura, la Marussia si presenta così al campionato 2012 con Glock e con il francese Charles Pic.
Il rendimento dei due piloti e l’ennesima annata negativa costringono i vertici della Marussia ad un doppio cambio di piloti. Arrivano così per il 2013 l’inglese Max Chilton ed un altro francese, anch’egli di origini italiane e con un sorriso che entrerà nel cuore di tutti:
Jules Bianchi.
La stagione 2013 è assolutamente da dimenticare, anche se Bianchi si dimostra in costante crescita di confidenza con il mezzo.
La prova della maturazione di Bianchi arriva l’anno successivo, nel 2014. La Formula 1 entra definitivamente nell’era dell’ibrido, e la Manor si affida ai motori Ferrari rinunciando così al Cosworth.
L’appuntamento con la storia si presenta puntuale al Gran Premio di Monaco. Su una delle piste più difficili dell’intero calendario, Bianchi guida alla perfezione e conclude la gara addirittura al 9° posto. Con i due punti conquistati, la Manor ottiene così i suoi primi punti iridati, così come per il suo pilota. Questo sarà inoltre il miglior piazzamento dell’intera storia di questa squadra.
L’entusiasmo è enorme, ma nonostante i sorrisi incombono altri problemi finanziari. Si arriva dunque a fine stagione, ma alle difficoltà economiche si aggiungerà presto un dramma: nel corso dei primi giri del Gran Premio del Giappone, Jules Bianchi esce di pista e va a sbattere violentemente contro una gru di servizio, che si trovava a bordo pista per rimuovere un’altra vettura incidentata. L’impatto, avvenuto in regime di bandiera gialla, porterà non solo ad una denuncia della famiglia Bianchi alla FIA, ma anche e soprattutto ad una grave perdita:
dopo mesi di coma, Jules Bianchi muore nella sua Nizza il 17 luglio 2015, lasciando un vuoto incolmabile e la sensazione di aver perso per sempre un pilota talentuoso e ricco di tante buone qualità umane.
La stagione 2014 di fatto si conclude lì per la Marussia. In preda alla mancanza di fondi, il team anglo-russo non prende nemmeno parte ai restanti gran premi.
Lo spettacolo deve comunque continuare. Mentre Bianchi è ancora in lotta per la sua vita, la Marussia presenta il nuovo team per il 2015 dopo aver parzialmente risolto i suoi problemi.
Anche il sedile di Chilton salta, e la nuova coppia di piloti diventa quella formata dall’inglese Will Stevens e dallo spagnolo Roberti Merhi. Sul finale di stagione il rendimento (e gli sponsor) del pilota iberico iniziano a scarseggiare. In queste condizioni, Merhi non prende parte ad alcuni gran premi, venendo sostituito dall’italo-americano Alexander Rossi. Nonostante la sua stagione da “rookie”, e per giunta a campionato in corso, Rossi è spesso protagonista di ottime gare, dove sfiora più volte la zona punti.
Sembrerebbe essere lui il pilota sul quale affidarsi nel 2016, ma non sarà così.
La Manor Racing
Nel 2016 avvengono infatti numerose novità. Per la prima volta il team viene ufficialmente denominato Manor Racing, avviando inoltre una collaborazione niente meno che con la Mercedes (la quale fornirà anche le power unit). Anche i piloti non sono più gli stessi. La Manor fa debuttare due giovani piloti: Rio Haryanto da una parte (che diventa così il primo indonesiano a correre in Formula 1) ed il tedesco Pascal Wehrlein dall’altra, con quest’ultimo proveniente dalla DTM.
Mentre Haryanto delude (a tal punto che viene rimpiazzato a metà stagione dal francese Esteban Ocon), Wehrlein si fa subito notare per il suo talento. In qualifica riesce a superare più volte la Q1 (impresa non facile per un team minore), ed in gara non sfigura quasi mai.
Il secondo appuntamento con la storia, non a caso, arriva proprio grazie ad un exploit del debuttante tedesco, che in occasione del Gran Premio d’Austria coglie un 10° posto che vale 1 punto.
Sarà l’ultima festa della Manor. In Brasile viene scavalcata in classifica (per il rotto della cuffia) dalla Sauber, la quale condanna inevitabilmente il team inglese alla fine della sua avventura in Formula 1.
Per certi aspetti, da quelli più comici a quelli più seri, la Manor mancherà un po’ a tutti. Intanto, la sua assenza nel 2017 è già diventata una triste realtà.