Aerodinamica F1 2017: tanti cambiamenti, non del tutto inediti
Ci siamo, la stagione di Formula 1 2017 è ormai alle porte. Ed inizia nel modo più inatteso: ad aprire le danze, infatti, è stato il defunto Manor Racing. La Manor MRT07, monoposto che avrebbe dovuto prender parte all’imminente Mondiale, ha svelato le proprie forme. Benché si tratti di un modello embrionale in scala ridotta per lo studio in galleria del vento (in scala 50%-60%), esso può aiutare a comprendere meglio le principali tendenze stilistiche in atto in questo 2017. Come si evince, le forme generali delle vetture 2017, specie in alcune aree, non si discosteranno in modo marcato da quelle viste sino allo scorso anno, eccezion fatta, ovviamente, per le ormai note variazioni.
I mutamenti regolamentari che caratterizzeranno le nuove monoposto di F1 – aerodinamica, dimensioni, pneumatici, freni, motore, peso, materiali di costruzione, etc. – sono stati ampiamente trattati, e continueranno ad essere analizzati nel dettaglio sin dai primi test collettivi, in programma a partire dal prossimo 27 febbraio sul tracciato catalano di Montmelò. Le modifiche esteriori che investiranno le Formula 1 2017, tuttavia, non sono inedite. Al contrario, riprendono e attualizzano canoni tecnici già visti e adottati in tanti anni di motorismo sportivo.
Iniziamo dagli alettoni. Il Regolamento FIA Formula 1 2017, come noto e parimenti ai recenti Regolamenti, vincola sin troppo rigidamente le fattezze generali di questi determinanti elementi aerodinamici.
L’ala anteriore in versione 2017 [Foto 1 e 2] deve presentare una pianta a freccia positiva (ad iniziare dal profilo centrale neutro, unificato per tutte le vetture), dagli sbalzi rigorosamente esplicitati dal Regolamento stesso.
L’angolo di freccia è pari a 12,5° (angolo convenzionalmente descritto dal bordo d’attacco alare e il piano trasversale). Ricordiamo che un’ala a freccia positiva si ha quando bordo d’entrata ed uscita presentano, appunto, una freccia positiva (viceversa, si ha una pianta a freccia negativa). L’ala anteriore – sin dalle prime concrete applicazioni a bordo di monoposto da competizione – è sempre stata e continua ad essere oggetto di profondi studi di fluidodinamica e, più precisamente, aerodinamica. Ogni elemento geometrico dell’ala viene – compatibilmente ai mezzi e alle risorse, umane, tecnologiche ed economiche, a disposizione – studiato nel dettaglio, alla ricerca di quel famigerato compromesso tra deportanza, riduzione della resistenza aerodinamica, stabilità, efficienza: profili, sezioni, piante, corde, angoli diedri, bordi di attacco e uscita, svergolamenti, ogni parametro, dunque, è attentamente (e anche intuitivamente, dote che non guasta mai possedere…) studiato e testato. Le attuali ali anteriori sono complesse e intricate, frutto di studi (anche al limite – e forse oltre – del placebo…) di micro-aerodinamica.
In decenni di corse, i tecnici progettisti hanno potuto sbizzarrirsi, specie in epoche in cui i vincoli regolamentari erano assenti o ridotti all’osso: ali rettangolari o diritte, a freccia positiva, a freccia negativa (in questo senso, degna di nota l’applicazione di siffatta ala sulla Alfa Romeo 179 del biennio 1979-1980, progettata da Carlo Chiti e Robert Choulet), trapezoidali (o rettangolari rastremate; Ferrari 312 T e seguenti, solo per citare illustri e immediati esempi), a delta (Brabham BT52 e BT53, 1983-1984), ellittiche (March 711, 1971), angoli di diedro positivi e negativi (numerose e che meriterebbero ulteriori approfondimenti le applicazioni in tal senso, anche prendendo in esame vetture non F1), ali basse, medie e alte. Insomma, un campionario eterogeneo, completo e ricco. Ad ogni modo, è un vero peccato che la FIA stabilisca, ormai da anni e in modo così rigido, le fattezze (almeno nelle forme generali) dell’ala anteriore. Sarebbe più opportuno concedere ampia libertà di manovra, visto e considerato – è la storia a dimostrarlo – che le alternative possibili sono molteplici.
Mostriamo, di seguito, alcuni esempi di ali anteriori – a piante diverse – che presentano bordi di entrata provvisti di angoli di freccia positivi, più o meno pronunciati.
La Surtees TS7 del 1970 [Foto 3] adottava semiali a delta tagliato (il cosiddetto “cropped delta”), la Ferrari 312T4 del 1979, invece, è un classico esempio di ala a sbalzo trapezoidale o rettangolare rastremata, soluzione proposta con successo tra la metà degli Anni ’70 e i primissimi Anni ’80 dalla Casa di Maranello [Foto 4].
Ali trapezoidali o rettangolari rastremate vengono applicate, ad esempio, anche sulle Ferrari 126C2B/126C3 del 1983 [Foto 5] e 126C4 del 1984 [Foto 6].
La Brabham BT52 e la Ferrari 156/85 [Foto 7 e 8], invece, mostrano due diverse interpretazioni della stessa pianta alare a delta ritagliato: decisamente più accentuato l’angolo di freccia proposto da Gordon Murray e David North rispetto al bordo d’attacco della Ferrari di Postlethwaite-Migeot (nello stesso anno, la 156/85 presentava anche un’ala completamente rettangolare).
Attualmente – e ben prima di questo ritorno di fiamma della F1 per un’ala anteriore contraddistinta da un angolo di freccia positivo – la Dallara Formula v8 3.5 [Foto 9] sfoggia un “main plane” dell’ala anteriore dal bordo di attacco qualificato da un moderato angolo di freccia positivo.
Novità anche per quanto concerne la fattura dell’alettone posteriore. Come noto, questo elemento aerodinamico presenterà dimensioni rivisitate: più largo, più basso (e, in questo senso, meno efficiente) e con paratie verticali a “doppia larghezza”. In particolare, due peculiarità tecniche conferiranno a questo dispositivo aerodinamico forme obbligate e, sotto questo punto di vista, standardizzate: l’inclinazione e la “doppia larghezza” delle paratie verticali.
I bordi di attacco e di uscita delle paratie verticali debbono essere inclinati all’indietro e paralleli: l’angolo descritto rispetto alla verticale è pari a 24° [Foto 10 e 11].
Si tratta, invero, di una soluzione non inedita ed orientata – nelle intenzioni – a conferire alle monoposto di Formula 1 un aspetto più accattivante e “futuristico” (ammesso e non concesso che le odierne paratie risultino sgradevoli). Il disegno delle paratie verticali, infatti, è strettamente legato a tutto il funzionamento del “dispositivo ala”. In questo caso, tuttavia, il disegno è imposto, come del resto è imposto – più per mere ragioni estetiche che funzionali – l’andamento a freccia dell’ala anteriore e delle fiancate.
Le derive verticali (o paratie) ricoprono un ruolo importante nell’economia del corretto funzionamento di una qualsivoglia ala. Esse, infatti, assolvono tre compiti principali: limitare e correggere i dannosi effetti dell’allungamento alare finito – i quali, inevitabilmente, corrompono l’efficienza dell’ala stessa –, fungere da pareti verticali di un Venturi (l’alettone può essere considerato a tutti gli effetti un Venturi, di ridotte dimensioni, che agisce di concerto con il profilo estrattore), fungere, infine, da pinne di controllo della stabilità trasversale. Per tutte queste ragioni, le paratie verticali debbono integrarsi e armonizzarsi al meglio con tutti gli elementi aerodinamici che costituiscono un’alettone, nonché con il resto del corpo vettura e dei dispositivi aerodinamici, alla ricerca – come sempre – del miglior compromesso possibile e della massima efficienza. Negli ultimi anni, non a caso, esse hanno subito evoluzioni assai complesse, grazie ad articolate sagomature, soffiature, slots, frange, nolder e così via.
Nel corso dei decenni, le paratie verticali hanno assunto le forme più disparate, dalle più semplici alle più complesse, a testimonianza della incredibile varietà di alternative esistenti e sperimentate dai tecnici progettisti. Dopo anni di paratie tendenzialmente rettangolari-svasate-arcuate in prossimità delle ruote posteriori e dall’ampia superficie (per lasciare più spazio alle scritte degli sponsor, ebbene sì…), nel 2017 si passa ad elementi meno estesi e orientati all’indietro. In passato, unire le paratie verticali dell’alettone posteriore al resto della carrozzeria era prassi discretamente diffusa.
Spesso, pertanto, le derive verticali venivano orientate all’indietro e traevano origine a valle delle fiancate. Non solo, però, ala e carrozzeria unite; e – contrariamente a quanto accadrà in questo 2017 – non solo bordi di entrata e uscita perfettamente paralleli (gli angoli di inclinazione dei due bordi, infatti, potevano essere diversificati).
Dalla Ensign N173 del 1973 alla Amon AF101 del 1974 [Foto 12], dalle Wolf WR7, 8 e 9 del 1979 [Foto 13] alla Merzario A2 del medesimo anno, dal caso particolare della Jordan EJ15 [Foto 14] alla Lola B05/52 A1GP (entrambe datate 2005) [Foto 15], ci si accorge di quanto l’impostazione delle attuali paratie delle monoposto di Formula 1 non sia inedita ma, al contrario, presa a prestito dal passato o dal recente passato.
Ovviamente, simili derive sono state e sono tutt’oggi proposte ed applicate anche nel mondo delle ruote coperte, in particolare a bordo di vetture Prototipo. Si tratta di una alternativa, ugualmente funzionale e redditizia, alle più tradizionali paratie verticali, rettangolari, tondeggianti e così via. Spesso, invero, si sceglie un disegno piuttosto di un altro su mere ragioni estetiche o di risparmio di peso, alla luce di un non riscontrabile e apprezzabile vantaggio di una soluzione rispetto ad un’altra.
Anche la caratteristica che chiamiamo “paratia a doppia larghezza” non è inedita. Si tratta, infatti, di una soluzione già vista e applicata, peraltro in tempi assai recenti. Le paratie, nella vista frontale (questo particolare disegno sarà ancor più apprezzabile osservando le monoposto da dietro), assumono una tipica forma svasata, a bottiglia, con una dolce rastremazione a raccordare le due “porzioni” qualificate dalle diverse larghezze: più ravvicinate in basso (sino ad un massimo di 840 mm in senso trasversale), più distanziate in alto (massimo 950 mm, coincidente con la larghezza massima dell’alettone posteriore).
Vedremo in che modo i progettisti interpreteranno questo nuovo parametro regolamentare e come il nuovo alettone interagirà con l’altrettanto rinnovato profilo estrattore, dalle dimensioni interamente riviste e potenziate capacità diffondenti [Foto 16].
Tra le applicazioni più attuali di siffatte paratie verticali, citiamo le monoposto che hanno animato e animano il mondo dei campionati Formula Renault. Le attuali Dallara Formula V8 3.5 e Tatuus Eurocup Formula Renault 2000 (sulla scia della precedente Caparo) presentano proprio questo tipo di ala [Foto 17 e 18].
E veniamo all’ulteriore elemento tecnico attorno al quale è possibile rintracciare spiccate analogie con quanto fatto in numerose stagioni di competizioni: le fiancate. Il nuovo Regolamento, infatti, prescrive pance a freccia positiva, il cui angolo sarà di circa 15° [Foto 19].
Simili pance hanno spopolato per anni. Anche in questo caso, si tratta di un vezzo stilistico che, sempre nelle intenzioni, dovrebbe conferire alle auto una linea più slanciata e “futuristica”. Da quando esistono le “pance” – intelligente alloggiamento per radiatori e altre componenti – i tecnici progettisti hanno liberato la fantasia circa le forme, le sezioni, le lunghezze, le altezze, le rastremazioni e le funzioni di questi ormai familiari e ricorrenti elementi del corpo vettura. La accurata progettazione del tunnel radiatori e delle fiancate stesse – dall’ingresso sino alla rastremazione in corrispondenza del retrotreno –, infatti, ricopre un ruolo determinante ai fini di una efficiente aerodinamica dei flussi esterni ed interni.
Orientare le pance all’indietro – conferendo, pertanto, il tipico andamento a freccia in corrispondenza della faccia d’entrata – ha rappresentato per tanti anni una delle interpretazioni più diffuse, in Formula 1 e non solo. Soluzione, questa, controcanto delle pance cosiddette “controventate”, interessantissima soluzione vista anche negli ultimi anni (si pensi alla Ferrari F2012). La Minardi M189 del 1989-1990 e la Williams FW23 del 2001 illustrano appieno questa tendenza tecnica, mai completamente abbandonata [Foto 20 e 21].
La Manor MRT07, infine, svela un particolare che potrebbe essere ricorrente in questo 2017: la pinna stabilizzatrice dorsale. Pinne, in decenni di corse, ne abbiamo viste in ogni dove: dalle vetture a ruote coperte (dalla Jaguar D-Type alle Gebhardt Gruppo C degli Anni ’80), alle monoposto Indy, sino alla odierna Dallara GP2. Questo elemento aerodinamico, in Formula 1 risorto ufficialmente a nuova vita nel 2008, è sempre stato e continua ad essere al centro di controversi dibattiti. Nel mondo dei Prototipi, attualmente, la pinna dorsale (enorme) è considerata alla stregua di un dispositivo di sicurezza (secondo i legislatori, infatti, dovrebbe evitare che le auto decollino o compiano pericolose piroette in caso di decollo: ma la realtà ci narra di vetture LMP pinne munite che ancora decollano…) e come tale viene imposta e spacciata. Sarebbe cosa buona e giusta non imporla, bensì lasciar liberi i progettisti di applicarla o meno, a seconda delle esigenze progettuali richieste e cercate.
In Formula 1 – poiché il rischio di decollo con vetture formula è pressoché inesistente o trascurabile, salvo agganci tra ruote o particolari incidenti – viene usata sia in veste di dispositivo per il controllo della stabilità trasversale/imbardata, ma anche per indirizzare verso l’ala posteriore un flusso d’aria più pulito e meno perturbato. Il Regolamento non consente la realizzazione di pinne particolarmente vistose o connesse all’ala posteriore (fattore, quest’ultimo, che ha portato, nel 2010, alla nascita dei cosiddetti F-Duct), tuttavia, ora che l’alettone posteriore è più basso e quindi meno efficiente (da 950 mm si passa a 800 mm di altezza rispetto al Reference Plane), è verosimile che altre vetture presentino la pinna dorsale vista sulla Manor. La Manor MRT07 del 2017 e la Renault R28 del 2008 [Foto 22 e 23]: a distanza di quasi 10 anni, le somiglianze sono marcate.
Come abbiamo visto, le nuovissime monoposto di F1 2017 presenteranno forti analogie con quanto fatto in passato – più o meno lontano nel tempo – e con altre vetture oggigiorno impiegate in pista. Della serie, tutto torna, tutto viene “riciclato”.
Scritto da: Paolo Pellegrini