La partecipazione di Fernando Alonso alla prossima 500 Miglia di Indianapolis ha riacceso i riflettori attorno ad una corsa ancora oggi affascinante e ardua ma, senza dubbio, trascinata suo malgrado in una spirale pauperistica tipica dell’intera IndyCar. La situazione è facilmente decifrabile. In condizioni normali, un odierno pilota di F1 non prenderebbe in considerazione la partecipazione alla Indy 500, specie se in concomitanza con il GP di Montecarlo. Volenti o nolenti, questi i fatti. Ma, come noto, il pilota asturiano vive, per il terzo anno consecutivo, un anno di vacche magrissime al volante di una ancora non competitiva McLaren MCL32-Honda. Saltare il prestigioso GP di Monaco per andare a giocare il jolly ad Indianapolis: solo un pilota che, attualmente, non ha nulla da chiedere al Mondiale di F1 può mettere in atto simile operazione. Oggi. Soprattutto se quel pilota si chiama Alonso.
Alonso, benché due volte campione del Mondo di Formula 1 e, a ragione, ritenuto tra i migliori piloti in assoluto in attività, dovrà affrontare molteplici sfide e difficoltà. Lo speedway dell’Indiana è temibile, specie per un rookie qual è il pilota spagnolo. Come Le Mans, anche la Indy 500 non fa sconti ai blasonati campioni. Corsa e vettura (la Dallara DW12 con aerokit e motore Honda) tutte da scoprire per Alonso, il quale, dall’alto della propria esperienza e innata velocità, potrà ambire ad un prestigioso risultato.
Nel 1983, un altro europeo intraprende la via degli USA in cerca di fortuna e gloria. Quel pilota porta il nome di Teo Fabi, beniamino di una generazione di appassionati che fu.
Teodorico “Teo” Fabi è un pilota in rapida ascesa. Agli inizi degli Anni ’80, ha già al suo attivo qualificate partecipazioni nell’Europeo Formula 2, nella serie Can-Am, nel Mondiale Marche ed una stagione d’apprendistato – nel 1982 – in Formula 1; egli incarna il classico pilota di talento tuttofare, abile nel destreggiarsi tra monoposto formula e ruote coperte. Velocissimo, dannatamente veloce.
Nel 1983, Fabi salpa nuovamente alla volta degli Stati Uniti, direzione campionato CART (Championship Auto Racing Teams): è, infatti, ingaggiato dal Forsythe Racing/Skoal Bandit, squadra esordiente fondata da Gerald “Gerry” Forsythe.
La nuova avventura inizia male per Fabi: alla Kraco Dixie 200 (Atlanta Motor Speedway), ultima appena 41 giri per poi ritirarsi a seguito della rottura di una sospensione. La seconda gara in calendario – benché ancora sotto egida USAC e facente anche parte del mini-campionato USAC 1982-1983 – è la attesissima 500 Miglia di Indianapolis. È il 29 maggio 1983. Il 21 maggio, intanto, si disputa il Pole-Day. Mike Mosley (March 83C-Cosworth DFX), Rick Mears (Penske PC-11-Cosworth DFX) e Tom Sneva (March 83C-Cosworth DFX) fanno segnare medie orarie interessanti, rispettivamente pari a 330,51 km/h, 328,79 km/h e 327,80 km/h. Teo Fabi, al volante della sua March 83C-Cosworth DFX (pressione di sovralimentazione limitata a 1,5 bar), è il prossimo a sfidare il cronometro sul temibile ovale dell’Indiana di 2,5 Miglia. Egli riesce nell’impresa di stampare la pole-position, facendo registrare i nuovi record della pista: media di 208,040 mph, pari a 334,75 Km/h sul singolo giro, media di 333,76 km/h (207,395 mph) sui canonici 4 giri. Dopo Walt Faulkner – rookie che conquistò la pole-position alla 500 Miglia di Indianapolis 1950 su Kurtis Kraft 2000-Offy – Teo Fabi è il secondo esordiente in assoluto ad aggiudicarsi la pole della leggendaria competizione. Una prestazione superlativa, storica per l’Italia. Sfortunatamente, la gara di Fabi dura appena 47 passaggi, i primi 23 dei quali alla testa del gruppo delle 33 vetture: sarà costretto al ritiro a seguito della rottura di un O-Ring, all’origine della perdita di metanolo. La vittoria va a Tom Sneva.
Archiviata, tra luci e ombre, Indianapolis, Fabi conquista una nuova pole-position ed un egregio 4° posto alla Dana Rex Mays Classic, gara di 150 Miglia disputata al Milwaukee Mile. Risultato, questo, ulteriormente migliorato in occasione della Budweiser Cleveland 500 (Burke Lakefront Airport): 3° posto alle spalle delle Penske PC-11 e 10 di Al Unser e Pete Halsmer. Alla Norton Michigan 500 (Michigan International Speedway), arriva inattesa un’altra battuta d’arresto per Fabi: scattato al via dalla pole-position, termina al 15° posto, attardato da problemi alla frizione.
Road America-Elkhart Lake è il teatro della Provimi Veal 200: 2° al via, Fabi termina al 15° posto, doppiato di 5 giri dalla Lola T-700 di Mario Andretti. Il colpo grosso, tuttavia, è nell’aria.
Il 14 agosto 1983 è in programma la Domino’s Pizza 500 al Pocono International Raceway, storico “paved oval” di 2,5 Miglia: 200 giri tutti d’un fiato. Fabi, dopo le qualifiche, è secondo. Alla bandiera a scacchi, finalmente, precede di 4 secondi la March 83C di Al Unser. L’alfiere italiano del Forsythe Racing comanda la corsa per un totale di 116 giri. Fabi ultima le oltre 3 ore e 42 minuti di gara alla media di 217,02 km/h. Quella di Fabi è una vittoria epica, storica, senza precedenti per il motorismo italiano.
Alla L.A. Times/Budweiser 500 (Riverside International Raceway), Fabi conquista una ennesima, convincente pole-position; e al traguardo, deve arrendersi solo alla March 83C di Bobby Rahal. L’11 settembre 1983, Teo Fabi concede il bis in occasione della Escort Radar Warning 200 sul Mid-Ohio Sports Car Course. 2° al via, 1° alla bandiera a scacchi davanti a Mario Andretti (16 i secondi a separare Fabi da Andretti) e Bobby Rahal. 84 i giri ultimati in poco più di 2 ore (media di 158,93 km/h), guidando la corsa per 40 giri complessivi.
Alla Detroit News Grand Prix 200 (Michigan International Speedway), Fabi chiude al 3° posto, mentre al Caesar’s Palace Gran Prix III di Las Vegas – dopo qualifiche eccellenti che lo issano in prima fila – deve abbandonare la corsa già al 18° passaggio: rottura del cavo dell’acceleratore.
Per la serie “non c’è due senza tre”, ecco che il “Fabi nazionale” cala il tris in occasione della Cribari Wines 300K, disputata il 23 ottobre 1983 al Laguna Seca Raceway. Sono in programma 98 giri per un totale di 299,59 Km. Weekend perfetto per Fabi e per la sua March 83C-Cosworth DFX: pole (pole speed pari a 193,39 km/h) e vittoria, precedendo alla bandiera a scacchi – il margine è di 22 secondi – la Lola T-700 di Mario Andretti gestita dal Newman Haas Racing e la sorprendente Wildcat 9B di Chip Ganassi (Pat Patrick). L’italiano comanda la gara (circa 1 ora e 45 minuti di corsa, media oraria di 172,10 km/h) per un ammontare di 95 giri.
E per la serie “non c’è tre senza quattro”, Fabi firma il poker in occasione della Miller High Life 500 al Phoenix International Raceway. 150 giri in programma (ovale di 1 Miglio). È il 29 ottobre 1983. Il portacolori del Forsythe – scattato dalla pole-position (pole speed pari a 232,23 km/h) vince in poco più di 1 ora e 11 minuti (media di 203,85 km/h), precedendo alla bandiera a scacchi di appena 9 secondi Mario Andretti e di un giro Tom Sneva. Fabi comanda la corsa per un ammontare di 138 passaggi.
Questa quarta, entusiasmante vittoria, tuttavia, non è sufficiente affinché Teo Fabi si laurei campione CART 1983. Al Unser, infatti, grazie ad una condotta di campionato più regolare, si aggiudica l’ambita corona: 151 punti per il veterano americano, 146 per l’italiano. A giocare a sfavore del pilota milanese, i migliori piazzamenti ottenuti dal rivale statunitense: una sola vittoria e nessuna pole-position, ma 4 secondi posti, 1 terzo, 3 quarti posti, 1 quinto. Fabi, dal canto suo, palesa ineccepibili doti velocistiche in qualifica (6 pole-position!) e può vantare ben 4 vittorie (sarà suo il maggior numero di trionfi nella stagione CART 1983), tuttavia, racimola solo 1 secondo posto, 2 terzi e 1 quarto. E qualche ritiro di troppo. Ad ogni modo, Teo Fabi vince a mani basse la speciale classifica riservata agli esordienti, aggiudicandosi il titolo di “Rookie of the year”. In occasione della Indy 500, manco a dirlo, è nominato “Indianapolis 500 Rookie of the Year”.
La classifica, dopo Unser e Fabi, vedrà Mario Andretti al 3° posto (133 punti), Tom Sneva al 4° (96), Bobby Rahal al 5° (94), Rick Mears al 6° (92). Inoltre, il campionato CART 1983 è vivo anche dal punto di vista tecnico: March, Penske, Eagle, Lola, Wildcat, Argo, Spirit, Theodore, Primus, Rattlesnake, Watson, Longhorn, McElreath, Schkee, McLaren e molte altri costruttori artigianali arricchiscono una serie assai pimpante. Tra i motoristi, invece, il Cosworth DFX monopolizza le classifiche.
Oggi come ieri, le imprese di Teo Fabi datate 1983 non trovano un consono spazio e il giusto risalto nelle cronache sportive e negli approfondimenti motoristici, sebbene si trattasse di un campionato – quello CART – importante e impegnativo come il mondiale di Formula 1. Fabi continuerà a recitare un ruolo di primo attore nei campionati CART. Un 1984 ancora con Forsythe, quindi tre stagioni (dal 1988 al 1990) con Porsche, quindi, dal 1992 al 1996, campionati o sparute apparizioni con Newman Haas, Hall Racing, ancora Forsythe, infine PacWest Racing. Nel 1994, si materializza il miglior risultato di Fabi alla Indy 500: 7°, al volante della Reynard 94i-Ilmor gestita dall’Hall Racing. Nel 1987, Fabrizio Barbazza riporta in alto i colori italiani in quel dell’Indiana: 3° al volante della March-Cosworth Frank Arciero. Grazie a questo risultato, vince il premio di “Indianapolis 500 Rookie of the Year”.
Bisognerà attendere il biennio 1997-1998 per vedere trionfare un pilota italiano nel campionato CART: sarà Alessandro Zanardi – all’epoca alfiere del Team Ganassi, quello stesso Ganassi che nel 1983 sfidava in pista Teo Fabi – ad aggiudicarsi due titoli consecutivi da leggenda al volante delle bellissime Reynard 97i e 98i motorizzate Honda. Un’impresa sinora mai eguagliata, a testimonianza del fatto di quanto sia arduo far breccia nella massima serie nordamericana riservata alle vetture formula. Purtroppo, il “Zanardi da Castel Maggiore” non ha mai partecipato alla Indy 500; le lotte intestine e fratricide all’interno del mondo americano delle ruote scoperte (la 500 Miglia di Indianapolis, a fine Anni ’90, entra nell’orbita della neonata serie USAC/Indy Racing League) hanno giocato un ruolo deleterio anche in questo senso.
Fatto è che nel 1983, Teo Fabi incarna il vertice dell’automobilismo italiano nel mondo, virtuale testimone consegnato nelle mani di Zanardi a fine Anni ’90.
La presenza di Alonso, senza dubbio, porterà curiosità attorno ad un gara (e ad un campionato) alla perenne ricerca di piloti di alta fascia e di respiro mondiale. Dopo Nico Hülkenberg, vittorioso al debutto alla 24h di Le Mans del 2015 (nello stesso anno prende parte alla 6 Ore di Spa-Francorchamps, ancora su Porsche 919 LMP1), ecco il Fernando Alonso che non ti aspetti. Segnali timidi, ma sempre più frequenti, di un graduale ritorno al mondo reale da parte della F1, vissuta in una bolla isolazionista per tanti, troppi anni, rinnegando – a torto – quello spirito poliedrico ancora oggi caratterizzante positivamente i piloti “extra-F1”.
Succulento antipasto ispanico in attesa, ovviamente, del pranzo all’italiana e del novello Teo Fabi.
Scritto da: Paolo Pellegrini