Boullier racconta tutti i suoi piloti: Alonso, Raikkonen, Button…
Nel corso di questa stagione, Eric Boullier, team principal della McLaren-Honda, ha festeggiato i suoi otto anni di permanenza all’interno del circus della Formula 1. La carriera del manager francese, iniziata con la Lotus nel 2010, è stata ricca di soddisfazioni e di delusioni: questo ha reso la figura professionale di Boullier come una delle più stimate e note nel paddock.
Grazie ai team per i quali ha lavorato e collabora ancora oggi, il francese ha avuto l’occasione di conoscere personalmente diversi piloti di altissimo livello, alcuni dei quali divenuti anche campioni del mondo. In questa intervista rilasciata al sito inglese en.f1i.com, Boullier ha analizzato non solo le qualità di guida dei piloti avuti sotto la sua direzione, ma traccia anche interessanti e curiose valutazioni dal punto di vista umano e caratteriale.
Dalla A di Alonso alla V di Vandoorne, Boullier racconta così i suoi piloti.
Fernando Alonso
“Quello che rende diverso Fernando dagli altri piloti – spiega Boullier – è il suo bisogno vitale di vincere sempre. Il suo obiettivo è quello di vincere, vincere e vincere, indipendentemente dalla disciplina in cui è impegnato. Puoi sfidarlo in una gara sui kart o ad una partita a tennis, e lui darà sempre il 200% per trionfare. La vita di Fernando è concentrata sulla ricerca della performance migliore possibile per poter vincere. E’ incredibilmente interessato a competere sempre.
Questa è una sua grande qualità, ma spesso possono nascere delle incomprensioni sulle sue vere aspirazioni. Fernando ha la reputazione di essere un pilota difficile da gestire, ma in realtà non è affatto così. Una volta che riesci a capire la sua fame per ottenere la migliore performance possibile, allora diventa semplice collaborare con lui. Ovviamente potrete immaginare quanto sia deluso in base agli ultimi risultati. Fernando avrà anche il suo carattere, le sue aspettative e le sue ambizioni, ma non è il ragazzo che viene descritto molte volte.
Guida in modo saggio, non commette quasi mai errori ed è abilissimo a tirare fuori il meglio della sua macchina sin dal primo giro. E’ qualcosa che non ho mai visto in nessun altro prima di lui. Sin dal primo run, sai già che dovrai attenerti ai dati della telemetria, perché i limiti della sua macchina sono già stati raggiunti”.
Jenson Button
“E’ un pilota molto gentile con la sua monoposto e possiede un feedback tecnico eccellente: non si diventa campioni del mondo di F1 per caso! Quando è sotto pressione, come in qualifica per un giro veloce, è capace di dare il meglio di sé per poter mettere in difficoltà piloti esperti sul giro secco come Hamilton.
Con il suo stile di guida leggermente diverso, è necessario che debba fare dei set up sulla sua macchina per poter andare più veloce. Riesce ad intuire molto bene il comportamento dei pneumatici, e qui mi ricollego al fatto che possiede un feedback tecnico di tutto valore. E’ capace di portare la sua monoposto dove vuole lui, ed è quindi abile a guidare al limite dando sempre il massimo.
La sua accuratezza può anche portare a situazioni inattese, come quando l’anno scorso non riusciva a portare in temperatura le gomme in condizioni più fredde. In quel caso abbiamo apportato alcune modifiche per permettergli di guidare nel modo più adatto al suo stile”.
Romain Grosjean
“Quello di Romain è un caso diverso: ad un primo impatto, sembrerebbe che il suo stile di guida sia l’opposto di quello di Jenson. E’ molto migliorato nella gestione delle gomme, ma in qualifica è più brutale. Romain sente molto la sua macchina attraverso i freni. Per lui è cruciale cercare di frenare più tardi e più duramente possibile. Potrebbe anche essere il pilota che frena più tardi in tutta la F1. Se ha fiducia nel mezzo e nei freni, può permettersi di frenare più tardivamente mettendo comunque la macchina nel posto in cui vuole lui: ecco perché è un pilota davvero molto veloce. Quando non ha fiducia nei freni, la situazione diventa un po’ più complicata.
Nel 2012, quando tornò in F1 con la Lotus, non era molto competitivo, fino a quando non arrivò in Bahrain. Il venerdì notte di quel week-end ho organizzato un meeting con lui ed i suoi ingegneri per cercare di capire come mai non stesse andando bene. Tutti avevano delle domande da fargli, fino a quando Romain disse che non riusciva a frenare. A quel punto dissi agli ingegneri di trovare una soluzione in mezz’ora. Scaduto il mio ultimatum, i tecnici mi dissero che c’era stato un errore di mappatura del brake-by-wire sulla sua vettura, e che avrebbero copiato il set up di Raikkonen (all’epoca in Lotus, ndr) per vedere come sarebbe cambiata la situazione. Alla fine Romain arrivò addirittura terzo il giorno dopo. Questo spiega quanto sia molto attento ai freni, ed è sempre stato così sin dal 2009, anno in cui arrivò in F1. Anche oggi, in Renault, è così”.
Robert Kubica
“Robert frena in modo molto simile a quello di Romain, ma non è come lui. Quando nel 2010 salì per la prima volta sulla Renault, ci disse che non riusciva a frenare, e che non avrebbe mai guidato bene in quelle condizioni. Era il classico concetto d’ingegneria che andava benissimo sulla carta, ma non nelle reali condizioni. E infatti gli ingegneri avevano dimenticato che quel sistema non lasciava alcun punto di riferimento al pilota.
Quando parlo di Robert mi viene sempre in mente un momento particolare: le qualifiche del GP del Giappone 2010. Robert si piazzò 4°, e grazie alla penalità inflitta ad Hamilton arrivò addirittura 3°. Aveva dato tutto sé stesso per completare quel giro, e infatti, quando scese dalla macchina, mi disse che non sarebbe più riuscito a fare un giro come quello in tutta la sua vita. Robert ha un talento naturale incredibile, ma nonostante ciò riesce ad essere un ragazzo molto onesto e diretto, come Fernando e Kimi. Nel modo in cui si approccia al suo lavoro, è molto simile ad Alonso. Ha quello stesso carattere sempre pronto a sacrificare la propria vita per essere competitivo. Mi piace davvero. Il suo incidente (Rally di Andora 2011) resta il momento più difficile della mia carriera”.
Kimi Raikkonen
“Kimi è un caso molto speciale. Il suo stile di guida è simile a quello di Jenson: molto gentile sulle gomme e calmo. Frena prima e con delicatezza, in modo da essere più veloce in curva, cosa che non è tipica dei piloti scandinavi. La sua qualità migliore è quella di “leggere” la gara, come se avesse un GPS nella sua testa. Mi ricordo il Gp d’Ungheria 2012. Partiva 5°, ma era abbastanza lento e aveva accumulato un ritardo di 9 secondi su Hamilton, che stava conducendo la gara. A quel punto gli ho chiesto via radio perché non riuscisse a mantenere un certo ritmo quando poteva essere più veloce di così. Non ricevetti alcuna risposta: si sa com’è fatto Kimi: “Leave me alone” ed altre cose.
Poi, all’improvviso, ha iniziato una sequenza di giri dove abbassava il ritmo di un secondo e mezzo, fino ad arrivare a due secondi da Hamilton. Non capivamo cosa stesse accadendo, ed è stato soltanto quando è rientrato ai box che abbiamo capito la sua strategia: stava inseguendo Romain, che era partito in prima fila accanto ad Hamilton). Il piano di Kimi funzionò alla perfezione e riuscì a portarsi a casa un 2° posto. L’intera strategia era basata nella sua testa, guardando i dati, i distacchi e lo schermo: non ho mai visto niente del genere.
Kimi è un ragazzo molto più sensibile di quello che viene percepito all’esterno. Sarebbe un errore pensare diversamente. Un ottimo esempio per far capire chi è veramente rispetto all’immagine che vuole mostrare al mondo intero è la sua vittoria ad Abu Dhabi nel 2012. Nel suo giro di rientro era molto caloroso ed emozionato a ringraziare il suo team via radio. Poi, appena uscito dalla monoposto, è tornato ad essere “Iceman”. Ovviamente è parte del suo carattere, ma è anche un modo per creare una sorta di protezione”.
Stoffel Vandoorne
“Il lavoro che abbiamo fatto con lui e con gli ingegneri nelle ultime settimane sta iniziando a dare i suoi frutti. Ogni volta che scende in pista, tutto va nella giusta direzione. Molte persone dimenticano che c’è bisogno di tempo prima che un giovane pilota si adatti alla F1, specialmente per quanto riguarda i freni. Vettel ha impiegato sei mesi in Toro Rosso, lo stesso per Verstappen, Ricciardo, ed altri che hanno affrontato lo stesso processo di preparazione prima di poter accedere in Red Bull completamente pronti.
Il problema, per Stoffel, è che sta guidando per uno dei team dal profilo più alto presenti in griglia ed accanto ad un compagno di squadra tra i migliori al mondo. Ma quando procede tutto per il verso giusto, le sue potenzialità emergono”.
molto bello, uno degli articoli più interessanti sui piloti di formula 1 che abbia mai detto, (siamo abituati a sentire commentare gente che non sa niente…)