Giancarlo Minardi: In F1 manca la volontà di scommettere sui giovani!
I test estivi di Budapest hanno visto il debutto di giovani promesse del Motorsport: primi su tutti Luca Ghiotto, al volante della Williams, e Charles Leclerc sulla Ferrari. Una breve apparizione che potrebbe portare a qualcosa di più concreto, come ad un nulla di fatto. Si è riacceso così il dibattito sulle difficoltà dei giovani piloti a trovare sbocchi nell’attuale Formula 1.
I due giorni di test tenutisi sul circuito magiaro, subito dopo l’ultimo Gran Premio prima della pausa estiva, hanno attirato l’attenzione degli esperti e degli appassionati per il ritorno di Robert Kubica al volante di una Formula 1, in un appuntamento ufficiale, e per il debutto di giovani talenti del volante, quali il nostro Luca Ghiotto sulla Williams, e Charles Leclerc sulla Ferrari.
I test, e le prove libere prima delle gare, attualmente, rimangono l’unica vetrina a disposizione delle nuove leve del Motorsport per mettersi in mostra, e convincere i team a scommettere sul loro talento.
Troppo poco per un mondo che ha necessità di nuovi volti, di nuovi campioni, che stando così le cose, rischiano di non riuscire ad emergere e di bruciarsi prima del tempo, o di emigrare al di là dell’oceano.
Il numero sempre minore di team presenti sulla griglia di partenza, sceso a dieci con la dipartita della Manor, rappresenta un ostacolo sempre più alto per tanti apprendisti campioni, che scalano velocemente le formule minori, per poi trovarsi un muro davanti all’ingresso principale del Motorsport.
Un problema tornato di attualità dopo le parole di Gunther Steiner, il Team Principal della Haas, scuderia americana alla sua seconda stagione in F1, attualmente al settimo posto nel mondiale costruttori. Il Manager italiano ha sottolineato la difficoltà per i piloti giovani “che devono essere nel posto giusto al momento giusto” e la mancanza di piccoli team, come la Minardi, che possano costituire un trampolino di lancio per i nuovi talenti del volante in cerca di affermazione.
La scuderia di Faenza, nelle sue 21 stagioni di attività, è stata in grado di lanciare piloti che hanno scritto il proprio nome nell’Albo d’Oro e che sono entrati di diritto nella storia di questo sport. Tanti i nomi che potremo citare e molti gli italiani. Fernando Alonso in primis, due volte campione del mondo. L’indimenticato Michele Alboreto che ha iniziato e terminato la sua carriera in Formula 1 con la Minardi. I vari Andrea De Cesaris, Alessandro Zanardi, Pierluigi Martini, Giancarlo Fisichella, Jarno Trulli e Mark Webber.
Una vera e propria “Mission” quella del piccolo Team di Faenza, come confermato più volte dal suo Fondatore Giancarlo Minardi: “Il DNA della Minardi è stato quello di lavorare sempre coi giovani, fin dalla Formula 2 proseguendo poi questa attitudine anche in Formula 1. La Minardi però ha lavorato e scommesso non solamente sui giovani piloti, formando anche meccanici, addetti stampa, tecnici e ingegneri che hanno poi trovato sbocchi nei team più blasonati”.
Una mentalità che sembra essere sparita nell’attuale Formula 1, come ha lamentato lo stesso Minardi: “Da anni sostengo che in Formula 1 manchino i personaggi con la voglia e la capacità di scommettere sui giovani, portando nel paddock volti nuovi. Ultimamente assistiamo solamente a importanti cambi di casacca. Personalmente avevo stipulato una collaborazione con l’università di Bologna, la quale ci segnalava gli studenti più meritevoli, da inserire all’interno dell’organico del team Minardi. I top team che puntano al mondiale devono avere nella loro line-up campioni già formati. Spetta agli altri il compito di scovare, o far crescere, i giovani del futuro trovando il mix perfetto tra esperienza e talento. Pertanto diventa fondamentale appoggiarsi ad un Junior Team”.
Nella sua analisi Steiner ha inoltre commentato: “Quando c’era Minardi, era quasi felice di essere ultimo, perché sapeva che aveva il dovere di portare i giovani in Formula 1. Sicuramente avrebbe preferito stare più avanti, ma ci poteva convivere, perché quello era il loro modello di business”.
E qui il manager faentino ha voluto ricordare anche i successi conquistati dalla sua scuderia: come il settimo posto nel mondiale nel 1991. E le difficoltà affrontate, soprattutto di budget per rimanere nel circus iridato per oltre due decenni.
“Nella sua storia la Minardi ha conquistato piazzamenti importanti nonostante risorse economiche limitate e regolamenti più restrittivi. Ho vissuto il periodo in cui la griglia di partenza era formata da ben più degli attuali dieci team, con punteggi assegnati solamente ai primi sei classificati. Inoltre non avevamo la stessa tutela nella fornitura dei motori e delle gomme che, come dico sempre, sono nere e tonde. Quando abbiamo avuto la possibilità di avere motorizzazioni importanti come il Ferrari (i primi assoluti a diventare clienti di Maranello) abbiamo conquistato il settimo posto nel mondiale costruttori. Altri team ci hanno messo molti più anni a raggiungere i medesimi risultati. Nel 1985, pur di debuttare, ci siamo dovuti costruire in casa un motore turbo (Motori Moderni) lottando con le case ufficiali. Nel 2000, per proseguire l’avventura, abbiamo comprato i vecchi Cosworth (ribattezzati Fondmetal prima ed European dopo), mentre oggi il regolamento tecnico impone ai costruttori presenti di fornire più team e specifiche tutte identiche per quanto riguarda le gomme” ha concluso l’ex costruttore.
Negli ultimi anni si è assistito a timidi tentativi di ripercorrere la strada della Minardi. La stessa Manor, prima di chiudere i battenti, ha offerto la ribalta a due piloti di sicuro interesse come Pascal Wehrlein ed Esteban Ocon. Senza dimenticare il compianto Jules Bianchì che, fino alla sua tragica scomparsa, era considerato un giovane talento della Formula 1.
Discorso un po’ diverso ha invece operato la Red Bull che, tramite la scuderia satellite, la Toro Rosso, sorta dalle ceneri proprio delle Minardi (corsi e ricorsi storici), si è coltivata in casa giovani virgulti, pronti a diventare futuri campioni. Sebastian Vettel su tutti. E oggi Max Verstappen e Carlos Sainz Jr.
Anche la Ferrari sta provando a ripetere l’esperienza positiva della scuderia di Milton Keynes: con la Sauber infatti la Rossa sta cercando di instaurare un rapporto che la faccia diventare una sorta di costola di Maranello, presso la quale far crescere i giovani della Ferrari Driver Accademy, a partire da Leclerc e Antonio Giovinazzi, ben apprezzati in Svizzera.
Una concezione comunque diversa da quella della Minardi. Una scuderia fondata e portata avanti con un ingrediente indispensabile nel mondo dei motori. La passione! Un team che ha rifornito di campioni tutto il circus iridato. E che anche per questo è rimasta nel cuore e nei ricordi degli appassionati e nella storia della Formula 1.