Gp Italia F1 1993: podio storico (ma inutile) per Michael Andretti
Michael Andretti è, senza dubbio, tra i piloti più controversi ad essere approdati in Formula 1. Probabilmente, il pubblico generalista della Formula 1 non ha mai amato Michael, né considerato un “pilota-da-Formula 1”. In realtà, stiamo parlando di un signor pilota che, senza ombra di dubbio, avrebbe meritato altre chance nella categoria mondiale. Michael Andretti, figlio di Mario Andretti, vanta un brillante, vincente e poliedrico curriculum. L’apice della propria carriera si ha nel 1991, allorché si laurea campione CART PPG Indy Car World Series al volante della bellissima Lola T91/00-Chevrolet/Ilmor gestita dal team Newman/Haas Racing. Michael si aggiudica, in quella magica stagione, 9 gare su 18 in calendario.
Lunga militanza in CART ma non solo: sporadiche presenze in IndyCar Series, 16 partecipazioni alla 500 Miglia di Indianapolis (gara mai vinta dal figlio d’arte statunitense; il miglior risultato è il 2° posto ottenuto nel 1991 alle spalle della Penske-Chevrolet/Ilmor di Rick Mears), una partecipazione alla 12h di Sebring (1983) e tre alla 24h di Daytona (1984, 1989, 1991), quattro volte presente alla 24h di Le Mans (1982, 1983, 1988, 1997; 3° posto assoluto nel 1983 su Porsche 956 Kremer Racing, vettura condivisa assieme a Mario Andretti e Philippe Alliot).
Nel 1993, il passaggio in Formula 1. La vettura è la McLaren Mp4/8 motorizzata Cosworth HB (8 cilindri aspirato in V di 75° di 3500cc di cilindrata). Il tormentone dell’anno, in casa McLaren, è proprio il motore: pare che la versione HB fornita al Marlboro McLaren non sia quella (evidentemente, ancor più ufficiale e potente) fornita al Camel Benetton Ford. La McLaren mugola, la Benetton rigetta al mittente le accuse. Il motore inglese è accreditato di 710-720 CV a 13,000 giri/minuto, palesando, quindi, qualche cavallo in meno rispetto allo straripante Renault RS5 V10 che va a spingere la perfetta Williams FW15C. Pare che il Renault, infatti, eroghi oltre 750 CV ad un regime superiore i 14,000 giri/minuto. Ad ogni modo, la monoposto progettata da Neil Oatley si rivela, cavalleria a parte, un eccellente prodotto. Ayrton Senna vince in Brasile (Interlagos), in occasione del GP d’Europa (Donington), a Monaco, in Giappone (Suzuka) e Australia (Adelaide).
Michael Andretti, come da copione, fatica: adattarsi ad una Formula 1 – vettura dalle caratteristiche assai diverse rispetto ad una monoposto CART – richiede tempo, inoltre il confronto col proprio compagno di squadra è tanto stimolante e istruttivo quanto, al contempo, problematico e ingombrante. Ma a conti fatti, le prestazioni di Michael sono tutt’altro che insufficienti. In qualifica, il pilota di Bethelehem ben si destreggia: 9° in Sudafrica (Kyalami), 5° in Brasile, 6° a Donington, 6° a Imola, 7° in Spagna (Barcellona), 9° a Montecarlo. Una netta involuzione delle prestazioni in qualifica si registra dal GP del Canada al GP del Belgio (non va oltre l’11° tempo a Silverstone e all’Hungaroring), ma a Monza piazza la sua McLaren #7 al 9° posto. Anche Senna, benché sfoderi prestazioni ben più convincenti rispetto al suo nuovo compagno di team, emerge a stento in qualifica: appena una pole-position conquistata (Adelaide) e ulteriori due prime file acciuffate (Kyalami e Suzuka). Briciole per il mago del giro veloce.
Incidenti al via e tanta sfortuna impediscono al generoso pilota statunitense di vedere la bandiera a scacchi o di raccogliere preziosi punti iridati. Finalmente, al Montmelò Andretti racimola i primi 2 punti della sua stagione, grazie al 5° posto. A Magny-Cours (GP di Francia) ecco un altro punto iridato, frutto del 6° posto.
In occasione del GP d’Italia, Michael Andretti conquista il suo primo ed unico podio in Formula 1. È il 12 settembre 1993, si disputa il LXIV Gran Premio d’Italia. Sono in programma 53 giri (lunghezza del circuito pari a 5,800 km) per un totale di 307,400 km. Le qualifiche, manco a dirlo, sono monopolizzate dalle Williams FW15C-Renault di Alain Prost e Damon Hill. Il campione francese ferma il cronometro su un irraggiungibile 1:21.179, alla media oraria di 257,209 km/h. Hill chiude la prima fila distanziato di poco più di 3 decimi. Jean Alesi (Ferrari F93A) è 3°, Senna 4° (ad oltre 1 secondo e 4 decimi dalla pole-position), Andretti è 9° (1:23.899, media di 248,871 km/h, pertanto ad oltre 2,7 secondi da Prost).
Numerosi gli spunti di interesse offerti dal Gran Premio in terra italiana. L’ormai storico scontro tra le Minardi M193-Cosworth HB di Christian Fittipaldi e Pierluigi Martini (il brasiliano traglia il traguardo dopo aver eseguito un loop da manuale) quasi a sancire un GP ricco di colpi di scena, un Prost che comanda la gara per 48 giri per essere, infine, tradito dalla rottura del V10 francese, un Ayrton Senna che al via collide con la Williams di Hill, quindi, al 9° passaggio, tampona in staccata la Ligier JS39-Renault di Martin Brundle, provocando il ritiro di entrambi, un Jean Alesi sempre pimpante – compatibilmente ad una vettura non all’altezza della miglior concorrenza – autore di una gara costantemente al vertice e 2° alla bandiera a scacchi, un Hill caparbio e mai domo, il quale ben approfitta dapprima del ritiro di Michael Schumacher (Benetton B193B-Cosworth, rottura del motore al giro 21), quindi dell’inaspettato KO del proprio compagno di squadra ad una manciata di giri dal termine. Il pilota britannico va a vincere in 1h 17m 07,509sec, alla media oraria di 239,144 km/h. Alesi è 2° attardato di ben 1 minuto e 40 secondi.
Michael Andretti, frattanto, è protagonista di una gara sontuosa ma ancora oggi ignorata e sottovalutata. Ad inizio gara, suo malgrado, incappa in un testacoda. Un’altra gara sterile, a ridosso della zona punti? Nulla di tutto ciò: Michael fa il Michael e rimonta. Ripartirà dall’ultima posizione, quindi risalirà la classifica con costanza e velocità. Terminerà al 3° posto, sul gradino più basso del podio, doppiato di 1 giro. È, inoltre, autore del 5° miglior giro in gara: 1:26.380 alla media di 241,723 km/h, alle spalle di Damon Hill (1:23.575, media di 249,835 km/h), Prost, Alesi e Schumacher (quest’ultimo fa segnare il tempi di 1:25.969, media di 242,878 km/h). Chiudono la zona punti Karl Wendlinger (4° su Sauber C12-Ilmor V10), Riccardo Patrese (5° su Benetton B193B-Cosworth), Eric Comas (6°, doppiato di 2 giri, su Larrousse LH93-Lamborghini V12).
Il podio monzese non è sufficiente al pilota americano affinché questi ultimi possa convincere i vertici McLaren a rinnovargli il contratto. Anzi, gli scarsi risultati ottenuti da Michael Andretti spingono la dirigenza ad un clamoroso epilogo: Mika Hakkinen (pilota Lotus nel biennio 1991-1992), in occasione dei tre GP conclusivi della stagione (Portogallo, Giappone, Australia), va a rimpiazzare un licenziato Andretti. Il velocissimo finnico colleziona un eccellente 3° posto a Suzuka e ritiri in Portogallo e Australia, tuttavia dopo ottime qualifiche.
Certamente, la scelta di puntare sul pilota finlandese, ossia facendo di Mika Hakkinen il pilota di punta della McLaren al tramonto della “era Senna”, si è rivelata più che mai indovinata. Di contro, vi è la prematura decisione di “giubilare” Michael Andretti. Non solo da parte della McLaren ma da parte della Formula 1 nella sua interezza. Un campione CART trattato indegnamente, da appassionati e addetti ai lavori, in nome di un “tutto-e-subito” davvero insopportabile. Ieri come oggi. A parti invertite, un pilota Formula 1 avrebbe avuto molteplici chance per ben figurare nelle serie americane, tutt’altro che di facile approccio. Come avvenuto e come avviene regolarmente. Ma i piloti statunitensi, fatte salvo rarissime eccezioni, non sono mai piaciuti alla Formula 1: Michael Andretti è rimasto vittima di questa legge non scritta della F1. I volanti sono disponibili (quasi) per tutti, sicuramente non per i piloti statunitensi.
Michael Andretti chiude la sua prima ed unica stagione in Formula 1 totalizzando 13 GP all’attivo e 7 punti, i quali gli valgono l’11° posto finale in campionato. Senna fa il Senna e ne conquista 73: 2° posto in classifica generale, alle spalle di Prost, campione mondiale con 99 punti. Nel 1994 è nuovamente al via del campionato CART al volante della Reynard 94I-Cosworth XB del Chip Ganassi Racing.
Una storia che, fatti i doverosi distinguo, ricorda molto da vicino quanto accaduto in epoche più recenti a Daniil Kvyat, estromesso dalla Red Bull e “retrocesso” in Toro Rosso. Anche in quel caso, il podio ottenuto in Cina non servì al controverso pilota russo: l’avvicendamento con Max Verstappen era già scritto e deciso.
Il podio, storico, di Michael Andretti: cartoline da Monza, 1993, quando un podio non bastò…
Scritto da: Paolo Pellegrini