Le ultime gare di questo campionato, le stesse che avrebbero dovuto rilanciare la Ferrari verso lo sprint finale per la lotta al mondiale, si sono rivelate invece deludenti, troppo.
La sfortuna e l’inaffidabilità hanno rovinato tutto quello che il team di Maranello aveva fatto di positivo fino all’appuntamento di Singapore, compromettendo quasi ufficialmente ogni speranza di rimonta.
Il clamoroso incidente alla partenza a Marina Bay e le noie meccaniche riscontrate in Malesia ed in Giappone, hanno affossato il morale dei ferraristi e di Sebastian Vettel, aprendo così le porte per il titolo al rivale Lewis Hamilton. L’inglese della Mercedes può godere di un vantaggio in classifica talmente ampio, che in caso di risultato a lui favorevole, nella prossima gara negli USA, Hamilton potrebbe aritmeticamente laurearsi campione del mondo per la quarta volta in carriera.
Indipendentemente da come sono andate le cose nell’ultimo periodo, la Ferrari può comunque essere soddisfatta per gli enormi passi in avanti effettuati in questo 2017, impossibili da mettere in discussione. Per la prima volta dal 2014, il team emiliano è riuscito a contrastare seriamente l’assoluto dominio della Mercedes, spezzando quella monotonia che, in passato, vedeva trionfare le “Frecce d’argento” a ripetizione.
Per la prima volta, nell’era dell’ibrido e delle power unit, la Ferrari è scesa in pista con una macchina veloce e competitiva, nonostante il gap tecnico ancora presente con la Mercedes. Lo stesso gap che, se confrontato con gli anni passati, si è notevolmente ridotto.
Viene dunque da chiedersi se questa evoluzione ferrarista possa portare risultati ancor più positivi nei prossimi anni. Il duro lavoro espresso a Maranello, ed i diversi cambi della guardia nell’ossatura della squadra (presidente, team principal e piloti), potranno davvero essere le basi per poter assistere ad un futuro più brillante?
Rispondere a questa domanda, oggi, è molto difficile. C’è però un elemento che potrebbe essere un’iniezione di fiducia per tutti: la storia della Ferrari ed il suo recente passato.
DALLE DELUSIONI DI FINE ANNI ’90 ALL’EPOCA D’ORO DEL 2000
Nella prima metà degli anni ’90, con la sola eccezione del 1990 con Alain Prost al volante, la Ferrari visse uno dei momenti più bui della sua storia. Furono infatti pochissime le vittorie che il team modenese riuscì a conquistare dal 1991 al 1995, e la stessa azienda automobilistica soffrì un momento di crisi.
Per potersi risollevare, soprattutto dal punto di vista sportivo, serviva necessariamente una rivoluzione. Il cambiamento fu soprattutto di uomini, tanto che nel 1996 la Ferrari, grazie anche a grossi investimenti, riuscì ad assicurarsi il due volte campione del mondo in carica Michael Schumacher. La squadra, arricchita dalla presenza di Jean Todt e Ross Brawn, poteva così porre le sue basi in quell’anno per poter rinascere.
E infatti, dopo un 1996 non privo di soddisfazioni, già nel 1997 (esattamente vent’anni fa) la Ferrari poteva fare affidamento su una monoposto realmente competitiva, lanciando così il guanto di sfida alla temibile Williams-Renault, team che in quell’anno poteva ancora sfruttare la potenza del propulsore francese per l’ultima stagione.
Il campionato vide un lungo testa a testa tra Schumacher ed il canadese Jacques Villeneuve, con il mondiale che si sarebbe deciso solo in occasione dell’ultima gara in calendario, ad Jerez de la Frontera. La gara sembrava sorridere al tedesco, che avrebbe potuto seriamente riportare il titolo a Maranello per la prima volta dal 1979. Giro dopo giro però, la pressione iniziò a farsi sentire sulla psicologia di Schumacher, che perse terreno favorendo la rimonta di Villeneuve. Quando il canadese tentò il sorpasso, Schumacher cercò il contatto con una manovra sgradevole, finendo lui stesso nella sabbia. Il pilota della Williams rimase in pista e vinse il titolo, mentre il tedesco subì una squalifica dalla classifica al termine della gara.
Nonostante il finale amarissimo, l’esperienza del 1997 servì per rilanciarsi, ancora una volta, nel 1998. In questa stagione, Schumacher dovette vedersela con un altro avversario, tosto ma corretto: il finlandese della McLaren Mika Hakkinen. Il loro duello entusiasmò gli spettatori fino all’ultima gara in Giappone, dove si sarebbe deciso il mondiale.
Schumacher è secondo in qualifica, ma poco prima della partenza la frizione della sua Ferrari lo tradisce, concedendo così ad Hakkinen l’incredibile occasione di poter vincere il mondiale. Il finlandese scatta in testa e ci rimane per tutta la gara, mentre il tedesco (costretto a ripartire dall’ultima posizione), è protagonista di una rimonta furiosa ed incredibile. La sua caccia ad Hakkinen s’interrompe verso la fine della corsa, quando la gomma posteriore del ferrarista esplode dopo aver raccolto un detrito. Per il secondo anno consecutivo, la speranza mondiale va in fumo.
La Ferrari, nonostante la doppia batosta, non si dà per vinta. Già nel 1999 è pronta la rivincita alla McLaren di Hakkinen, ma il destino del mondiale, ancora una volta, sembra già segnato molto prima della fine. Questa volta non ci sono scorrettezze né guasti all’ultimo momento, ma solo sfortuna. A Silverstone Schumacher esce di pista a velocità altissima, e nell’impatto contro le barriere si frattura tibia e perone. Il tedesco, al termine di una lunga riabilitazione, tornerà al volante solo al termine del campionato, ma la sua lotta per il titolo finì già a metà stagione, rinunciando così al grande sogno per la terza volta consecutiva.
Con l’esclusione di Schumacher, rimpiazzato da Mika Salo, le sorti del campionato sembrano già scritte. Eppure, il secondo pilota ferrarista, il nord-irlandese Eddie Irvine, diventa assoluto protagonista della seconda parte di stagione, a tal punto che lo svantaggio da Hakkinen si riduce drasticamente fino all’ultima gara, di nuovo a Suzuka.
Con quattro punti in meno del finlandese, e con l’aiuto del rientrante Schumacher, Irvine si gioca il momento più importante della carriera in Giappone. Già in qualifica però, i risultati non sorridono al nord-irlandese, e pur arrivando 3° in gara non può far nulla per impedire la vittoria di Hakkinen, che conquista così il suo secondo titolo mondiale.
La Ferrari, in ogni caso, può comunque sorridere: per la prima volta dal 1982, il team di Maranello si aggiudicò il campionato costruttori nel 1999.
Dopo tre tentativi falliti, l’appuntamento con il sogno si presenterà finalmente nel 2000. In quel campionato, Schumacher riesce finalmente a tenere testa ad Hakkinen fino alla fine, riportando così il titolo piloti a Maranello 21 anni dopo Jody Scheckter. Inoltre, la Ferrari vinse anche il titolo costruttori. La stessa doppietta iridata proseguirà ininterrottamente fino al 2004 compreso.
Schumacher e la Ferrari otterranno rispettivamente il mondiale piloti e costruttori per cinque stagioni consecutive (2000, 2001, 2002, 2003, 2004), completando così il l’era più vincente mai vista in tutta la Formula 1.
Successivamente, la Ferrari tornerà di nuovo sul tetto del mondo nel 2007 grazie a Kimi Raikkonen, e sfiorerà altre tre volte il mondiale con Felipe Massa (2008) e Fernando Alonso (2010 e 2012).
Anche se la storia raffigura momenti diversi, essa può servire alla Ferrari per far comprendere una cosa: perseverare nel duro lavoro, nonostante le crisi e gli eventi sfortunati, può portare a risultati migliori in futuro. Nel 2017 il team ha realizzato una macchina finalmente competitiva dopo alcune stagioni anonime, ed è proprio questo il punto dal quale ripartire per poter davvero sperare in un’impresa nel 2018, magari riscrivendo la storia con un altro tedesco al volante.