Sesta prova di quel campionato 97 che, fino a quel momento, aveva dato un responso: la Williams di Jacques Villeneuve era la macchina da battere. Brutte notizie, quindi, in casa Ferrari che, però, potevano contare su un’arma davvero potente, il talento di Michael Schumacher. La sua F310B non era male, molti progressi erano stati compiuti dalla squadra rispetto all’anno precedente, ma nulla in confronto allo strapotere di quella che poi sarebbe stata l’ultima auto della casa di Frank Williams a vincere un titolo mondiale, la FW19.
Si giunge a Montecarlo con il figlio d’arte Villeneuve in prima posizione nel campionato, sei lunghezze di vantaggio sul suo antagonista tedesco a bordo della Rossa di Maranello che viene da un ottimo secondo posto ad Imola dietro all’altra Williams di Heinz-Harald Frentzen e davanti al suo pazzo compagno di squadra Eddie Irvine, mentre il franco-canadese fu costretto al ritiro. Grossa iniezione di fiducia in casa Ferrari, anche se, sulle stradine del Principato, ci si aspetta un monologo Williams che sbaragli la concorrenza.
Al sabato, Frentzen, galvanizzato dalla vittoria di due settimane prima, conquista la pole position davanti a Schumacher, un Villeneuve più attardato e a Giancarlo Fisichella, sorprendentemente a suo agio su una poco performante Jordan.
Domenica, 11 maggio 1997: Montecarlo e i suoi yacht si svegliano sotto una pioggia che da molto non si vedeva da queste parti; nell’incredibile gara dell’anno precedente, vinta poi da Olivier Panis su Ligier, non c’era tutta quell’acqua in pista. Tutti i piloti sono preoccupati, si guardano intorno aspettando una qualche decisione dalla direzione gara. Solo uno di loro ha stampato un ghigno perfido in volto, quello di chi sa di essere il più forte; indossa una tuta rossa e il suo nome è Michael Schumacher. Arrogante? Assolutamente no. Solo cosciente delle proprie incredibili abilità in queste condizioni.
Le due Williams e la McLaren di Hakkinen scelgono di partire con gomme slick, tutti gli altri sono con gomme da bagnato. Semaforo verde e Schumi comincia immediatamente il suo personale show: supera Frentzen al via e, alla fine del primo giro ha 4 secondi di vantaggio su Fisichella, ottimo secondo. Al secondo giro, i secondi diventano nove, e così via per le successive tornate. Tra testacoda, sbandate poco controllate ed errori, l’unico che va sui binari è il tedesco della Ferrari, come se ci fossero 40 gradi e un sole cocente; per lui non fa alcuna differenza.
Intanto, dalle retrovie, inizia una furiosa rimonta Rubens Barrichello a bordo di una poco performante Stewart, unico pilota in pista ad avvicinarsi alle prestazioni di Schumacher, sempre più solitario in testa: a suon di sorpassi, Rubinho si porta in seconda posizione mentre, al 13° giro, Villeneuve, in procinto di essere doppiato da Schumacher, esce di scena, in uno dei tanti incidenti che costellano questa giornata uggiosa.
Dietro si crea un fantastico duello per il terzo posto tra Fisichella, Panis e Irvine con l’irlandese della Ferrari che supera entrambi e ipoteca il terzo posto; al giro 52 si registra l’unico brivido della corsa di Schumacher che va lungo alla Saint Devote ma rientra comunque in testa, tanto è il suo vantaggio.
Sotto la bandiera a scacchi, sempre più bagnata dalla principesca pioggia, il Kaiser Schumi vince la sua prima gara stagionale, senza diritto di replica da parte degli avversari, nella maniera più schiacciante e umiliante possibile. Un’altra lezione di guida del più forte. Secondo Rubens Barrichello che regala il primo podio alla neonata scuderia di Jackie Stewart. Già, secondo dietro Schumacher: come a seguire, in anteprima, un copione che verrà riproposto più e più volte in futuro, ignari di ciò che sarà.