Si spengono i semafori alle 13:00, la bandiera a scacchi cala alle 17:04 ora locale di Montreal, le 23:04 qui in Italia: quattro ore e quattro minuti di emozioni, sorpassi, incidenti e, come se non bastasse, con un finale a sorpresa. No, non è un kolossal hollywoodiano ma un Gran Premio, quello del Canada F1 2011, il più lungo della storia di questo sport. E non è nemmeno l’unico record se consideriamo il numero di entrate in pista della Safety Car (6) e la velocità media, 74 Km/h, complice anche l’eterna bandiera rossa.
L’avvicinamento alla gara non è nulla di speciale in quanto, quella di Montreal, doveva rappresentare una gara con un copione già scritto, con vincitori Sebastian Vettel e la sua strepitosa Red Bull RB7, e dietro gli altri a giocarsi la residua gloria, tra Ferrari, McLaren e Mercedes. La qualifica del sabato dà solo conferme in questo senso, con il giovane tedesco a conquistare una prevedibile pole position e le due Ferrari di Fernando Alonso e Felipe Massa inaspettatamente vicine, nonostante una 150° Italia non proprio entusiasmante. Insomma, secondo le attese, Vettel si sarebbe involato alla vittoria regolando agevolmente le due Rosse. Ma il cielo canadese aveva altri piani.
Sulla capitale del Quebec si abbatte un vero e proprio nubifragio che costringe i commissari a far partire la corsa in regime di Safety Car che, dopo 4 giri, si fa da parte e dà inizio alle ostilità: all’ottava tornata Lewis Hamilton tenta di superare il compagno di squadra Jenson Button sul rettilineo del traguardo ma i due si toccano con il primo ad avere la peggio, dovendosi ritirare. Questo incidente fa uscire di nuovo la Safety Car mentre Button viene penalizzato con un drive through per aver oltrepassato il limite di velocità proprio dietro la Safety: non sembra essere proprio la gara di Jenson.
Dal cielo sempre più nero di Montreal, continua a scendere una pioggia sempre più pesante che allaga il tracciato, tanto da interrompere la gara al giro 25; da qui ci sono 90 minuti di attesa, di danze della pioggia (vedi Kamui Kobayashi, secondo al momento dell’interruzione) e di tanta indecisione da parte dei commissari. 90 minuti conditi da giri di prova della Safety Car e dallo spettro della sospensione definitiva della gara che sembrava sempre più vicina; fino a che la pioggia cala di intensità e il circuito torna praticabile. Tutti in macchina, si riparte!
Pronti, via e Button, risalito nelle posizioni alte della classifica, si tocca con Alonso, costringendo il ferrarista al ritiro e se stesso ad un pit stop che lo relega in ventunesima ed ultima posizione. Un incubo, che gli permette di osare con le strategie, un handicap che si trasforma in una grande opportunità: Jenson è il primo a montare le gomme slick grazie alla sua spiccata sensibilità in condizioni atmosferiche complicate da interpretare e comincia una rimonta spettacolare a suon di sorpassi. Nelle battute finali, si ritrova quarto dietro Michael Schumacher e Mark Webber, la cui battaglia avvantaggia l’inglese che supera entrambi.
Ma Vettel è lontano, troppo lontano, quando inizia il 70° e ultimo giro di questo infinito gran premio. Mai perdere la speranza, continuare a pressare anche se vanamente, per non avere rimpianti. E Button non ne avrà: errore di Vettel che finisce sull’umido ed il pilota della McLaren, come un bomber in area di rigore, si butta dentro; è primo, gestisce la macchina, la bandiera a scacchi, la liberazione. Non ci crede, ma è tutto vero. Jenson Button ha vinto la sua decima gara in carriera, la più lunga, la più difficile, la più impossibile. Impossible is nothing…