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    Ferrari | La forza di essere Sebastian Vettel

    Gianluca D'AlessandroBy Gianluca D'Alessandro7 Novembre 2018
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    La stagione 2018 indubbiamente non è stata la più semplice per Sebastian Vettel, anzi, potremmo forse definirla come una delle più complicate che il tedesco abbia mai vissuto nel corso della sua carriera. Non si può nascondere il fatto il Ferrarista abbia commesso diversi errori e che questi, gravi o meno, abbiano pesato tantissimo nell’economia di un mondiale molto tirato come lo è stato quello 2018. Ferrari e Mercedes sono state alla pari per la maggior parte della stagione, con momenti a favore della squadra italiana ed altri a favore del team anglo-tedesco: sia lato costruttori che piloti a fare la differenza è stata la costanza mostrata durante il campionato. Negli occhi e nei gesti di Sebastian si è visto tutto il rammarico per una stagione che poteva e doveva essere diversa, per trasformare in realtà quel desiderio di vincere in Rosso e riportare il titolo a Maranello che da grande sogno si è trasformato nel grande incubo nel giro di qualche gara.

    Il 2018 della Ferrari era nato sotto le migliore prospettive. Un team composto da persone capaci e piloti di livello. Una macchina nuova, un progetto ambizioso che avrebbe dovuto risolvere quei limiti della SF70H che non avevano permesso alla squadra di Maranello di lottare ad armi pari con la Mercedes nel 2017. Dopo un inizio difficile in cui c’era ancora bisogno di comprendere fino in fondo il potenziale della monoposto e come farla rendere al meglio, la SF71H si è “sbloccata”, dimostrandosi una vettura estremamente competitiva, all’altezza della sfida che l’attendeva: riportare il titolo a Maranello. Finalmente anche l’ultimo pezzo del puzzle era al suo posto. La caccia era ufficialmente aperta.

    Vincere un mondiale però è un’arte complessa, non è un qualcosa di raggiungibile dall’oggi al domani. È un’alchimia di elementi che devono combaciare alla perfezione, in cui ogni singolo componente del team deve lavorare in una sola unica direzione per gioire nel momento del successo e per superare le difficoltà nel momento della sconfitta. Perché, anche se spesso ce ne dimentichiamo, la Formula 1 è uno sport di squadra, dove il gruppo aiuta il singolo e il singolo aiuta il gruppo, dove uno fa affidamento sull’altro.

    Per vincere un mondiale il pilota deve sapersi costruire le proprie opportunità e deve sfruttare al meglio ciò il team gli mette a disposizione, è in un certo senso artefice del proprio destino. Ma questo non basta. Per conquistare l’alloro iridato c’è anche bisogno di una squadra che metta il pilota nelle condizioni che gli consentano di esprimersi al meglio delle sue potenzialità e che gli permettano di lottare per gli obiettivi prefissati, che lo supporti in toto. Il che non vuol dire solamente fornire una macchina competitiva, ma anche essere perfetti in tutto ciò che è di contorno: sbagliare il meno possibile sulle strategie di gara, saper gestire le vicissitudini all’interno del team ed avere il coraggio di prendere scelte difficili anche quando lo vorresti evitare. Ed è probabilmente intorno a questo aspetto che si è decisa una grossa fetta del mondiale 2018.

    È chiaro che quest’anno Mercedes abbia fatto di tutto per mettere Lewis Hamilton in quella posizione, al centro del progetto, al centro delle ambizioni, al centro di tutto, mentre Ferrari non sia riuscita a fare lo stesso con Sebastian Vettel. Nel momento in cui bisognava giocare duro, la casa anglo-tedesca non si è mai tirata indietro e ha sempre fatto tutto il necessario al fine di mettere in cassaforte il risultato, anche con metodi che potrebbero essere definiti discutibili. Ma ciò che solitamente rimane nell’albo d’oro è se vinci, non come vinci. E da questo punto di vista all’accoppiata Mercedes-Hamilton si può solo dire chapeau: il team di Stoccarda ha fatto tutto il necessario per assicurare al neo 5-volte campione del mondo il massimo supporto per avere la meglio in una sfida così tirata, mentre è stato abilissimo Hamilton a sfruttare qualsiasi opportunità posta lungo il suo cammino, frutto della squadra o di fattori esterni. Non gli si può recriminare nulla, sono stati i più forti, una vera macchina da guerra.

    Se da una parte si festeggia, dall’altra non si può di certo essere soddisfatti di come sia finito questo campionato, date le premesse. Secondo stampa e tifosi, il grande responsabile della disfatta Rossa è Sebastian Vettel, reo di non aver sfruttato le potenzialità della vettura e di aver commesso troppi errori nel corso del mondiale. Vettel ha sbagliato? Si, inutile nasconderlo, inutile dire il contrario. Soprattutto perché da un quattro volte campione del mondo ti aspetteresti altro, vorresti sempre il massimo. Sicuramente Sebastian stesso è anche il primo ad esserne consapevole ed il primo a recriminare per gli errori commessi: sta lottando per realizzare il suo sogno e determinate cose non le ha mandate giù a cuor leggero, ben più di quanto possa trasparire dall’esterno. Un punto di vista comprensibile e rispettabile. Quest’anno Hamilton è stato quasi perfetto, Vettel no. Sono i risultati a parlare, ci sarebbe poco da discutere se ci fermassimo a questo punto. Ma come sempre, nulla è semplicemente bianco o nero. Ci vuole equilibrio, una via di mezzo.

    Indubbiamente Sebastian è tra i responsabili della disfatta Ferrari, ma l’estremizzazione di questo concetto, il volergli addossare delle colpe che non ha, il voler farlo passare per un campione che campione più non è e il voler raccontare una storia diversa per farlo diventare carne da macello è qualcosa che personalmente non condivido. Ci sono tante sfumature che in molti “dimenticano” di prendere in considerazione nel metro di giudizio di questo campionato, forse perché è più semplice puntare il dito cercando l’ennesimo capro espiatorio, piuttosto che prendersi un minuto per fermarsi, ragionare e cercare di capire cosa realmente non abbia funzionato al fine di trovare una soluzione concreta.

    Ci si concentra sul fatto il tedesco abbia sbagliato e che abbia perso punti, comprensibile, ma ciò cu cui ci si dovrebbe focalizzare è il perché Sebastian abbia commesso certi errori, quali ragioni ci siano dietro. Per vincere un mondiale un pilota deve essere messo nelle condizioni di poter raggiungere tale obiettivo. E se Mercedes ha fatto di tutto per mettere Hamilton al centro degli obiettivi, lo stesso non si può di certo dire per quanto riguarda la Ferrari e Vettel, in diversi aspetti, che siano le strategie o la gestione degli ordini di scuderia.

    Verissimo, Vettel ha sbagliato. Tanto. La lista la conosciamo tutti e alla guida della vettura c’era lui, quindi è lui ad esserne responsabile. Ma buona parte di quegli errori sono figli di episodi in cui la Ferrari avrebbe potuto e dovuto gestire meglio la situazione. Chiariamoci subito, nessuno è perfetto: tutti commettiamo errori. Come sbagliano le squadre, sbagliano i piloti, le sconfitte e i successi sono sempre condivisi. Come ha sbagliato la Ferrari, ha sbagliato anche la Mercedes nel corso di questa stagione, capita quando si è sotto pressione. La vera sfida risiede nel fare il minor numero di errori possibile, avvicinandosi per quanto possibile alla perfezione; tutto questo spesso in qualche decina di secondi. Ma è chiaro che nell’analisi va tenuto conto anche di questo aspetto, di come il team di Maranello con una gestione più oculata di determinati aspetti avrebbe potuto evitare di mettere Vettel inutilmente complicate, in situazioni in cui è stato spesso costretto a rincorrere per rimediare ad un errore del muretto. Un singolo episodio è comprensibile, ma se ciò si ripete più volte durante l’anno, allora vuol dire che c’è qualcosa che non funziona e bisogna porre rimedio. Non si può sempre sperare che siano i piloti a metterci una pezza, aumentando oltretutto i rischi. Tutto questo inevitabilmente si ripercuote su chi guida la vettura, a cui si aggiunge pressione su pressione. E nel momento in cui arriva l’errore, si aggiunge ulteriore pressione, perché sei cosciente del fatto che recuperare in una situazione pressoché alla pari di valori in campo non sarà affatto semplice. Rifacciamo questo discorso per svariate volte e sarà più semplice capire cosa è andato storto in questo campionato. Se ti ritrovi in una situazione in cui sei costretto ad inseguire, chiaramente sei anche costretto a rischiare, tutto a tuo rischio e pericolo.

    Uno dei momenti più difficili del 2018

    Se vedi che il tuo avversario gioca duro, devi reagire, non puoi mantenere sempre lo stesso atteggiamento “pulito”. Se il tuo avversario adotta una chiara strategia primo-secondo pilota, devi reagire e fare lo stesso, per quanto gli ordini di scuderia siano dolorosi e per quanto le polemiche sicuramente non mancheranno. Ma come ha ben detto Toto Wolff “preferisco essere cattivo oggi piuttosto che un’idiota nel weekend di Abu Dhabi, a campionato finito”. È comprensibile perché Ferrari non sia voluta scendere a certi “giochetti”, ma nel momento in cui la tua nemesi cambia le carte in tavola, non puoi permetterti di rischiare una situazione in cui da una parte il pilota corra da “solo” mentre dall’altra il rivale possa contare sull’appoggio incondizionato della squadra, a volte persino esagerato. Rischi di partire battuto ancor prima di cominciare. Ferrari ha messo in difficoltà Vettel mettendolo in situazioni complicate, Vettel ha messo la Ferrari in difficoltà commettendo diversi errori: insomma, un gatto che si morde la coda. E questi aspetti hanno inciso tantissimo nell’economia del mondiale, forse anche più che quelle poche gare in cui Ferrari è stata nettamente inferiore a Mercedes a livello di performance o in quelle situazioni in cui uno scroscio di pioggia proprio nel momento peggiore in assoluto ha messo a nudo uno dei punti deboli della SF71H – non fraintendiamoci, ovviamente anche lato vettura c’è ancora da migliorare, in modo da essere competitivi anche in quegli aspetti che non sono i punti di forza della Rossa attualmente -. Questa è una lezione che il team di Maranello dovrà imparare per riuscire il prossimo passo in avanti.

    “Ah, se solo ci fosse [inserire qui il pilota di turno], questo mondiale lo avrebbe vinto già prima di [inserire qui la data che più vi aggrada per rimarcare il concetto]” è il classico ritornello, anno dopo anno, pilota dopo pilota. E ora tocca a Vettel. In fondo l’erba del vicino è sempre più verde, no? Non è la prima volta e non sarà l’ultima. Quante volte ci capita di sognare ciò che hanno gli altri senza capire il valore di ciò che abbiamo già in mano? In fondo parliamo di uno dei migliori piloti al mondo, di un campione che ha già dimostrato di essere all’altezza dell’impresa. Siamo tanto sicuri che qualche altro pilota avrebbe potuto fare meglio se messo nella stessa situazione e nelle stesse condizioni? Ci può stare, è un’eventualità che non si può esclude, ma per sostenere tale tesi ci devono anche delle valide motivazioni a sostegno, che non si possono ridurre al paragonare situazioni completamente differenti tra loro come purtroppo troppo spesso accade, sia nella gestione in pista che nell’apporto alla squadra. Non è detto che ciò funziona per qualcuno funzioni anche per l’altro. E troppo spesso si finisce col dare per scontato certe qualità caratteristiche del singolo pilota, focalizzandosi solo su cosa non abbia funzionato, alla disperata ricerca di qualcuno che possa porvi rimedio. Dopo una stagione così difficile sembra quasi un paradosso dirlo, ma credo che Vettel abbia dimostrato più volte di essere l’uomo giusto per riportare il titolo in Rosso e questo non va dimenticato, nonostante ci sia ancora tanto da lavorare per raggiungere tale traguardo.

    Verissimo, Vettel ha sbagliato e ha lasciato tanti punti per strada. Ma quando si fa questo tipo di ragionamento, allora bisognerebbe tenere anche conto dei punti che Vettel ha guadagnato facendo la differenza in certi appuntamenti, portando al limite la vettura e ricordando a tutti perché è un quattro volte campione del mondo. “Avrebbe dovuto aspettare o accontentarsi come Hamilton, portando a casa la vettura” è un’accusa che si è sentita spesso quest’anno. Certamente avrebbe potuto seguire tale approccio, anzi a posteriori forse sarebbe stata anche la scelta migliore dal punto di vista matematico e dei risultati. Ma come puoi esserne sicuro in quel momento? Questo è un discorso applicabile a qualsiasi pilota. Ci sono volte in cui devi prenderti dei rischi, in cui devi essere in grado di gettare il cuore oltre l’ostacolo, non puoi accontentarti per sempre, soprattutto in un mondiale così alla pari. Ci sono momenti in cui puoi gestire e momenti in cui devi andare all’attacco. La Formula 1 è fatta anche di questo e in quei momenti ne escono capolavori come quelli in Bahrain, in Austria o in Inghilterra. Non è tutto bianco o nero. È tutta una questione di equilibrio tra il prendersi rischi necessari e non necessari. Chiaramente quest’anno Vettel ha esagerato da questo punto di vista, perdendo punti su punti, ma certe volte era anche l’unica strada percorribile, soprattutto per come si era messa la situazione ad un certo punto della stagione.

    Spesso si sottovaluta cosa voglia dire guidare per la Ferrari; giustamente si potrebbe obiettare con “la solita storia”. Naturalmente. Ma quella pressione la devi vivere per capire cosa significa realmente, per capire che responsabilità ti porti sulle spalle, per capire la passione di un popolo rosso e della stampa pronto a gioire e a saltare sul carro alla prima vittoria ma pronto a sbranarti al primo errore. Una pressione difficile da gestire, che solo in pochi sono riusciti a domare. Essere un pilota Ferrari paradossalmente ti porta quasi più “nemici” che “amici”: come dimenticare tutte quelle volte in cui delle dichiarazioni sono state tirate fuori dal loro contesto e girate come un calzino solo per dargli un significato nuovo completamente diverso da quello di partenza?

    La forza di essere Sebastian Vettel. Di sopportare tutto questo, di proteggere la squadra nonostante tutto, di reagire, di non smettere di sognare, di non smettere di crederci, anche nel momento più buio. È da qui che il tedesco dovrà ripartire l’anno prossimo per tentare nuovamente l’assalto al titolo, buttandosi alle spalle ciò che non ha funzionato in questo campionato.

    Vettel, lo stesso ragazzo del 2015, lo stesso ragazzo con un sogno

    Cosa vuol dire tutto ciò? Sebastian Vettel ha perso il mondiale 2018? Si, assolutamente, ma ci sono delle ragioni dietro. E capire queste motivazioni è il primo passo per pensare di poter realmente vincere l’alloro iridato nella prossima stagione. La Formula 1 è uno sport di squadra e ognuno ha le proprie responsabilità, che sia il pilota o la squadra. Da una parte il tedesco dovrà commettere meno errori nel 2019, dall’altra il team dovrà fare un passo in avanti in tutti gli aspetti, dalla vettura alla gestione piloti, senza dimenticare le strategie. Ma sarà qualcosa da fare tutti insieme, perché solo una Ferrari unita può riuscire a riportare il titolo a Maranello.

    2018 F1 ferrari vettel
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    Gianluca D'Alessandro | Giovane appassionato di tecnologia e di sport, in particolare di Formula 1. Cresciuto passando la domenica pomeriggio a guardare Schumi in TV a vincere i mondiali sulla Rossa! | Twitter: @Gianludale27

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