Giunti quasi all’epilogo della stagione F1 2018 è interessante premere il tasto rewind per analizzare a freddo le dinamiche che hanno contraddistinto il campionato. Con i titoli piloti e costruttori ormai assegnati all’accoppiata dei grandi numeri Hamilton – Mercedes, possiamo ripercorrere l’andamento delle venti gare sin qui disputate e capire dove e perché il pilota anglo-caraibico e il suo team hanno fatto ancora la differenza.
Il modo migliore per cogliere i momenti chiave della stagione F1 2018 è suddividere i gran premi in due blocchi da dieci: questo mostra immediatamente i crescendi e i calandi dei due rivali per il titolo. Dall’esordio in Australia sino a Silverstone, entrambe tappe vittoriose per Sebastian Vettel, la classifica sorrideva proprio al pilota tedesco, anche se l’estrema concretezza di Lewis Hamilton lo collocava minaccioso alle sue spalle:
– Vettel 171 punti
– Hamilton 163 punti
– Raikkonen 116 punti
– Ricciardo 106 punti
– Bottas 104 punti
– Verstappen 93 punti
Si andava delineando la sfida avvincente tra due quattro volte campioni del mondo, i più titolati della loro generazione. La Ferrari aveva portato in pista una vettura individuata da molti nel paddock come il punto di riferimento a livello tecnico. Vettel aveva conquistato quattro gran premi e aveva dimostrato di avere in mano, se così si può azzardare, il proprio destino. Tra grandi exploit e i primi accenni fallosi, a cui si contrapponeva la solidità di Hamilton, la classifica non rispecchiava la superiorità della scuderia di Maranello, seppur in testa di misura anche nel campionato costruttori.
I campioni in carica avevano iniziato la campagna mondiale con molte difficoltà, forse impreviste e venute a galla a causa dello scontro con un rivale che intimoriva. Lo stesso Hamilton parlava di un feeling carente con la W09, mentre Bottas perdeva punti preziosi a causa di un eccesso di sfortuna. L’aver contenuto il distacco in classifica è stato possibile grazie agli errori dei rivali in rosso, ma anche alla lucidità che non è mai mancata nel piede e nella testa di Hamilton. Mai un inizio di stagione fu così in salita nell’era turbo-ibrida per la squadra di Brackley, con nessuna vittoria conquistata nelle prime tre gare.
La Red Bull si definiva dopo dieci gare già come terza forza, pagando il pegno di un divario tecnico, soprattutto a livello di power unit e affidabilità, incolmabile rispetto a Mercedes e Ferrari. Non sono mancate però tre vittorie (tante quante Mercedes): l’intuizione strategica a regalare una splendida vittoria a Daniel Ricciardo in Cina, il dominante weekend dell’australiano a Monaco e la gestione delle gomme chiave vincente per Verstappen in Austria.
Dopo l’equilibrio della prima metà di stagione, dal Gran Premio di Germania sino alla penultima tappa in Brasile, netto e impressionante è stato il cambio di passo di Hamilton e Mercedes:
– Hamilton 220 punti
– Verstappen 141 punti
– Raikkonen 135 punti
– Bottas 133 punti
– Vettel 131 punti
– Ricciardo 52 punti
E’ evidente come il weekend shock di Hockenheim, undicesimo gran premio stagionale, sia stato la chiave di inversione definitiva della forza inerziale a favore di Lewis Hamilton. Quello che per Vettel doveva essere il weekend dell’imposizione della propria forza, dopo la significativa vittoria di Silverstone e la drammatica qualifica di Hamilton, si è rivelato per il tedesco il primo passo in un buco nero. Da qui in avanti, non è più riuscito a conquistare una pole position e ha saputo vincere solo in Belgio.
A favorire una seconda parte di stagione stellare per Lewis Hamilton, costellata da ben sette successi, c’è stato un ottimo sviluppo e miglioramento della vettura da parte dei tecnici Mercedes. Culmine di questa crescita è stata la pole inaspettata di Singapore, dove Hamilton ha siglato un giro magico su un circuito tradizionalmente ostico. Tuttavia, la differenza l’ha messa in campo anche il pilota di Stevenage che, dopo la vittoria travolgente in Germania, è stato davanti al compagno di box in tutte le qualifiche con l’eccezione della sola Russia.
Protagonista di una seconda parte di stagione in decisa ascesa è stato Max Verstappen, sostenuto da una Red Bull che ha l’abitudine di migliorare in corso d’opera. Per lui una vittoria schiacciante in Messico e altre cinque presenze sul podio. E il bis tra le curve di Interlagos sarebbe stato agguantabile, ma è sfumato soltanto a causa del contatto con il doppiato Ocon. Di tutt’altro umore il compagno di box Ricciardo, portato alla crisi di nervi da una Red Bull incapace di concludere il cinquanta percento delle ultime dieci gare.
La nota stonata che salta all’occhio nella classifica della seconda parte di stagione è certamente la caduta libera di Sebastian Vettel. Involuto probabilmente in un mood psicologico non ottimale e con molti errori commessi ma anche subiti a causa di sviste del muretto, il talento del campione tedesco è parso smaterializzato. Una menzione la merita la stagione di Kimi Raikkonen, in grado di mettere a segno la sua migliore annata dal suo ritorno in Ferrari. Il finlandese ha esaltato i suoi tifosi ottenendo la pole position a Monza ed è ritornato alla vittoria, dopo cinque anni, nel Gran Premio degli Stati Uniti.
CLASSIFICHE F1 2018: MONDIALE PILOTI FORMULA 1
CLASSIFICHE F1 2018: MONDIALE COSTRUTTORI FORMULA 1