Dopo poco più di due mesi dal saluto alla F1 ad Abu Dhabi, Fernando Alonso è tornato al volante in regime di gara. Lo ha fatto mostrando appieno la sua masterclass al volante. Al termine della 24 ore di Daytona, a sollevare il trofeo dei vincitori è stato proprio il team Wayne Taylor Racing, nel quale militava lo spagnolo, affiancato dal trio Kobayashi – Taylor – Van dei Zande.
Al pilota di Oviedo, alla sua seconda partecipazione alla gara – questa volta in veste di pilota della classe regina (DPI) -, bisogna riconoscere una buona fetta dei meriti del trionfo di squadra. Nel corso delle 24 ore, Alonso ha infatti dovuto affrontare molte delle insidie incontrate durante la sua intera carriera nel Circus della F1, dimostrando di saperle gestire con perfetta maestria.
Nel suo primo stint, cominciato poco meno di due ore dopo la bandiera verde, è subito entrato in pista con grinta, mostrando i muscoli sin dalle prime tornate. Uscito dalla corsia box in nona piazza, non ha lasciato passare molti giri per recuperare diverse posizioni, portandosi prima all’interno della top 3 e conquistando poi la leadership della gara in soli due giri, dando spettacolo con sorpassi e staccate a freni incandescenti.
Ciò che ha stupito, ma che già aveva mostrato lo scorso giugno in occasione della 24 ore di Le Mans, è il passo mantenuto dallo spagnolo nel corso dei suoi turni in abitacolo, costante e sostenuto, senza dimenticarsi dell’abilità con cui ha più volte costruito i gap con gli avversari, nonostante le numerose neutralizzazioni della corsa. Sono proprio quest’ultime che hanno caratterizzato la seconda parte di gara, per via delle condizioni meteorologiche a dir poco proibitive. A sette ore dalla bandiera a scacchi una bandiera rossa ha lasciato gli equipaggi fermi all’interno dei propri garage per più di due ore.
L’ex pilota della McLaren, ha comunque toccato con mano le condizioni estreme del tracciato di Daytona, dovendo lottare per la posizione di vetta. Nel corso del suo ultimo stint ha ingaggiato un duello entusiasmante con un’altra vecchia conoscenza della F1, Felipe Nasr, uscendone vincitore dopo che il brasiliano, estenuato dalla lotta, era andato lungo alla prima staccata.
Il sorpasso è stato compiuto con un tempismo perfetto, visto che poco dopo la gara è stata interrotta nuovamente, stavolta in modo definitivo, portando la direzione gara alla decisione di calare la bandiera a scacchi con undici minuti di anticipo rispetto allo scadere delle 24 ore.
I complimenti vanno quindi a tutto l’organico del team che ha dimostrato come si vincono le gare endurance, senza errori errori o disattenzioni, evitando le possibili problematiche tecniche, mantenendo un livello di concentrazione tale da evitare persino dei banali fuori pista.
Tra le GT svetta invece la BMW, che ha conquistato il gradino più alto del podio con la vettura numero 25 di Herta – Farfus – De Philippi – Eng. Gli occhi erano puntati anche e soprattutto sull’altra macchina, la numero 24, che ha visto al volante il nostro Alex Zanardi che con tenacia e forza di volontà ha dato nuovamente prova del suo immenso talento al volante. Per lui ed il suo equipaggio il nono posto di classe, ventiquattresimo assoluto, risultato che avrebbe potuto essere migliore se non fosse per un problema tecnico che, nelle prime fasi di gara, ha costretto la vettura all’interno del box per diversi giri. Da sottolineare infine il secondo successo consecutivo per Lamborghini in classe GTD con Bortolotti – Engelart – Breukers – Ineichen. Non era mai accaduto che la medesima squadra costruttrice cogliesse la vittoria di classe per due volte di fila.