Più forti di un infortunio. I 10 grandi ritorni in F1, prima di Kubica
Sembrava solo un sogno, un obiettivo quasi impossibile da realizzare. E invece, nel 2019, gli appassionati di Formula 1 avranno l’occasione di vedere di nuovo all’opera Robert Kubica su una vettura di Formula 1: questa volta non più come semplice test driver o collaudatore, ma proprio in qualità di pilota ufficiale in Williams, insieme all’esordiente compagno di squadra George Russell.
La firma del contratto chiude un cerchio doloroso e ricco di sacrifici per il polacco, che prima di poter ufficializzare il suo emozionante ritorno in F1 ha dovuto sfidare molte insidie, fisiche e psicologiche, con una grinta ed una determinazione impeccabili.
Chi avrebbe mai detto, nel febbraio 2011, che Kubica sarebbe tornato un giorno a guidare una monoposto di F1? Pochi, forse nessuno. Ancor più se si considera che il polacco stava lottando come un leone per sopravvivere, estratto in gravi condizioni dalla sua vettura rally dopo il terribile schianto in Liguria. Un incidente quasi mortale, talmente grave che ancora oggi il braccio di Kubica rimane la testimonianza fisica di quel botto pauroso.
Ma la passione e l’amore per il mondo delle corse hanno consentito al polacco di rimettersi in gioco, superando ostacoli apparentemente insormontabili e consentendogli di ritornare nel circus dalla porta principale. Il caso di Kubica, ad ogni modo, è solo l’ultimo dei tanti che si sono verificati nella storia della F1, costellata da uomini che, pur avendo subito gravi infortuni in seguito ad incidenti, hanno avuto il coraggio di rimettersi in discussione dopo la riabilitazione.
In attesa di rivedere finalmente Kubica in pista, ecco i dieci piloti ritornati in F1 dopo aver visto la morte in faccia:
JUAN MANUEL FANGIO
Per vedere il primo pilota capace di rimettersi in gioco dopo un infortunio serio, bisogna tornare indietro al 1952, in un’epoca in cui la Formula 1 totalmente diversa, sia da punto di vista tecnico che umano, rispetto a quella attuale.
Nell’estate di quell’anno infatti, a Monza si disputa il Gran Premio dell’Autodromo, una gara riservata a monoposto di F2 non valida per il campionato mondiale. Pur essendo un evento di contorno, le più grandi firme dell’automobilismo di quegli anni avrebbero fatto carte false pur di prendere parte alla corsa. Tra questi anche l’argentino Juan Manuel Fangio, asso della Formula 1 degli anni ’50.
C’è però un problema: Fangio, impegnato qualche giorno prima in una gara in Irlanda del Nord, perde l’aereo che da Lione lo avrebbe portato a Milano. Senza perdersi d’animo, l’argentino si mette in auto e guida fino all’autodromo brianzolo per tutta la notte, presentandosi in griglia di partenza a meno di un’ora dallo start. Il lungo viaggio, percorso senza sosta per dormire, stremò Fangio. A causa della stanchezza, l’argentino perse il controllo della sua vettura alla prima di Lesmo, volando violentemente fuori pista.
Nell’incidente Che rischiò di costargli la vita, Fangio rimediò la frattura della vertebra cervicale. La stagione 1952 si chiuse per lui con lo schianto di Monza. Dopo aver trascorso una lunga riabilitazione in Argentina, “El Cabezòn” tornò al volante già nel 1953. I titoli mondiali di Formula 1 vinti consecutivamente dal 1954 al 1957, furono la conferma di quanto l’incidente di Monza non lo scalfì minimamente.
GRAHAM HILL
Due volte campione del mondo negli anni ’60 e padre di Damon, anche Graham Hill fu protagonista di un sensazionale ritorno in pista dopo un grave incidente. Il fatto che rischiò di porre fine alla sua carriera di pilota si verificò nel Gran Premio degli USA del 1969.
A Watkins Glen, il britannico spinse a tal punto da mettere alla frusta le gomme dalla sua Lotus. Hill era talmente concentrato sulla gara che non solo tolse le cinture di sicurezza per poter dare il massimo, ma non si accorse della segnalazione proveniente dal suo box, che lo invitava a rientrare per il cambio dei pneumatici. Una svista che gli costò caro: poco dopo esser transitato sul rettilineo del traguardo, la posteriore destra esplose, facendo volare la Lotus fuori dalla pista. Nell’impatto, Hill si ruppe entrambe le ginocchia, e la sua carriera sembrava essersi interrotta in quel momento.
Dando esempio di uno straordinario coraggio, Hill, pur essendo ancora costretto all’uso delle stampelle, si stupì tutti presentandosi al Gran Premio del Sudafrica 1970. In condizioni fisiche non ottimali, l'inglese colse un sorprendente 6° posto, replicando altri piazzamenti a punti nel corso di quella stagione. L'incidente limitò comunque il suo potenziale, tanto da non riuscire più a salire sul podio in un GP di F1.
JOHN SURTEES
Suddito della Regina come Graham Hill, anche John Surtees fu protagonista di un grande ritorno nel mondo delle competizioni automobilistiche dopo un grave incidente. Dopo aver colto brillanti successi con le moto, negli anni ’60 Surtees decise di mettersi in discussione tentando la carriera in Formula 1. Un passo importante e rischioso, ma che lo consacrò come “Eroe dei due mondi” vincendo il mondiale del 1964 con la Ferrari.
Da campione del mondo in carica, Surtees partecipò nel 1965 ad una gara non valida per il campionato sul circuito canadese di Mosport. Al volante di una Lola, l’inglese finì rovinosamente fuori pista, rompendosi il femore. A seguito dell’incidente, i medici che lo curarono a Londra notarono che la gamba di Surtees si era accorciata di qualche centimetro rispetto a quella sana.
Ad ogni modo, il britannico riuscì a recuperare in tempi rapidi, tornando in F1 già nel 1966, sempre con la Ferrari. Dal giorno dell’incidente a quello del suo ritiro dalla F1, Surtees riuscirà a conquistare altre tre vittorie nella massima serie.
NIKI LAUDA
Il ritorno più incredibile che si sia mai visto in Formula 1 (per la gravità dell’incidente e per la rapidità a rientrare in pista) è forse quello che vide come protagonista Niki Lauda. L’austriaco, campione del mondo con la Ferrari nel 1975, disputò la stagione 1976 con tutte le carte in regola per riconfermarsi campione, nonostante la crescente rivalità con James Hunt (un duello che ispirò il regista Ron Howard per la realizzazione del film “Rush”).
Ma nel corso del Gran Premio di Germania a Nurburgring (sul leggendario quanto temuto tracciato del Nordschleife), Lauda perse il controllo della sua Ferrari, andando a sbattere violentemente contro le barriere.
Nell’impatto l’austriaco non solo perse il casco, ma rimase intrappolato per diverso tempo nella sua vettura circondata dalle fiamme. Lauda venne estratto dall’abitacolo ancora in vita grazie all’eroico intervento di Arturo Merzario, Harald Ertl, Guy Edwards e Brett Lunger, ma le sue condizione apparsero subito gravissime.
L’austriaco infatti riportò ustioni al volto, oltre ad aver inalato i fumi velenosi della benzina. Ricoverato all’ospedale tedesco di Mannheim, Lauda riuscì poi a sopravvivere grazie a vari interventi chirurgici. Eppure, ad appena quaranta giorni di distanza dall’incidente che gli fece vedere la morte in faccia, l’austriaco si presentò al volante della sua Ferrari al Gran Premio d’Italia, contro il parere dei medici e della Ferrari, che già aveva scelto Carlos Reutemann come suo sostituto.
In condizioni fisiche ancora precarie, con la vista offuscata e con perdite di sangue dalle ustioni, Lauda colse un incredibile quarto posto, che lo rilanciò miracolosamente nella lotta per il titolo. Tuttavia, l’austriaco perse il mondiale nell’ultima gara dell’anno in Giappone, dove decise di ritirarsi volontariamente per il pericolo troppo elevato della pioggia. La tenacia di Lauda venne ripagata nel 1977 e nel 1984, quando l’austriaco colse altri due titoli mondiali prima di appendere definitivamente il casco al chiodo.
MARTIN BRUNDLE
Promessa dell’automobilismo britannico, ed oggi commentatore televisivo di fama internazionale, la carriera di Martin Brundle in Formula 1 rischiò seriamente di non decollare nel 1984, anno in cui il britannico si affacciò per la prima volta nel grande circus.
A metà stagione, giunti al Gran Premio degli USA a Dallas, l’esordiente inglese fu coinvolto in un serio incidente al volante della sua Tyrrell. In seguito ad una foratura, Brundle andò a sbattere violentemente contro le barriere, rimbalzando in pista e venendo colpito da un’altra monoposto.
Nell’impatto, Brundle ruppe entrambi i piedi e le anche, oltre a ritrovarsi una gamba più corta rispetto all’altra. I medici americani che per primi soccorsero il pilota, decisero per procedere all’amputazione dei piedi. Tuttavia, il Professor Sid Watkins (“angelo” dei piloti in quegli anni tormentati) si oppose all’intervento, tanto da portare Brundle a Londra, dove il pilota avviò un lungo piano di riabilitazione.
La scelta di Watkins fu determinante non solo per la salute dell’inglese, ma anche per il suo rientro in F1. Già nel 1985 infatti, Brundle rientrò stabilmente in Formula 1 per poi ritirarsi nel 1996. Nel corso della sua lunga carriera, l’inglese non assaporò mai la gioia della vittoria, ma colse comunque 9 podi.
GERHARD BERGER
Nel 1984 l’incidente di Brundle non fu l’unico a coinvolgere direttamente un pilota di Formula 1. In quella stagione, infatti, debuttò anche un giovane austriaco di belle speranze come Gerhard Berger. Diversamente da quanto accaduto a Brundle, Berger riuscì a completare la sua prima stagione al volante dell’ATS, ma ad una settimana dal termine del mondiale accadde il fatto: rientrato in Austria per stare vicino alla sua famiglia, Berger rimase coinvolto in un incidente stradale nei pressi di Salisburgo. Nella collisione con un altro mezzo, l’austriaco venne sbalzato fuori dalla sua BMW, finendo rovinosamente a ridosso di un fiume. Nel dramma di un incidente così serio, il pilota può ancora oggi ritenersi un uomo fortunato. Una delle auto coinvolte nel tamponamento era infatti occupata da due medici specializzati nei traumi alla schiena. I due dottori, accorsi tempestivamente per soccorrere Berger, rilevarono una frattura al collo oltre a varie ferite sulla schiena, immobilizzando l’austriaco prima dell’arrivo dell’ambulanza.
Grazie all’intervento dei due medici, Berger riuscì a ristabilirsi in tempo per il campionato 1985, cui prese parte senza problemi prima di avviarsi ad una carriera brillante tra i top team degli anni ’80 e ’90.
JOHNNY HERBERT
Riconosciuto come uno dei piloti più di qualità del panorama internazionale tra gli anni ’90 e 2000, la carriera di Johnny Herbert in Formula 1 lo portò a salire per tre volte sul gradino più alto del podio, cogliendo altrettanti piazzamenti nella top 3.
Eppure, poco prima di esordire nella massima serie nel 1989, l’approdo di Herbert nel circus fu seriamente messo in dubbio da un bruttissimo incidente occorso nelle categorie minori. Nel 1988 infatti, durante una gara di Formula 3000 a Brands Hatch, l’inglese fu vittima di un terribile schianto che coinvolse varie vetture. Nell’impatto, contro le barriere e successivamente contro le auto che sopraggiungevano dietro di lui, la parte anteriore della sua monoposto andò letteralmente in frantumi, lasciando scoperte e prive di protezioni le gambe del britannico.
Herbert rimediò svariate fratture agli arti inferiori, ed il suo imminente approdo in F1 per il 1989 (aveva già firmato per la Benetton) sembrò seriamente compromesso. E invece, nonostante girasse nel paddock ancora con le stampelle, l’inglese bruciò le tappe e si presentò regolarmente in Brasile per la prima gara del mondiale, dove giunse incredibilmente 4° all’esordio assoluto.
MIKA HAKKINEN
Se fino a questo momento abbiamo rivisto casi di piloti ritornati dopo fratture o traumi di una certa entità, il discorso è completamente diverso per ciò che accadde a Mika Hakkinen nel 1995.
Il giovane finlandese, in forza alla McLaren dopo i primi anni alla Lotus, fu infatti vittima di uno spaventoso incidente nel corso delle prove libere dell’appuntamento conclusivo in Australia, ad Adelaide.
In seguito allo scoppio di un pneumatico, Hakkinen perse il controllo della sua vettura in pieno rettilineo, andando a sbattere violentemente contro le gomme di protezione. Nell’impatto il finlandese entrò addirittura in coma (rimanendovi per due giorni), oltre a riportare una frattura dello zigomo ed alla perdita di alcuni denti. A causa di questo incidente, ancora oggi Hakkinen ha un parziale deficit uditivo.
Anche in questo caso, il tempestivo intervento di Sid Watkins (che praticò una tracheotomia sul finlandese in pista) fu fondamentale per il pilota, il quale riuscì a ritornare in tempo per il mondiale 1996 dopo una lunga e complessa convalescenza. Nonostante il trauma di natura cerebrale, la stoffa ed il talento di Hakkinen non vennero intaccate, tanto che il finlandese si laureò due volte campione del mondo nel 1998 e 1999, superando la concorrenza di Schumacher.
MICHAEL SCHUMACHER
Già, Schumacher. Mentre tutto il mondo prega e spera in un miglioramento delle sue attuali condizioni di salute (sulle quali la famiglia mantiene il massimo riserbo), lo stesso tedesco fu protagonista di un ritorno da un infortunio nel bel mezzo della sua carriera.
Nel 1999 infatti, nel corso del primo giro a Silverstone, la Ferrari di Schumacher finì dritta contro le barriere a causa di un cedimento meccanico. A causa dell’elevata velocità e dell’improvvisa decelerazione, il tedesco rimediò la frattura di tibia e perone della gamba destra, salutando anzitempo ogni speranza di lottare per il mondiale di quell’anno.
Il suo posto venne così preso dal finlandese Mika Salo, ma sul finale della stagione i tempi di recupero furono maturi per un grande rientro. A due gare dal termine della stagione, Schumacher tornò infatti a Sepang nel tentativo di aiutare il compagno di squadra Irvine alla vittoria del mondiale.
Già nelle qualifiche del Gran Premio della Malesia, Schumacher stupì tutti conquistando addirittura la pole position. Dal 2000 al 2004, inoltre, il tedesco si renderà protagonista di una delle pagine più trionfanti e gloriose non solo della storia della Ferrari, ma anche dell’intera F1.
FELIPE MASSA
Il caso più recente di rientro da un infortunio (prima di Kubica) fu quello che vide coinvolto il brasiliano Felipe Massa, vittima di un incidente tanto assurdo quanto serio nel 2009.
Durante le qualifiche del Gran Premio d’Ungheria di quell’anno, la sua Ferrari finì improvvisamente contro le barriere, con il pilota all’interno dell’abitacolo privo di coscienza e con una ferita profonda sopra l’occhio. Qualche minuto dopo l’impatto, la causa dell’incidente venne scoperta grazie alla rallenty della regia internazionale che si accorse di una molla meccanica staccatasi dalla Williams di Barrichello, e che con immensa sfortuna intaccò proprio il casco del brasiliano.
Il trauma cranico costrinse Massa ad abbandonare la stagione in corso per sottoporsi ad un intervento chirurgico, perfettamente riuscito. Rientrato in Brasile per proseguire il recupero, lo stesso Massa tranquillizzò tutti sulle sue condizioni di salute, tanto da ritornare stabilmente in Ferrari all’inizio della stagione 2010, rimanendo in F1 fino al 2017.
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