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    Alfa Romeo Racing: la storia del biscione in Formula 1

    Marco CornagliaBy Marco Cornaglia5 Febbraio 2019
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    Il cambio di nome da Sauber ad Alfa Romeo Racing segna un ulteriore piccolo passo verso il ritorno a tempo pieno della scuderia del biscione nel circus iridato. Un pezzo di storia della Formula 1 che torna nel suo habitat naturale: il mondo delle corse. Ripercorriamo insieme le tappe fondamentali di questa straordinaria avventura tutta tricolore

    La notizia della settimana scorsa del cambio di denominazione della scuderia Svizzera, da Sauber ad Alfa Romeo Racing, avrà fatto brillare gli occhi a tutti gli appassionati nostalgici. Il nome Alfa Romeo di nuovo legato alla Formula 1!

    Per ora solo il nome. Sì perché la scuderia rimane svizzera, così come il management. E il motore è Ferrari.
    Ma rappresenta pur sempre la fase embrionale dell’attuazione di un programma, voluto da Sergio Marchionne, che ha una sua crono-storia ben definita.

    Una sorta di Junior Team Ferrari, per consacrare un rapporto d’amore nato oltre sessant’anni fa: non dimentichiamo infatti, che la Ferrari nacque proprio da una costola del Biscione, quando Enzo Ferrari rilevò l’attività sportiva del marchio milanese negli Anni 50.

    La Casa del Biscione rappresenta un pezzo importante della storia della Formula 1. E’ stata infatti la scuderia che si è aggiudicata i primi due Mondiali della classe regina del Motorsport. Ha disputato nove stagioni e ha fornito i suoi propulsori a McLaren, Brabham e Osella.

    Ripassiamo insieme un po’ di storia.

    I TRIONFI

    nel 1950 ci fu la prima edizione del mondiale di Formula 1. La gara inaugurale si corse il 13 maggio 1950 a Silverstone. La corsa fu disertata dalla Ferrari, che non si accordò per il rimborso spese. La parte del leone la fece quindi l’Alfa Romeo, che con la sua 158, dotata di un eccezionale motore 1.5 sovralimentato a otto cilindri in linea, riuscì a piazzare 3 piloti ai primi 3 posti: Giuseppe Farina tagliò per primo il traguardo, davanti a Luigi Fagioli e a Reg Parnell. Un dominio che proseguì anche nelle successive gare, alle quali prese parte anche la scuderia del cavallino. L’Alfa vinse 6 delle 7 gare in calendario: alla 500 Miglia di Indianapolis non partecipò, come peraltro le altre scuderie europee. A conquistare il titolo piloti fu Nino Farina davanti a Juan Manuel Fangio, e a Luigi Fagioli.

    L’anno successivo (1951) l’Alfa schierò la 159, un’evoluzione della 158, con motore più potente e sospensioni posteriori modificate. Nel secondo Campionato del Mondo, l’Alfa Romeo vinse 4 Gran Premi su 8. Il pilota di punta del biscione di quella stagione fu il futuro penta-campione Fangio, che dovette resister al ritorno della Ferrari di Alberto Ascari. L’argentino vinse il titolo iridato all’ultima gara, in Spagna, grazie ad un’indovinata scelta di gomme. Entrambe le stagioni l’Alfa Romeo totalizzò più punti degli altri team: ma non poté fregiarsi dei titoli Costruttori perché questi sarebbero stati assegnati solo a partire dal 1958.

    IL PRIMO RITIRO

    Nonostante i successi conseguiti nelle prime due edizioni, nel 1952 l’Alfa Romeo si ritirò dal mondiale. A causa dei costi sempre più crescenti l’IRI, proprietario dell’azienda, decise di non continuare l’esperienza del circus iridato, nonostante fosse già stato avviato il progetto della nuova Alfa Romeo 160. I veri motivi del ritiro erano sostanzialmente due. La maggiore competitività della Ferrari, che iniziava a preoccupare, e non poco, i vertici del biscione. Il desiderio di concentrarsi sulla realizzazione e sulla produzione della “Giulietta”: gli uomini che si dedicavano alla progettazione delle auto da corsa, infatti, erano gli stessi che si dedicavano alla produzione di serie.

    LE PRIME ESPERIENZE COME MOTORISTA

    All’inizio degli Anni 60, l’Alfa si riaffacciò al mondiale, come fornitore di motori. Nel marzo del 1963 l’Ing. Carlo Chiti e Lodovico Chizzola, diedero vita alla mitica “AutoDelta”, struttura “semi-ufficiale”, che nel 1966 confluì nel nuovo Reparto Corse Alfa Romeo.

    Il Biscione si dedicò alla serie Turismo e ai prototipi, escludendo un interesse diretto nella F1 senza, per questo, trascurare totalmente il circus. A partire dal mondiale del 1961, infatti, la FIA decise un drastico ridimensionamento delle cilindrate, per ridurre le prestazioni delle vetture. Sfruttando il motore 4 cilindri in linea bialbero della Giulietta, l’Alfa Romeo divenne fornitore di team minori, come De Tomaso, la britannica LDS, e la Cooper. I risultati però non arrivarono, e in seguito al ritorno al motore 3 litri, l’Alfa annunciò un nuovo ritiro dalla Formula 1.

    GLI ANNI 70

    La Formula 1 è però nel DNA dell’Alfa Romeo, che già nel 1970 tentò il rilancio come motorista, raggiungendo un accordo con la McLaren, per l’installazione del motore V8 sulla monoposto guidata dal nostro Andrea De Adamich. La stagione successiva il pilota triestino si trasferì alla March, portando con il se il propulsore del biscione. In entrambi i casi i risultati furono mediocri, e l’Alfa decise di prendersi un’ulteriore pausa di riflessione fino al 1976, quando tornò come motorista a fianco della Brabham di Bernie Ecclestone. Arrivarono le prime soddisfazioni: 3 quarti posti, e 4 podi nel 1977. Furono il preludio al ritorno alla vittoria, grazie all’ingaggio da parte della Brabham di Niki Lauda, dopo la rottura con la Ferrari. L’austriaco vinse in Svezia e a Monza.

    1979 – ALFA ROMEO COSTRUTTORE E FORNITORE

    I buoni risultati ottenuti con la Brabham, spinsero l’Alfa a tornare ufficialmente in Formula 1 dalla porta principale: come costruttore. La vettura che segnò il ritorno alla massima categoria del Motorsport fu la 177, affidata al pilota bresciano Bruno Giacomelli, che la portò in pista al Gran Premio del Belgio, sesta gara del campionato. Il debutto non fu certo incoraggiante: ritiro per incidente.
    Già al Gran Premio di Monza apparve la sua erede, l’Alfa Romeo 179 dotata del nuovo 12 cilindri a V di 60°.
    Malgrado le migliorie tecniche, in 5 presenze stagionali la 179 non giunse mai a punti: per l’Alfa si consumò pure la rottura con la Brabham.

    ANNI 80 – I PRIMI PUNTI IRIDATI

    Contrariamente alla sua antenata, l’Alfa Romeo 179 ebbe una carriera agonistica più lunga e più soddisfacente. Con la rinnovata scuderia Marlboro Alfa Romeo, Giacomelli, ottenne due quinti posti, in Argentina e in Germania, e un tredicesimo posto. In Canada il pilota bresciano partì in pole position. E a Watkins Glen rimase al comando per 31 giri, prima di essere tradito da un guasto all’iniezione. La stagione dell’Alfa fu macchiata dalla morte di Patrick Depailler, avvenuta il 01 agosto sul circuito di Hockenheim, mentre stava effettuando dei test privati in vista del GP di Germania.

    Il suo posto fu temporaneamente ripreso da Brambilla, e poi definitivamente assegnato ad un giovanissimo pilota italiano: Andrea De Cesaris, che debuttò a soli 21 anni al GP del Canada, proprio con l’Alfa Romeo.

    La stagione successiva, caratterizzata dall’abolizione dell’effetto suolo sulle monoposto, i piloti Bruno Giacomelli e Mario Andretti tra alterni risultati, ottennero il miglior risultato di sempre con la 179: un terzo posto alla gara conclusiva a Las Vegas, per il bresciano, mentre il compagno Andretti conquistò un quarto posto al gran premio inaugurale degli Stati Uniti a Long Beach.

    1982

    Il 1982 segnò il debutto della nuova monoposto: la 182, con motore V12 60°, e un nuovo telaio monoscocca in fibra di carbonio. Confermato Bruno Giacomelli, venne richiamato Andrea De Cesaris al posto di Mario Andretti, emigrato alla Williams. Durante la stagione lo sviluppo proseguì senza sosta e si concretizzò nelle nuove versioni 182B e, dal Gran Premio di Monza, la 182T, dotata di un nuovo motore biturbo da 640 cavalli, che però venne utilizzata solo in qualifica. Nonostante le premesse la stagione fu avara di soddisfazioni: solo un terzo posto ottenuto da De Cesaris al GP di Monaco.

    1983

    Aanno nuovo… monoposto nuova! la Alfa Romeo 183T con motore biturbo 890T, progettato dall’ing. Chiti. Bruno Giacomelli fu sostituito da un altro italiano, Mauro Baldi, che affiancò il confermato Andrea De Cesaris. Fu la stagione migliore per l’Alfa, dal suo rientro in F1: De Cesaris fu secondo in Germania e in Sudafrica, e staccò il giro veloce a Spa. Pur bersagliato dall’avversa sorte, anche Mauro Baldi portò punti alla scuderia del portello, e il mondiale si concluse con il 6° posto nella classifica Costruttori, davanti a mostri sacri come la Tyrrell e la Lotus. Sempre nel 1983, l’Alfa affiancò all’esperienza di costruttore anche quella di motorista, fornendo i suoi propulsoria alla Osella.

    1984

    Il 1984 segnò profondi cambiamenti all’interno del team. Innanzitutto l’Alfa Romeo affidò l’intera gestione della Formula 1 all’Euroracing, lasciando all’AutoDelta la fornitura dei motori. Persa la Malboro, le monoposto del biscione, le nuove 184 T, furono colorate del verde/rosso della Benetton. Anche per quanto riguarda i piloti, ci fu un cambiamento completo di rotta: al giovane italiano Riccardo Patrese, fu affiancato l’italo-americano Eddie Cheever.

    Il motore 890T, riproposto in una versione aggiornata a 680 cavalli, era caratterizzato da un consumo elevatissimo di carburante: i piloti, in più di un’occasione, dovettero tornare ai box a piedi. Le uniche soddisfazioni della stagione furono il terzo posto di Patrese a Monza, e il quarto posto di Cheever in Brasile. L’Alfa chiuse il mondiale all’ottavo posto con soli 11 punti.

    1985

    L’anno successivo, l’Alfa Romeo partecipò con la 185T. Dopo solo otto gare però, la scarsa qualità della macchina costrinse a fare un passo indietro: si tornò alla 184T, aggiornata in 184TB. Fu un’annata completamente da dimenticare. Il biscione chiuse con 0 punti, collezionando quasi esclusivamente ritiri, e riuscendo appena a concludere tre gran premi in nona posizione. A fine stagione l’Alfa Romeo decise il ritiro dalle competizioni: ma i motori continuarono ad equipaggiare Ligier e Osella fino al 1987.

    I GIORNI NOSTRI-LA PARTENRSHIP CON SAUBER

    Il resto è storia contemporanea! Nel 2015 il logo Alfa Romeo tornò a brillare su una vettura di Formula 1, comparendo sulle Ferrari per alcune stagioni. A novembre del 2017, Sergio Marchionne annunciò il ritorno del marchio Alfa Romeo in Formula 1 per la stagione 2018, come sponsor principale del team Sauber. Una partenrship che implica una cooperazione tecnologica, tecnica e commerciale.

    Il 2 dicembre 2017, presso il Museo storico Alfa Romeo di Arese, in una conferenza stampa, vennero presentati i termini dell’accordo tra Gruppo FCA e Sauber, e venne mostrata la nuova livrea, che riprendeva i colori storici dell’Alfa Romeo.

    La Sauber C37 sponsorizzata Alfa Romeo, e motorizzata Ferrari, fu presentata ufficialmente il 20 febbraio 2018, e fu affidata a due giovani piloti: il rookie Charles Leclerc e lo svedese Marcus Ericsson.

    Nonostante le premesse da cenerentola del circus, la Sauber Alfa ottenne buoni risultati nel 2018, classificandosi ottava a fine stagione, con 48 punti, grazie soprattutto al talento del monegasco che conquistò 39 punti. La sua positiva esperienza in Alfa è valsa la promozione in Ferrari, a fianco del quattro volte campione del mondo Sebastian Vettel.

    Nel 2019, come detto, il nome Sauber scomparirà completamente dal circus, e sarà sostituito da Alfa Romeo Racing. Le monoposto, che verranno presentate ufficialmente il 18 febbraio, saranno affidate al giovane italiano Antonio Giovinazzi, e all’ultimo campione Ferrari, Kimi Raikkonen, Con la sua esperienza il team svizzero spera di fare quel salto di qualità che un nome così ingombrante impone.

    2019 Alfa Romeo F1 marchionne sauber
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    Marco Cornaglia

    Marco Cornaglia | Classe 1974, Laureato in Giurisprudenza. Si occupa di gare... gare d'appalto. Appassionato di auto e formula 1 fin da bambino. Super tifoso e ammiratore del grande Ayrton Senna uomo e pilota unico!

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