Essere pilota di Formula 1 è, tra tutte quelle sportive, una delle discipline più difficili per quanto riguarda le tensioni e le pressioni che bisogna gestire. Se, inoltre, ti chiami Sebastian Vettel, hai vinto quattro Mondiali Piloti, e dal 2015 guidi quella vettura tutta rossa con un Cavallino Rampante nero che si chiama Ferrari, la pressione aumenta esponenzialmente. In aggiunta a ciò, se per caso perdi un Mondiale che sembrava alla tua portata e avrebbe spezzato un digiuno che dura ormai dal 2007, diventi (in Italia ma non solo) un bersaglio mobile. E’ quello che sta succedendo al tedesco dalla fine del Mondiale 2018, in cui è stato battuto da un (occorre sottolinearlo) quasi perfetto Lewis Hamilton.
Lo ha spiegato bene Fabio Tavelli, giornalista di Sky, sulle colonne del Foglio: nell’ambiente è da qualche tempo attivo un P.A.V. (termine coniato dal decano dell’automobilismo sportivo Leo Turrini), un Partito Anti Vettel che vedrebbe molto di buon occhio l’allontanamento del tedesco da Maranello, non ritenendolo all’altezza della Ferrari. Già dal luglio scorso, quando Seb andò a sbattere nel GP di casa buttando all’aria una importantissima vittoria, in molti cominciarono a storcere il naso. Poco prima di Natale, fu l’ex Presidente Montezemolo, che aveva portato Vettel in Rosso, ad emettere una sentenza senza possibilità di appello: “Con questa Ferrari, Hamilton avrebbe vinto il Mondiale!”, dichiarò. Non certo un toccasana per il morale del pilota di Heppenheim…
La settimana scorsa, ci ha pensato un illustre ex-pilota di Maranello, Eddie Irvine, a gettare benzina sul fuoco. Il nord irlandese non è mai stato uno che le mandava a dire, e, anche stavolta, più chiaro di così non poteva essere: “Vettel è bravo se è in testa e nessuno in competizione. Ma enormemente sopravvalutato, sa fare una cosa soltanto. Lewis ha molto più talento”. Sostanzialmente, si rimprovera a Vettel il fatto di aver vinto i suoi Mondiali con una Red Bull in grado di dare un secondo al giro agli avversari e partendo sempre davanti. Già all’epoca, Fernando Alonso diceva di lottare contro Adrian Newey, non contro il tedesco.
Una cosa è da mettere in chiaro: nell’era moderna della Formula 1, ha sempre vinto i titoli chi ha avuto la vettura complessivamente migliore, harakiri McLaren del 2007 a parte. Nei primi tre anni dell’era power unit, la Mercedes viaggiava su un altro pianeta rispetto agli altri team, esattamente come la Red Bull dell’epopea Vettel. Quando Michael Schumacher vinceva titoli a raffica, a volte anche in luglio (2002), aveva tra le mani una combinazione di talento personale e del team impressionante. Andando ancora più indietro, i domini McLaren, Williams o Benetton sono sempre stati ottenuti grazie anche a vetture assolutamente più competitive delle avversarie, senza nulla togliere al valore di ogni singolo Campione del Mondo.
Tornando a Vettel, nessuno può negare l’evidenza dei fatti: nell’ultimo mondiale ha avuto per buona parte una vettura in grado di competere per il titolo, che non è stato raggiunto soprattutto per errori suoi. Alcuni macroscopici (Le Castellet, Hockenheim, Monza, Suzuka), altri meno marchiani (le penalità di Spielberg e Austin, il dritto di Baku), ma sommati agli altri capaci di togliergli punti pesantissimi che poi hanno decretato la sconfitta finale. E’ chiaro il fatto che Seb dovrà resettare gli automatismi interni del suo cervello, se vorrà tornare a vincere il titolo e pareggiare i conti con la sua nemesi Hamilton. La prossima stagione sarà fondamentale per lui sotto vari aspetti, non ultimo la lotta con il team mate, che più scomodo di così non poteva essere: Charles Leclerc.
Il giovane monegasco arriva in Ferrari dopo un anno di apprendistato in Alfa-Sauber, dove ha dimostrato tutto il suo talento, dopo aver vinto campionati a raffica nelle categorie minori. In molti temono che avere al suo fianco un cavallino del genere, potrebbe portare Vettel a rivivere l’annus horribilis 2014, in cui fu asfaltato da Ricciardo, e dovette in ultima analisi abbandonare la Red Bull. Inoltre, aggiunge Tavelli nella sua analisi, non va dimenticato il “fattore Schumacher (Mick)”: “Non è nemmeno quotato il combinato disposto “vittoria Mick in un gran premio di F.2+frittata di Vettel uguale: Schumi subito!” E’ innegabile che Vettel abbia accolto il pargolo con grande afflato paterno, gli abbia ricordato di quando lui tenero pilotino andava a lezione del di lui babbo. Il cucciolo lo ha subito ringraziato alla Race of Champions (non esattamente una competizione probante ma comunque erano uno contro l’altro con un volante in mano e non si giocava a bocce o a paddle) battendolo nettamente”.
Insomma, comunque vada, per Seb sarà un anno cruciale; dovrà essere da subito al top, innanzitutto a livello mentale, per mettere a tacere le critiche nei suoi confronti, ma soprattutto per vincere finalmente quel titolo che anche a lui manca da troppo tempo.