Red Bull – Honda e un mondiale F1 senza compromessi!
Il Mondiale di Formula 1 2019 è ormai alle porte. Le vetture svelano nuove linee e livree, in una attesa crescente. I primi test, da prendere sempre con le pinze, offriranno le prime indicazioni circa i valori in campo: immutati rispetto al 2018 o sovvertiti? Solo il responso della pista saprà rispondere a questa domanda.
Dovremo attenderci un profondo sovvertimento dei valori in campo? Forse. Se la sfida Mercedes vs Ferrari sembra potersi rinnovare, decisamente più incerto e nebbioso appare il ruolo di terzo incomodo. Nel biennio 2017-2018, è stata la Red Bull ad incarnare la cosiddetta “terza forza” in campo. I regolamenti tecnici introdotti nel 2017 hanno partorito le Red Bull RB13 e RB14, entrambe motorizzate Renault (ribattezzato TAG Heuer). Monoposto — come tutte le Red Bull — qualificate da eccellenti doti telaistiche ed aerodinamiche ma le cui prestazioni sono state sovente inficiate da un V6 Turbo-ibrido Renault non all’altezza dei più esuberanti Mercedes e Ferrari, peraltro ulteriormente messo a dura prova, per quanto concerne l’affidabilità, da configurazioni aerodinamiche particolarmente estreme (ci riferiamo soprattutto alle fiancate, particolarmente corte, “regressive” e rastremate). Daniel Ricciardo e Max Verstappen, benché abbiano ben figurato, raccolto podi e 7 vittorie complessive, nulla hanno potuto contro Mercedes e Ferrari in ottica iridata. Le monoposto Red Bull, in sostanza, hanno egregiamente compensato come e dove hanno potuto le prestazioni del V6 Turbo-ibrido Renault, senza mai, tuttavia, eguagliare, nell’arco dell’intero campionato, Ferrari e, soprattutto, Mercedes. Insomma, il gioco che alla Red Bull è riuscito nell’era V8 — periodo nel quale ha primeggiato anche in presenza di un V8 Renault non al vertice in quanto a potenza massima erogata; il V8 francese sfoggiava, però, altri, determinanti pregi — non è riuscito (sinora) nell’era dei V6 Turbo-ibridi.
In questo 2019, la Red Bull cambia pelle. Se da un alto, la nuova Red Bull RB15 si svela quale logica evoluzione della RB14 ed interpretazione dei nuovi regolamenti tecnici in fatto di aerodinamica, dall’altro la nuova arma del team anglo-austriaco di Milton Keynes è ora spinta da una nuova “power unit”. Non più Renault, bensì Honda.
Ed è questo l’autentico salto nel buio, lo snodo attorno al quale potrà ruotare gran parte dell’interesse per il Mondiale di F1 2019. Per la Red Bull si tratta del quarto motorista in 15 stagioni di attività in Formula 1. Nel 2005, la RB1 era spinta dal V10 Cosworth, nel 2006 il passaggio al V8 Ferrari a motorizzare la RB2, quindi, a partire dalla RB3 del 2007, il fruttuoso sodalizio con Renault (prima V8 aspirati, successivamente V6 Turbo-ibridi), il quale ha prodotto 59 vittorie, 60 pole-position, 4 titoli Piloti (Sebastian Vettel: 2010, 2011, 2012, 2013) ed altrettanti titoli Costruttori nei medesimi anni.
L’adozione della “power unit” Honda costituisce un punto interrogativo. Le cronache degli ultimi anni non mentono. La Honda, rientrata in F1 nel 2015, ha evidenziato innegabili lacune e difficoltà circa lo sviluppo delle odierne unità Turbo-ibride. Carenze, in termini di affidabilità e prestazioni, appena sopite e arginate da molteplici interventi attorno a tutta la “power unit” (V6 Turbo endotermico + motogeneratori elettrici). Il rinnovato binomio McLaren-Honda — iniziato nel 2015 e terminato a fine 2017 — non ha partorito i risultati sperati. Anche la Toro Rosso STR13-Honda del 2018 ha palesato lampanti deficit prestazionali rispetto alla più costante e sincera STR12-Renault del 2012, imputabili anche alle scarse qualità dell’unità nipponica.
Attorno alla Red Bull RB15-Honda, dunque, gravitano enormi aspettative. La vettura anglo-austriaca rappresenta l’apice in quanto ad eccellenza telaistica-aerodinamica. Sono state le monoposto curate da Adrian Newey, infatti, ad aver tenuto a galla la Renault (impegnata in F1 in qualità di motorista e costruttore) nell’era Turbo-ibridi, altrimenti alle prese con prestazioni e risultati non certo eclatanti. Al contempo, la vettura al vertice in quanto a telaio ed aerodinamica sarà spinta da una “power unit” che, dal 2015, ha solo raccolto — a fronte di consistenti investimenti e molteplici aggiornamenti — delusioni e giudizi poco edificanti.
Chi rischia di più, Red Bull o Honda? Finalmente la Honda può avvalersi di una vettura di prim’ordine, quale (sulla carta) dovrebbe essere la nuova RB15. McLaren e Toro Rosso, in questo senso, non hanno rappresentato e non rappresentano ancora lo stato dell’arte. In particolare, la McLaren MCL33, dotata di “power unit” Renault, ha palesato deludenti prestazioni, confermando che non era il solo motore Honda la causa di tutti i mali che affliggevano ed affliggono il team di Woking. La Honda, pertanto, non ha più scuse. Gli anni di apprendistato sono finiti: ora è chiamata alla battaglia nelle posizioni che contano e la Red Bull è il team giusto per potersi svegliare da un torpore che sembra senza fine e soluzione. La Honda ha tutto da guadagnare.
La Red Bull, dal canto suo, rischia di vanificare l’ennesima vettura da mondiale a causa della “pochezza” del proprio motorista. Riuscirà la RB15 a compensare, qualora la “power unit” Honda mostri ancora eloquenti lacune, le prestazioni dell’unità giapponese? E fino a che punto sarà in grado di compensarle? L’accoppiata Red Bull-Honda può risultare devastante: per gli avversari — qualora Newey e Honda abbiano azzeccato rispettivamente vettura e motore — o per se stessi, qualora Red Bull e Honda non riescano ad amalgamarsi vicendevolmente. La già precaria affidabilità del motore Honda, infatti, potrebbe essere messa ulteriormente a dura prova dalla configurazione e dal “packaging” particolarmente estremi delle fiancate della Red Bull RB15, filosofia che ha caratterizzato tutte le monoposto di Milton Keynes già a partire dall’era V8. Siamo sicuri che queste domande, questi dubbi e queste angosce alberghino da mesi nei pensieri dei tecnici Red Bull e Honda… La Red Bull, allora, ha tanto da perdere.
Le prime indiscrezioni parlano di un motore Honda più potente di quello Renault. Sulla carta, una notizia incoraggiante (i cavalli sono sempre ben accetti) ma è pur vero che non basta la bruta potenza a fare di un motore un motore vincente.
In ogni caso, il matrimonio Red Bull-Honda può essere in grado di condizionare non solo il copione del Mondiale 2019, ma anche di riscrivere la storia della F1 contemporanea. Qualora la Red Bull non sia in grado di lottare al vertice e ambire alla vittoria, sarà interessante vedere se il ruolo di terzo attore protagonista verrà indossato da un altro team: Renault, Racing Point, Haas, Sauber/Alfa Romeo già scalpitano.
Flop Red Bull o rinascita Honda? Un fatto è certo: Red Bull e Honda sono chiamate ad un Mondiale senza compromessi.