Ayrton Senna, 25 anni dopo quel 1° maggio 1994

Ayrton Senna at the GP di San Marino in Imola, Italy in 1994.
Domenica 1 maggio 1994, Imola. XIV Gran Premio di San Marino. Per capire il “mito Senna” bisogna partire dalla fine. Da quell’infausto weekend imolese il quale, come un demone vendicativo, si abbatte sulla Formula 1. Cambiandola per sempre, nel bene e, purtroppo, anche (e soprattutto) nel male.
Roland Ratzenberger, Ayrton Senna. Quell’oscuro demone scrive, in quei giorni, una tanto impeccabile quanto macabra sceneggiatura, unendo nel medesimo destino l’esordiente austriaco di Salisburgo ed il veterano campione brasiliano, la altrettanto esordiente e non competitiva Simtek e la celeberrima, iridata, velocissima Williams. Medesimo destino ma, inevitabilmente, clamori diversi. La morte di Ratzenberger (Salisburgo, 4 luglio 1960-Bologna, 30 aprile 1994) — pilota che, nel 1994, può vantare diverse partecipazioni alla 24 Ore di Le Mans; nel 1993 coglie un ottimo 5° posto assoluto (e 1° di classe) al volante della Toyota 93C-V di classe Category 2 del Sard Co. Ltd. coadiuvato da Mauro Martini e Naoki Nagasaka —, avvenuta nel corso delle qualifiche ufficiali e passata in secondo piano rispetto all’imminente, atteso Gran Premio, viene ulteriormente ed inesorabilmente offuscata dalla morte di Ayrton Senna. Un copione beffardo, quasi una metafora della vita e della società. L’ennesimo atto di perfidia consumatosi tra le curve ed i rettilinei di Imola. La vita è una questione di gerarchie anche nella morte.
Quel demone pensa proprio a tutto. Dapprima l’incidente occorso a Rubens Barrichello (Jordan 194-Hart) — quasi ad anticipare, in un climax crescente, quanto accadrà sabato e domenica —, infine gli spettatori ed i meccanici travolti dalle ruote staccatesi dalla Lotus 107C-Mugen Honda di Pedro Lamy e dalla Minardi M193B-Cosworth di Michele Alboreto. È un bollettino di guerra. Morti e feriti. Un incubo.
Molto si è scritto e detto attorno a quelle drammatiche ore, a quei fatidici giorni di 25 anni fa. Quelle ore a cavallo tra il 30 aprile ed il 1 maggio 1994 costituiscono, per tutti gli appassionati di motori, una sorta di “11 settembre 2001”: chi c’era e chi ha vissuto quei momenti ricorda per filo e per segno ogni minuto, ogni secondo, ogni parola pronunciata, ogni lacrima versata, ogni sermone demagogico distillato da improvvisati esperti e dai soliti tuttologi del nulla.
Si sa: la morte violenta e in giovane età è sinonimo di “mito”. Nella musica, nel cinema, nello sport. Ed ecco che, da quel 30 aprile e da quel 1 maggio 1994, Roland Ratzenberger e Ayrton Senna entrano, loro malgrado ma di diritto, in questa sorta di universo mitologico, fatto di genuini apprezzamenti ma anche di ipocrita retorica post mortem. I fan di Ayrton Senna e Roland Ratzenberger si sono moltiplicati e si moltiplicano ancora oggi a dismisura e in maniera alquanto grottesca a suon di foto e coccodrilli pubblicati sui social.
Lutti che, come spesso accade nel motorsport, generano isterismo di massa, scarsa lucidità di analisi ed una malsana voglia di rivincita su imponderabili fattori esterni insiti nello sport del motore. Quegli stessi fattori scatenanti le morti di Roland e Ayrton.
Il mito di Ayrton Senna si fortifica (e per le masse nasce) alle 14:17 del 1 maggio 1994, quando la sua Williams FW16-Renault picchia il muretto della Curva Tamburello. Gli ultimi metri della carriera di Senna, gli ultimi rantoli di una brillante, sfolgorante vita spezzata da un braccetto della sospensione destra. Le immagini del suo corpo ormai esanime disteso nella via di fuga, le indagini, gli scoop giornalistici, i processi, le mille speculazioni, le non edificanti figure — in sede processuale e non solo — della Williams, la commozione. Stop, riavvolgiamo il nastro.
Ayrton Senna non è solo Imola 1994. Il campione brasiliano incarna, infatti, gli ultimi anni realmente ruggenti della Formula 1. Un po’ di numeri. Dal GP del Brasile 1984 al GP di Imola 1994, Ayrton Senna (San Paolo, 21 marzo 1960-Bologna, 1 maggio 1994) partecipa a 161 Gran Premi su 162 presenze totali in F1: in occasione (ironia della sorte…) del GP di San Marino 1984, Senna non riesce a qualificare la sua Toleman TG183B-Hart. 41 le vittorie conquistate, 65 le pole-position, 19 i giri veloci in gara, 80 i podi complessivi, 60 i ritiri.
Tre i Mondiali Piloti conquistati, datati 1988 (McLaren Mp4/4-Honda RA168E Turbo), 1990 (McLaren Mp4/5B-Honda RA100E) e 1991 (McLaren Mp4/6-Honda RA121E). Ripercorrere la carriera di Ayrton Senna equivale a riassaporare un automobilismo sportivo oggi scomparso, tradito e rinnegato. Tredici i modelli di monoposto F1 condotte dall’Asso brasiliano: le Toleman TG183B e TG184 motorizzate Hart del 1984, Lotus 97T-Renault (1985), Lotus 98T-Renault (1986), Lotus 99T-Honda (1987), McLaren Mp4/4-Honda (1988), McLaren Mp4/5-Honda (1989), McLaren Mp4/5B-Honda (1990), McLaren Mp4/6-Honda (1991), McLaren Mp4/6B-Honda (1992), McLaren Mp4/7A-Honda (1992), McLaren Mp4/8-Cosworth (1993), infine la Williams FW16-Renault (1994).
Duelli, rivalità, episodi tanto intensi quanto controversi rimasti nella storia della F1 e che sono essi stessi sinonimo di Formula 1. Senna è la Formula 1, certo. Ma è quella stessa Formula 1 ad aver partorito Senna, i suoi avversari, le vetture da lui guidate e quegli stessi episodi, sublimazione di un periodo sfavillante — in tutti i sensi — per la F1. Personaggio complesso e imperscrutabile, Ayrton Senna. Mai banale. Anche in questo caso, molto è stato scritto e detto attorno al Senna pilota e all’Ayrton privato.
Un fatto è certo: tra mito, idealizzazione e realtà, Senna rappresenta, ancora oggi, il prototipo del pilota. Non a caso, (invano) emulato. Spavaldo e ambizioso, aggressivo e sovente arrogante, tremendamente scaltro e veloce. Mai domo. Sportivamente bastardo quando necessario. Odiato e amato, da rivali, addetti ai lavori e appassionati. Temuto e quindi rispettato. Insomma, un talento. Senna era questo e molto altro ancora. Impossibile non rimanere estasiati dalla sua guida e da quel suo modo —inimitabile, intimo e personale — di affrontare la sacralità e la ritualità di una corsa.
25 anni sono un tempo più che sufficiente per avanzare riflessioni e valutazioni. Senna rappresenta un autentico spartiacque per la storia della F1 e non solo. Esiste la F1 di Senna e quella dopo Senna. Fortunatamente, è possibile riassaporare la F1 degli anni di Senna attraverso video, foto, immagini, filmati di repertorio. Materiale utile a ripercorrere undici stagioni indimenticabili, tra auto che ancora oggi fanno sognare ed episodi che ancora oggi fanno discutere. In questo senso, il film “Senna” (in onda il 1 maggio, ore 22:30, su Motor Trend, canale 56 del digitale terrestre) costituisce un ottimo esempio di opera documentaristica finalizzata a immortalare ed inquadrare un determinato arco temporale.
Riscoprire, tramandare, non dimenticare. Documentare. È questa la principale eredità lasciataci da Ayrton Senna. Fedeli a questi propositi, vogliamo riportare un interessante testo, pubblicato su “Quattroruote Speciale Sport” del 1987 (Editoriale Domus, dicembre 1987). Parole significative.
“Su Ayrton Senna da Silva, 25 anni e 52 Gran Premi, comincia a pesare l’etichetta di campione di domani. Sono tre stagioni che parte con l’aureola del miglior candidato al titolo mondiale: gliela vedono tutti attorno al casco. Poi, domani non diventa mai oggi. Nel 1985 e nel 1986 pareva fosse colpa del motore Renault. Quest’anno la Lotus aveva finalmente il vagheggiato, insuperabile Honda, ma è stata la nuova vettura a mostrare la corda. Le vittorie sono rimaste due (Monaco, Detroit), come nelle stagioni precedenti: le pole si sono ridotte , da 7 e 8, a una. Eppure Senna ha guidato da campione, impressionando per velocità, continuità, perfezione. «Avevo una macchina» dice «con la quale potevo attaccare soltanto sulle piste cittadine. Sulle altre era forte in rettilineo , ma non aveva quasi aderenza nelle curve veloci». Allora, di nuovo un appuntamento a domani, con la McLaren-Honda, accanto a Prost. Domani o mai più”.