Niki Lauda, un ultimo saluto al computer burbero dell’automobilismo
Improvvisa. La morte di Niki Lauda (22 febbraio 1949-20 maggio 2019) ha colto di sorpresa tutto il mondo del motorsport. Il recente trapianto di polmoni e le complicanze ai reni sopraggiunte a seguito del delicato intervento chirurgico non hanno, evidentemente, lasciato scampo al campione di Formula 1 viennese.
Tre volte campione del mondo di Formula 1, imprenditore (fondatore di due compagnie aeree, la Lauda Air e la Niki), dirigente sportivo ai tempi del team Jaguar F1, Presidente non esecutivo della scuderia Mercedes AMG F1. Figura poliedrica, quella di Niki Lauda. Un personaggio, ad ogni modo, indissolubilmente legato alla Formula 1. Egli, infatti, è uno degli esponenti di spicco dei cosiddetti “anni ruggenti” della Formula 1, anni che — siamo tra i primi Anni ’70 e la prima metà degli Anni ’80 — ancora oggi vengono ricordati (e rimpianti) come tra i più goderecci ed entusiasmanti per la massima formula mondiale.
Le formule addestrative, il salto in Formula 3, quindi la tanto agognata Formula 2, nobile e rinomata anticamera dell’automobilismo che conta. Nel 1971 conclude il Campionato Europeo di Formula 2 al 10° posto, al volante di una March 712M-Ford FVA iscritta sotto le insegne del Bosh Racing Team. In quella stagione, Lauda deve scontrarsi con piloti del calibro di Ronnie Peterson, Carlos Reutemann, Dieter Quester, Tim Schenken, François Cévert, Jean-Pierre Jarier.
Frattanto, in occasione del IX Grosser Preis von Osterreich (Österreichring, 15 agosto 1971), Lauda debutta in Formula 1, al volante della March 711-Cosworth messagli a disposizione dal STP March Racing Team. Nel 1972, Lauda è operativo ancora in Formula 2 (conclude la serie europea al 5° posto al volante delle March 722-Ford BDA RES e March 722-Cosworth BDF) e si appresta a portare a termine la sua prima stagione in Formula 1. Il 1972, pertanto, vede Lauda alla guida delle March 721, 721X e 721G, tutte motorizzate Cosworth DFV, ufficialmente gestite dalla scuderia STP March Racing Team.
Nel 1973, Lauda è un pilota in ascesa ma ancora non designato quale cristallino talento e possibile, futuro campione del mondo. In questo anno corre in seno al Marlboro BRM (le monoposto sono le BRM 160C, 160D e 160E), riuscendo a conseguire i suoi primi punti iridati (5° posto) in occasione del GP del Belgio (Zolder).
Nel 1974, il clamoroso passaggio alla Scuderia Ferrari SpA SEFAC. Da questo momento, Lauda intraprende quella brillante carriera che, in breve tempo, lo porterà in vetta alle classifiche mondiali. Supportato da una scuderia di assoluto valore e da monoposto vincenti, il pilota austriaco è in grado di sfoggiare e mostrare le proprie innate qualità: dedizione, sensibilità nella messa a punto, massima concentrazione e quel saper capitalizzare ogni corsa. Verrà giustappunto soprannominato “il computer”, a sottolineare le sue capacità di “ragioniere” delle corse.
Lauda e la Ferrari. Un rapporto tormentato, fatto di gioie e dolori, reciproche accuse e rimpianti. I primi successi datati 1974 (al volante della 312B3-74, Lauda si aggiudica i GP Spagna e Paesi Bassi), il titolo mondiale conquistato nel 1975 (cinque le vittorie ottenute grazie alla iconica 312T: Monaco, Zolder, Anderstorp, Le Castellet), il difficile 1976 ed il titolo perso per un solo punto nonostante il grave incidente occorsogli al Nürburgring — al volante delle 312T e 312T2, Lauda trionfa in altri 5 GP: Interlagos, Kyalami, Zolder, Monaco, Brands Hatch —, il riscatto del 1977 (titolo Piloti conseguito anche grazie alle 3 vittorie al volante della 312T2: Kyalami, Hockenheim, Zandvoort) e la separazione, affatto indolore, dalla Scuderia Ferrari.
Nel 1978 è alla Brabham; grazie alle valide BT45C, BT46A e BT46B motorizzate Alfa Romeo, Lauda coglie ottimi risultati in qualifica e in gara, imponendosi in due occasioni (Anderstorp e Monza). Conclude il campionato al 4° posto. La prima parte della carriera di Lauda è agli sgoccioli. All’indomani di un 1979 tutto in salita e avaro di soddisfazioni — trascorso ancora in seno al Parmalat Racing Team, al volante della Brabham BT48-Alfa Romeo — Lauda opta per il ritiro dalle corse.
Un ritiro temporaneo. Nel 1982, l’austriaco è di nuovo in F1. In McLaren. Al terzo GP dell’anno, Lauda sale già sul gradino più alto del podio, trionfando a Long Beach (GP Stati Uniti Ovest) al volante della McLaren Mp4/1B-Cosworth. Bisserà il successo conseguito in terra americana in occasione del GB di Gran Bretagna al Brands Hatch.
È con il Marlboro McLaren International che Niki Lauda riassaporerà il gusto del titolo Piloti. Nel 1984, la estenuante battaglia con il proprio compagno di scuderia, Alain Prost, vedrà risultare vincitore il veterano austriaco: cinque vittorie al volante della pressoché imbattibile McLaren Mp4/2-Porsche (Kyalami, Digione, Brands Hatch, Österreichring, Monza) e iride acciuffato per appena mezzo punto. 72 punti Lauda, 71,5 Prost. Si tratta del terzo ed ultimo titolo Piloti ottenuto da Niki Lauda. Al trionfante 1984 segue un deludente 1985, stagione nel corso della quale Lauda otterrà una sola vittoria (McLaren Mp4/2B-Porsche, Zandvoort). La carriera di pilota di Niki Lauda è definitivamente al capolinea. Lauda appende il casco al chiodo.
I numeri recitano: 3 titoli Piloti (1975, 1977, 1984), 25 vittorie, 24 pole-position e altrettanti giri veloci in gara, 54 podi complessivi in 171 Gran Premi disputati. Alle 25 vittorie iridate occorre aggiungere i due trionfi in gare di F1 non valevoli per il Mondiale di F1: Lauda si impone, pertanto, nel XXVII BRDC International Trophy (Silverstone, 13 aprile 1975) al volante della Ferrari 312T e in occasione del Gran Premio Dino Ferrari (Imola, 16 settembre 1979) alla guida della Brabham BT48-Alfa Romeo.
Scompare, oggi, uno dei piloti più talentuosi e discussi della storia della F1. Un uomo, ancor prima che pilota, capace di dividere l’opinione di colleghi, addetti ai lavori e pubblico appassionato. Gianpiero Moretti, intervistato da Luca Delli Carri per la stesura del libro “Gli eterni affamati – Anatomia del pilota da Aghini a Zanardi” (Edito da Fucina Srl, 2005), afferma che: “Niki Lauda? Decisamente una persona poco simpatica. Con lui a cena era una pena“. Una dichiarazione che offre la misura di quanto Lauda fosse poco amato dai colleghi piloti: scontroso, burbero, scostante, sovente arrogante. Carattere difficile da capire e apprezzare. Quello stesso carattere che, nel 1976, gli costa verosimilmente un titolo mondiale: i piloti delle altre scuderie non amavano Lauda e l’esito del GP del Giappone al Fuji, secondo alcuni, ne sarebbe una chiara testimonianza…
La morte non deve trasformare tutti in santini. Ma, al di là delle valutazioni personali del Lauda uomo, rimangono i fatti — incontrovertibili — attorno al Lauda pilota. Il giudizio storico non può che essere estremamente positivo. Stiamo parlando di un autentico mito della Formula 1, un Asso del volante.
Lauda, infatti, è stato protagonista di imprese sportive affatto indifferenti: ha riportato a Maranello i titoli Piloti e Costruttori dopo 11 anni di assenza (gli ultimi, prima della doppietta del 1975, risalivano al 1964), è stato in grado di rimettersi in auto, sfigurato, dolorante e ancora sanguinante, all’indomani del grave incidente del Nürburgring (una prova di coraggio e amore verso il proprio lavoro commovente), è tornato al successo dopo due anni di assenza dalle piste. Un ritorno culminato nell’iride del 1984: straordinario e lucente quanto i trionfi colti quasi 10 anni prima in Ferrari.
Le sue frasi in italiano smozzicato, le sue dichiarazioni ed i suoi “aforismi”, sempre netti, taglienti e politicamente scorretti, vanno a completare ed arricchire il Lauda uomo-pilota, tanto controverso quanto carismatico.
Un altro pezzo di storia dell’automobilismo che se ne va. Ora, il momento della memoria e del ricordo.