Il periodo che la Formula 1 sta attraversando in queste settimane non è certo uno dei più brillanti di sempre: si parla spesso di poco spettacolo in pista, un team che domina senza commettere il minimo errore, giudici di gara che prendono decisioni discutibili, e via dicendo.
Oltre alle doverose prese di coscienza da parte di coloro che hanno il compito di amministrare questo sport, la F1 ha bisogno anche di altre cose per risollevare la propria immagine e credibilità agli occhi del mondo, a cominciare dalle piccole cose di contorno.
E non stiamo parlando di quanto inaccessibile sia ormai diventato il contatto umano tra il paddock e gli spettatori, o di come si organizzano eventi ideati nelle grandi città alla vigilia di un weekend di gara. C’è infatti un altro aspetto, assolutamente secondario che merita però uno spunto di riflessione: i trofei che vengono assegnati a coloro che salgono sul podio.
Sì. Quella che apparentemente può sembrare una “stupidata”, e per certi aspetti lo è, è un altro di quegli elementi che nell’ultimo periodo può esser tranquillamente inserito nella lista delle cose da migliorare e perfezionare.
Il trofeo, la coppa, nell’immaginario collettivo deve esser la rappresentazione materiale del premio che viene consegnato al vincitore, che con il suo impegno in pista ha messo in atto tutti i suoi sacrifici e tutto il suo talento per tagliare per primo il traguardo.
Ma come spesso si dice, anche l’occhio vuole la sua parte. A volte non basta esser proclamati vincitori senza la gratifica di un trofeo possente, esteticamente bello ed appagante. Non si può sempre mangiare un piatto buonissimo ma presentato male.
E quindi, come si può pensare di consegnare nelle mani dei piloti sul podio una coppa con un gorilla? Con quale coraggio si premiano i piloti ed il team vincitore con dei trofei non solo bruttissimi, ma anche costituiti da materiali poco resistenti?
Di coppe obiettivamente brutte ne abbiamo viste parecchie, ma quelle che sono state assegnate nell’ultimo GP di Francia hanno superato il limite della decenza.
Il fatto non è nuovo, e di recente lo stesso Lewis Hamilton aveva criticato la composizione e lo stile discutibile delle coppe, arrivando ad ammettere che quella assegnatagli a Silverstone si era addirittura rotta. In passato, e le immagini amarcord ci aiutano a ricordarcelo, i vincitori venivano premiati con coppe più semplici, magari meno elaborate ma sicuramente più solide e più gradevoli alla vista. Oltre a ciò, ai tre piloti sul podio venivano anche appese al collo delle bellissime e rigogliose corone d’alloro, poi scomparse a partire dagli anni ’80.
Vedere dunque trofei esteticamente brutti era un evento più unico che raro, almeno fino a quando la sempre più stretta collaborazione tra gli organizzatori dei gran premi ed i main sponsor non hanno partorito coppe decisamente orrende.
E così, tra trofei realizzati con il logo dello sponsor ad altri in cui veniva riprodotto il layout del circuito, si è poi toccato il fondo domenica scorsa, con un gorilla che nulla ha a che vedere con il motorsport (ad aggravare la cosa è che lo stesso trofeo consegnato domenica lo si era già assegnato uguale identico nel 2018). E’ pur vero che il simbolo rappresenta una sorta di mascotte per il circuito di “Paul Ricard”, ma a tutto c’è un limite.
Gli sponsor e gli accordi economici dettano regole in F1 da sempre, ma anche una cosa piccola come un trofeo può diventare un mezzo visivo di grande impatto per mostrare al mondo la creatività artistica della nazione ospitante. Possibile mai che la Francia, luogo natìo di artisti straordinari, possa esser rappresentata da una coppa così inguardabile?
Per una volta non si parla di corse, di piste e di competizione vera e propria, ma la F1 non è e non può esser solo questo. Lanciamo dunque un appello ironico ma allo stesso tempo deciso: basta trofei obbrobriosi.